Yacht design, gioco di squadra tra ricercatori, imprenditori e progettisti
Il punto su un mercato in espansione e che riconosce le abilità delle aziende italiane, nel convegno dell’Ordine degli architetti di Roma
"Il progetto è una sintesi fra tre diverse figure. Senza un rapporto di continuità con i diversi soggetti, infatti, non si può dar vita a un buon prodotto"
Yacht e architettura. Per i non addetti ai lavori due mondi distanti e senza punti di contatto; per i progettisti, un settore ricco di opportunità che da sempre vede la commistione di più professionalità, fra le quali spicca quella dell’architetto. Anche per questo l’Ordine degli architetti di Roma ha organizzato un convegno sul tema dello yacht design, invitando soggetti rinomati nel mondo della nautica fra ricercatori, imprenditori e designer. Tutti italiani, ma non per una scelta campanilistica, quanto per il ruolo di primaria importanza che il nostro Paese ricopre in questo comparto. Nonostante la crisi del 2008, infatti, le stime prevedono che nel 2020 il mercato delle imbarcazioni di lusso arriverà a valere 70 miliardi di euro a livello mondo. E da noi, negli ultimi tre anni, si sono registrati tassi di crescita medi del 16% grazie soprattutto alle commesse in arrivo dall’estero. Questo a conferma del riconoscimento globale dell’abilità delle aziende nostrane nella sperimentazione di forme, tecnologie e materiali.
«Il design da noi è figlio delle botteghe artigianali rinascimentali dove intellettuali e artigiani coniugavano aspetti linguistici e produttivi – ha spiegato Andrea Vallicelli, architetto e designer di Azzurra e altri rinomati scafi da regata –. Questo rapporto sinergico, per avere successo oggi, deve cogliere gli elementi caratteristici della contemporaneità. Il dialogo, quindi, rappresenta il minimo comun denominatore, vista anche la complessità della progettazione. Gli yacht sono macchine molto complesse che si muovono fra due fluidi come l’aria e l’acqua e in cui la forma ha un ruolo fondamentale rispetto alla prestazione. Anche l’architettura però è importante, perché si tratta di imbarcazioni che contengono spazi abitativi, non semplici abitacoli».
Punto centrale del dibattito, la formazione. Trovare figure che siano in grado di gestire il percorso progettuale e costruttivo di una imbarcazione è sempre più difficile. Sotto questo profilo, sono diverse le facoltà che hanno dato vita nel corso degli anni a corsi ad hoc. «La domanda di risorse in grado di confrontarsi con il mondo della nautica è in crescita – ha sottolineato l’architetto e professore Andrea Ratti, del Politecnico di Milano – e sostanzialmente si tratta di un trend globale. Se è vero, infatti, che i nostri studenti provengono in particolare dall’area mediterranea, negli ultimi anni riceviamo iscritti da tutto il mondo. In circa 18 anni, abbiamo formato 1200 ragazzi fra yacht designer, naval architects e interior designer. Va detto però, che nonostante si tratti di un comparto in crescita, resta comunque di nicchia – ha raccontato Ratti – e la sua capacità di “assorbimento” è commisurata alla possibilità di attingere ad ambiti professionali molto diversi fra loro».
Sulla stessa linea il professore Carlo Bertorello dell’Università di Napoli Federico II: «Oggi lo yacht design è un lavoro di gruppo per diversi motivi, primo fra tutti la complessità dei fattori in gioco. La nave è infatti una macchina che interagisce con acqua e aria e la chiave per un progetto di successo è rappresentata proprio dalla conoscenza e dallo sfruttamento di queste interazioni. Lo studio della dinamica dei fluidi ha subito un grande impulso anche dall’innovazione nel campo dell’elettronica. Se fino a qualche tempo fa, avevo bisogno di circa 10 secondi per ottenere il risultato di una prova in vasca navale, oggi bastano pochi decimi. La ricerca si concentra in particolare su comfort, performance e, da alcuni anni, sostenibilità».
Flessibilità e adattabilità al lavoro in team sono quindi entrate a far parte delle caratteristiche necessarie per emergere nel mondo dello yacht design. «Io non ho mai lavorato da solo – ha ricordato l’architetto Giovanni Zuccon, professore per oltre 40 anni dell’Università La Sapienza e nome importante nel comparto della progettazione nautica – Senza i miei tanti collaboratori, avrei realizzato ben poco. Come studio abbiamo sempre affrontato sfide anche molto diverse fra loro. Dai bus ai camion, dai treni alle navi per la ricerca oceanografica. Personalmente sono contro la specializzazione e credo fermamente al travaso delle esperienze. Se realizzo buone imbarcazioni, è anche perché ho studiato per anni l’edilizia. Il progetto, inoltre, è una sintesi fra tre diverse figure: il designer, l’imprenditore (o committente) e l’utente finale. Senza un rapporto di continuità con i diversi soggetti, infatti, non si può dar vita ad un buon prodotto. Oggigiorno poi, la personalizzazione è un elemento centrale e se prima eravamo in pochi a puntare su questo aspetto, oggi è una condizione imprescindibile per avere successo sul mercato».
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