19-07-2024 Alessio Garofoli 2 minuti

La finanza di progetto chiave della partnership pubblico-privata

La ricetta Assonime: Pa efficiente, certezza del diritto, contratti innovativi. Il commento di Pietro Salini

La partnership pubblico privata (Ppp) trova molto più concretezza all’estero che in Italia. E oltreconfine non mancano tra i maggiori utilizzatori player italiani come Webuild, fa notare l’ad Pietro Salini all’incontro romano organizzato il 17 luglio da Assonime e Luiss per discutere del tema. Per l’esattezza, Webuild ha 10 miliardi di progetti Ppp in varie parti del mondo su 67 di portafoglio.

Che fare dunque per colmare il gap? Per Salini, a parte reiterare l’affermazione scontata «che il Ppp è una parte importante del Codice degli appalti, dobbiamo capire come coinvolgere i privati e tirare fuori le loro specialità, e come coinvolgere la finanza per finanziare i progetti».

Quanto al trasferimento del rischio sui privati, osserva che l’impresa gestisce «competenze di carattere professionale quando realizza degli impianti e può quindi accollarsi il rischio tecnico, ma non gli possiamo dare il rischio di mercato perché il rischio di mercato allontana la finanza di progetto che invece vuole certezze». E su «acqua, energia, ospedali, scuole e carceri servono oggi stazioni appaltanti nazionali» rispetto alle 5mila esistenti al momento, aggiunge.

Il paper Assonime. Sempre più negli ultimi tempi gli addetti ai lavori sostengono che il partenariato pubblico-privato, opzione alternativa a un appalto che la pubblica amministrazione affida a un privato, possa essere un tonico per l’economia italiana. Tanto più perché si avvicina il 2026 in cui si chiuderà il Pnrr e una tale mole di investimenti pubblici non si vedrà più. Eppure questo tipo di accordi fatica a prendere piede. Va da sé che l’opportunità di avvalersi del Ppp è tanto più evidente in una fase come questa, segnata da inevitabile penuria nella spesa pubblica e dal persistere di un alto debito pubblico, visto che è il privato a fornire le risorse che il pubblico non ha: così dice il position paper redatto da Assonime per le società per azioni.

Ma perché questo avvenga, continua il documento, serve poter contare su una notevole efficienza della pubblica amministrazione, e chiarire alcune incertezze normative riguardanti, tra l’altro, il diritto alla prelazione che può essere fatto valere dal promotore privato del progetto.


Nonché ideare «schemi contrattuali innovativi e più flessibili rispetto ai tradizionali modelli di collaborazione con il privato».


Il dibattito. «Il Ppp è senz’altro uno strumento utile per favorire un ammodernamento dell’apparato infrastrutturale del paese e per innovare molti servizi erogati dalla Pa – dichiara il direttore generale di Assonime Stefano Firpo –. Forme di partenariato hanno iniziato a diffondersi anche all’interno dei progetti finanziati con il Pnrr, ma ancora in modo troppo limitato; ciò ha impedito di finanziare molti progetti di indubbia utilità sociale – prosegue –. Gli strumenti giuridici e gli approcci regolatori promossi meritoriamente dal nuovo codice degli appalti da soli non bastano, occorrono anche mercati e iniziative capaci di attrarre l’interesse di promotori e investitori».

«Il partenariato pubblico-privato costituisce una delle strategie più efficaci per affrontare sfide delicate e cruciali per il nostro Paese, comprese quelle poste dal tema della sostenibilità e dal crescente bisogno di innovazione. Il successo di tali modelli si deve alla duttilità delle forme con cui tale collaborazione può implementarsi, rendendo assai proficuo il dialogo in quegli ambiti che richiedono la compartecipazione del mondo privato nella realizzazione di interessi generali», commenta Paola Severino, presidente della Luiss School of Law.

 

 

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Alessio Garofoli
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