08-08-2024 Paola Pierotti 5 minuti

Tra tecnica e gioco, come si disegna il paesaggio dei golf club

Il driver del turismo per offrire un sistema-Italia con resort e servizi

Disegnare campi da golf è un mestiere che va oltre le competenze tipiche della progettazione: si prende un pezzo di terra grezzo e si scoprono modi possibili in cui il gioco può essere giocato in quella topografia. Agli architetti si chiede di lavorare con un team di ingegneri, agronomi che studiano il suolo, paesaggisti, costruttori e modellatori di campi da golf, esperti di sostenibilità.


Una task force per scolpire il terreno secondo i concetti del design, della tecnica del gioco e della cura dell’ambiente naturale.


Tra le novità del settore quella del Salento, a valle di una gara indetta da Invimit e aggiudicata Futura Vacanze per la valorizzazione dell’ex Club Med di Otranto (abbandonato da oltre dieci anni) con oltre 400 villette extra lusso e campi da golf. Nel mirino della cronaca l’iniziativa di Cavriglia in provincia di Arezzo, con risorse Pnrr per ampliare il campo da golf.

Paolo Negroni è nato in una famiglia di appassionati di golf: «Mia mamma il 17 agosto giocava, il 18 sono nato io». Laureato in architettura, con una tesi sulla progettazione dei campi da golf, Negroni è il proprietario della struttura golfistica e alberghiera di Riva Toscana Golf Resort & Spa, tra Pratoranieri e Follonica, in provincia di Grosseto, una delle più recenti nuove costruzioni in Italia, a cui ha contribuito anche come progettista. Una storia che parla di combinazione ed equilibrio tra creatività e tecnica, perché da un lato serve progettare percorsi che siano divertenti, coinvolgenti e interessanti dal punto di vista strategico per i giocatori, dall’altro è indispensabile tenere insieme il business plan di un’operazione immobiliare che guarda al turismo, ed è in grado di intercettare una domanda in forte evoluzione.


Ha studiato le migliori realizzazioni in giro per il mondo e per il Riva Toscana Golf Resort & Spa si è ispirato ad alcune iniziative di riferimento come il Terre Blanche in Provenza o il Fancourt in Sud Africa; il modello è quello dei golf resort.


Ha fatto tesoro delle realtà in cui il golf (e il suo indotto), in Paesi lontani come gli States e il Sudafrica, è stato un plus anche per incentivare ad esempio la vendita di ville di lusso. Negli anni più recenti però il green conta tanto o più delle stesse case: «oggi le grandi operazioni non funzionano più – il suo commento – a maggior ragione in Europa. Nel nostro Paese, poi, siamo poveri di spazi, quanto ricchi di leggi che non sempre aiutano lo sviluppo turistico per un comparto che può lavorare tutto l’anno, con un’offerta mirata per il turismo slow e distribuito».  Le sfide sono ancora una volta quelle ambientali, legate alle conseguenze della siccità e più in generale della sostenibilità, come a scala internazionale ha rilanciato la Geo Foundation, impegnata ad accelerare la sostenibilità, proprio nel e attraverso il golf.

Dalla passione all’imprenditoria, passando per la conoscenza della tecnica di gioco e di tutto il mondo del golf, grazie ad un’importante gavetta nel circolo Bogliaco sul Lago di Garda, nel bresciano (co-gestito dalla sua famiglia per oltre vent’anni). Questo è il background di Negroni che ha aperto il club toscano a dicembre 2021, «rilevando all’asta un’iniziativa avviata negli anni ‘90 e mai completata. Un investimento dell’ordine dei 2 milioni di euro per un’operazione che si attesta sui 10 milioni complessivi. Una struttura con 38 camere che sarà presto ampliata con altre 22 stanze – racconta l’imprenditore – anche perché 60 è il numero minimo di camere per poter ospitare le finali dei tornei». Tra i servizi anche due sale meeting, per fare di questa destinazione un luogo per eventi. «La popolarità di questi interventi – racconta Negroni – dipende dalla capacità di realizzare strutture a misura del turista del golf, che richiede un campo pratica, la comodità alle stanze, la partenza delle buche vicino alle camere, una palestra e una spa, oltre ad una serie di servizi, dal trattamento estetico al parrucchiere, richiesti dalla clientela di settore».

In Italia oggi si contano 50mila golfisti effettivi, anche se i tesserati sono il doppio. Parliamo di 180, 200 campi da golf, la maggior parte gestiti da associazioni dilettantistiche con soci per lo più anziani. E non mancano strutture fallite e in abbandono in attesa di un nuovo destino.

Sono poco più di 60 invece i golf club consorziati in Golf Impresa, fondato vent’anni fa, con oltre 3.000 ettari di verde gestiti. La mappa italiana va dal Dolomiti Golf Club, nell’alta Val di Non (18 buche) al Franciacorta Golf Club, realizzato in un ex cava di argilla immersa nel verde dei vigneti con la firma di Paul (Pete) Dye, l’architetto che ha per sempre rivoluzionato il concetto di campo da golf lasciando un’impronta indelebile nel panorama golfistico internazionale (18 buche), dal Gardagolf Country Club (27 buche) all’Archi di Claudio Golf Club nel cuore del parco regionale dell’Appia Antica (9 buche).

Ancora, da Is Molas in Sardegna al Verdura Resort di Sciacca, è lungo l’elenco delle destinazioni italiane dove la progettazione d’autore è protagonista per il design, ma soprattutto per il paesaggio del golf: a ridosso del primo resort sono state costruite anche delle ville d’autore firmate Massimiliano e Doriana Fuksas, mentre il Verdura Resort è stato progettato da Asa Studio Albanese e Kyle Phillips integrandosi armoniosamente nel paesaggio costiero. Gli ingredienti di successo per le iniziative in Italia? Per Negroni «bisogna puntare su zone turistiche dove già ci sono altri campi da golf, in modo da offrire due o tre strutture nel raggio di 100 km. E soprattutto preferire le zone belle, privilegiando il driver del turismo a quello dello sport».

Sul golf rimane al momento una percezione elitaria (che lo fa passare uno sport per ricchi) ma l’accessibilità e la sfida di realizzare dei campi pubblici, anche non lontani dai centri abitati (oggi la maggior parte sono tra i boschi o dove la gente non vive e lavora) potrebbe essere la scommessa. Ancora, da considerare l’opportunità di giocatori pay and play come sciatori e tennisti, per potenziare e valorizzare strutture esistenti e non solo. Terza questione aperta, da evidenziare nei giorni delle Olimpiadi, è che il golf non fa parte del programma dei Giochi Paralimpici: il golf è una disciplina sportiva inclusiva, dove atleti disabili possono giocare al fianco di atleti normodotati in condizioni di assoluta parità, sullo stesso campo e con le stesse regole, ma la questione rimane aperta e da più voci ci si augura che in vista delle Olimpiadi del 2028 ci possano essere dei cambiamenti.

In copertina: ©Riva Toscana Golf Resort & Spa 

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Paola Pierotti
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