09-08-2018 Paola Pierotti 6 minuti

Stop al Piano Periferie, tutto bloccato fino al 2020. Sindaci e assessori contro il governo

I commenti di Roberto Morassut e Mario Occhiuto. La polemica corre sulle bacheche social

Stop al Piano Periferie, tutto bloccato fino al 2020. Doccia fredda dal Governo Lega-M5S per le città italiane che avevano finalmente ingranato la marcia per dare concretezza a centinaia di progetti di riqualificazione urbana, in tutt’Italia. “Follia” è il commento più diffuso tra i sindaci che chiedono marcia indietro sul decreto Milleproroghe votato al Senato. Da Verona ad Ancona, da Prato a Cosenza la reazione è unanime e corre sulle bacheche di facebook e twitter: non si possono mettere in discussione accordi già stipulati e frenare operazioni di valorizzazione delle periferie già annunciati, per i quali si è investito tempo, risorse e progetti. “Faremo di tutto per recupere alla Camera questa decisione tanto dannosa per le città e le periferie”. Roberto Morassut, che è stato vicepresidente della commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie nell’ultimo governo, parla di “tradimento politico” ricordando che la Commissione di inchiesta sulle periferie aveva concluso i suoi lavori “con un rapporto che valutava positivamente l’impegno del Governo, con un investimento continuativo – sottolinea – ed era stata sottoscritta da tutti i gruppi, compresa l’onorevole Laura Castelli, oggi vice-ministro all’Economia”.

Dopo anni di ristrettezze per le opere pubbliche locali, il Piano Periferie aveva previsto un importante stanziamento dello Stato sul capitolo delle città, capoluoghi e città metropolitane, con finanziamenti fino a 18 e 40 milioni di euro per le due categorie. Ora si rischia di bloccare tutto, o quantomeno di rimandare, sospendendo gare e congelando progetti. Con un emendamento della maggioranza inserito nel decreto Milleproroghe (emendamento ancora da approvare eventualmente in sede di conversione in legge a settembre e quindi ad ora non efficace come legge), il Governo Lega-M5S, senza alcun voto contrario, di fatto fa slittare al 2020 l'erogazione dei fondi, sempre che, con un intervento successivo in una legge di bilancio, il piano non venga cancellato definitivamente.

In un’operazione di taglia e cuci, cercando di tirare una coperta sempre troppo corta, le città, già assenti dal Contratto di governo, sembrano rientrare a questo punto tra i primi bersagli del ‘cambiamento’ annunciato. “La continuità amministrativa e procedurale – aggiunge Morassut – è decisiva anche per non far invecchiare i progetti. Se si allungano i tempi si riduce la qualità e l’efficacia delle operazioni”. Per l’esponente Pd, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, “sarà comunque difficile fermare i progetti già stipulati in convenzione, si tratta di atti che hanno rilevanza amministrativa, potrebbe essere terreno di ricorsi”.

“Un’azione molto strana, o meglio assurda” commenta Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e delegato Anci all’Urbanistica e ai Lavori pubblici. “Dopo anni di lavoro su questo tema, mentre altri Paesi da tempo sono già passati ai cantieri, finalmente anche in Italia si era iniziato a parlare di recupero e rigenerazione di aree marginali. Quello del Piano Periferie doveva essere il primo finanziamento di una serie: azioni concrete in linea con i temi del contrasto al consumo di suolo, della riqualificazione e del recupero dei centri storici. Si erano messe in campo risorse consistenti per tutti i comuni capoluogo. Oggi si torna indietro: è senz’altro un arretramento anche sul piano culturale”.

In tutt’Europa, dalla Francia ai Paesi del Nord, si lavora da anni con programmi e strategie per la rigenerazione delle città. L’Italia, già fanalino di coda, rallenta il passo. “La proposta del Governo, avvallata dal Senato, fa slittare al 2020 i fondi previsti per la riqualificazione delle zone periferiche cittadine, non tenendo nemmeno conto degli accordi già sottoscritti con il Ministero e degli investimenti già anticipati, che dovranno essere portati comunque a termine per i progetti esecutivi delle opere, per le quali, in alcuni casi, siamo addirittura già in gara d'appalto che saremo costretti a revocare bloccando di fatto l'apertura dei cantieri. Per Parma si tratta di perdere 18 milioni che avrebbero rappresentato la possibilità di migliorare qualità e vivibilità di tanti luoghi della periferia della nostra città”: così commenta l'assessore alle Politiche di pianificazione e sviluppo del territorio e delle opere pubbliche Michele Alinovi che parla di un “provvedimento, lesivo del principio di correttezza istituzionale tra Governo centrale ed Enti locali” e non preclude l’ipotesi di “danni erariali”.

Da Paolo Gentiloni ex Premier a Nicola Zingaretti Governatore della Regione Lazio, da Dario Nardella sindaco di Firenze, a Pierfrancesco Maran assessore del Comune di Milano, lungo l’elenco di chi commenta la decisione. “Il Governo si fa vanto dello sblocco degli avanzi dei Comuni – twitta Giorgio Gori, sindaco di Bergamo – atto dovuto dopo la sentenza della Corte Costituzionale (si precisa), ma per finanziarlo congela per 2 anni i progetti del Piano Periferie di 96 città, con convenzioni firmate e procedure già in corso. Follia!”.

Nel veneziano a rischio 21 progetti per oltre 72 milioni di euro di investimenti. “Spero non sia la scelta definitiva e che nel passaggio alla Camera il testo del decreto, magari con un emendamento dello stesso Governo, possa essere corretto. Conti alla mano, il provvedimento coinvolge 1.000 amministrazioni locali con oltre 25 milioni di cittadini, per un totale di 4,1 miliardi di euro di investimenti – commenta il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – Nella Città metropolitana ci sono convenzioni firmate con 13 sindaci dell'area metropolitana interessati, che rappresentano oltre 500.000 residenti che si aspettano che le promesse fatte vengano rispettate. Voglio sottolineare che le convenzioni sono già state sottoscritte e che la progettazione di tutti gli interventi è in fase avanzata: ad ora, sono già stati contrattualizzati lavori per 1,6 milioni, Sono tutte risorse già anticipate dai diversi enti e che non si saprà se saranno riconosciuti, ma la cosa che più preoccupa è la battuta d’arresto che subiranno opere pubbliche funzionali e indispensabili per i nostri concittadini. Opere che avevano trovato il sostegno di altri enti, pubblici e privati, per un totale di oltre 21 milioni di euro, che avevano valutato positivamente una collaborazione al fine di ammodernare le infrastrutture e svilupparne di nuove. Il rischio è di perdere anche questi”.

Intanto dal Campidoglio una nota comunica “nessuno stop per i progetti di Roma Capitale dedicati alle periferie della città. Roma Capitale – si legge nel comunicato – usufruirà dei 18 milioni di euro previsti per attuare il progetto "De.Si.Re. – Decoro, Sicurezza, Resilienza” che prevede azioni che puntano a ricucire il tessuto urbano. In particolare, tra gli interventi previsti, e già annunciati, vi è la riqualificazione e il restauro conservativo dell’edificio Ex GIL di Ostia". Roma non si allarma e ne spiega le ragioni: "i nostri progetti appartengono alla prima tranche del Piano Periferie che riguarda complessivamente 24 convenzioni in tutta Italia firmate il 6 marzo 2017. Una seconda tranche del piano invece riguarda altre 96 convenzioni in tutta Italia".

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Pierotti
Articoli Correlati
  • Dall’Italia all’Europa: Legacoop Abitanti lancia il suo Piano casa

  • Urbanistica nel caos: slitta il Salva-Milano e stop al Sue

  • Ingegneria, le società si prendono il mercato (ai professionisti solo il 7% degli importi)

  • L’ingegneria italiana vola all’estero: +16% del fatturato nell’ultimo anno