Rebuild: think tank sulla rigenerazione urbana (con numeri e soluzioni)
Da Nomisma a Manutencoop: tendenze e iniziative concrete per far ripartire il mercato delle costruzioni
"Banche, costruttori ed Enti Locali devono ripensare il tema della sostituzione edilizia e riconsiderare la questione della rendita per mettere in moto un concreto processo di valorizzazione del patrimonio esistente"
Meno 3 giorni a REbuild. La piattaforma multidisciplinare per lo scambio di conoscenza sull’innovazione in edilizia dedica la sua quarta edizione al tema dell'industrializzazione della riqualificazione e cerca soluzioni concrete per far ripartire il mercato delle costruzioni. A Riva del Garda saranno illustrati casi internazionali di successo come quello di Energiesprong in Olanda e iniziative-pilota made in Italy come quella di Chateau d'Ax e-building. Saranno presenti aziende, progettisti, associazioni e opinion leader sui temi della rigenerazione urbana.
Luca Dondi, direttore generale di Nomisma, delineerà dal suo punto di vista il quadro di un mercato che non decollerà se non cambiando passo. "Fino al 2007 il mercato italiano è cresciuto molto, con una forte dipendenza dal settore bancario e un eccesso di costruito di cui ancora oggi vediamo i segni sul territorio. La crisi è iniziata qui – dichiara Dondi – e non potremo immaginare di ripartire tornando ad un modello di sviluppo basato sul credito facile e su un uso scriteriato del suolo".
Il filo rosso che lega le iniziative di Rebuild è quello della rigenerazione urbana. Si parla di efficienza energetica ma pensando ad uno sviluppo diverso delle città. Ezio Micelli, docente dello Iuav ed esperto di valutazioni immobiliari, ritiene che non ci sia spazio per la demolizione e ricostruzione "non avendo più il suolo un valore tanto interessante come ha avuto negli anni scorsi. La leva è solo quella dell'energia". I valori fondiari per Micelli non giustificano la demolizione e ricostruzione. "Il deep retrofit è la via giusta". Sullo stesso tema interviene Leopoldo Freyrie, presidente del Cnappc, e come Micelli nel comitato scientifico di Rebuild 2015. "In un momento in cui la politica è debole dobbiamo offrire anche noi come architetti una visione e soluzioni a tutte le scale, dal riuso temporaneo alla sostituzione edilizia. Come Cnappc – dice Freyrie – stiamo mettendo a punto un documento per dimostrare che un proprietario che ha 100 mq di superficie in un condominio, se accetta la sfida di un piano di rigenerazione energetica, riuscirà ad abbattere i costi dell'investimento nell'ambito di un piano di demolizione e ricostruzione".
La rigenerazione urbana è un tema che accomuna tutti: sulle modalità il dibattito è aperto. "Bisogna partire dalla fine del processo – continua Dondi – non esiste un valore dell'area e un costo di costruzione ma va tenuta in considerazione la sostenibilità dell'operazione. Serve uno sforzo dell'industria delle costruzioni: la rendita non è più un dato iniziale ma si ottiene per differenza ed è l'ultima voce da considerare. Banche, costruttori e anche gli Enti Locali devono ripensare il tema e riconsiderare il tema della rendita e della valorizzazione del patrimonio esistente".
Progetto e impianti non possono essere disgiunti. "Fare due processi separati è inefficiente e provoca inevitabilmente delle lungaggini – aggiunge Dondi -. Non ha senso che i diversi tecnici si adeguino a chi ha già avviato il progetto. Lo sviluppatore deve considerare queste due componenti come parti di un unico sistema".
E quando si parla di gestione del costruito il tema al centro delle attenzioni di Rebuild è quello del cosiddetto Performance Gap. "Il 75% degli impatti ambientali e dei costi economici e finanziari relativi all'immobile – dicono da Rebuild – non avviene in fase di progettazione e costruzione, ma durante il ciclo di vita, nella cosiddetta fase di gestione". Proprio partendo da questi dati, l’edizione 2015 focalizzerà alcune sessioni previste nel programma della due giorni proprio sulla garanzia delle prestazioni dell'immobile in fase di riqualificazione e gestione.
“Per fare Facility Management in Italia bisogna partire dalla conoscenza del patrimonio che si gestisce, dalla tracciabilità delle azioni fatte e quindi dalla trasparenza nei confronti del cliente”. Maurizio Massanelli, direttore tecnico di Manutencoop – spiega il ruolo della sua azienda, impegnata soprattutto sul fronte degli immobili per uffici e industriali "nell’offrire servizi che devono essere monitorati costantemente con un controllo informatizzato che prevede l’interazione diretta del cliente”. Sul tema dell’housing in Italia c’è molto da fare. “Si può arrivare ad abbattere i consumi anche del 60% ma in Italia resta il problema del frazionamento della proprietà dei condomini. Ci sono fondi e banche interessate a dare finanziamenti agevolati ma per ora si riescono a sperimentare iniziative concrete soltanto se gli immobili sono di proprietà di enti".
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