Real estate, creatività e politica industriale per anticipare il cambiamento demografico
Il punto con la politica all’assemblea annuale di Assoimmmobiliare
Anticipare il cambiamento. E poi, mixitè di funzioni, domanda crescente di locazione, cambiamento culturale sull’abitare, indifferenza funzionale, flessibilità contrattuale, servizi abitativi e non solo alloggi, nuova stagione di rigenerazione urbana, flessibilità locativa, sostenibilità economica, ecologica e sociale. E ancora, competenze gestionali. Lungo l’elenco dei temi che caratterizzano lo studio “Trasformazioni socio-demografiche e degli stili di vita: impatti sul prodotto immobiliare” proposto da Nomisma in apertura dell’assemblea nazionale di Assoimmobiliare sotto la guida del presidente Davide Albertini Petroni. Questioni che richiedono misure urgenti
Per far fronte all’impatto della dinamica demografica, per proporre progetti di vera rigenerazione urbana, che favoriscano una transizione sostenibile del settore, in un contesto normativo e fiscale tale da attrarre investimenti sul territorio italiano.
È sul tema dell’abitare che ha focalizzato l’attenzione il presidente con riferimento alla «volontà di sviluppo dell’asset class residenziale in locazione e sottolineando la necessità di allineare il nostro Paese agli standard normativi e fiscali europei per favorirne la competitività».
Dalla relazione del presidente. «L’industria immobiliare è la prima infrastruttura materiale dell’economia reale ed ha un ruolo decisivo nel supportare l’ammodernamento del Paese. L’obiettivo è fare crescere il settore, un’industria che nel suo complesso gestisce un patrimonio del valore di oltre 150 miliardi. Il contributo del settore immobiliare è rilevante anche per quanto riguarda la componente fiscale, che tra Imu, imposte sulle transazioni, sui redditi prodotti e sull’Iva, genera un gettito di oltre 43 miliardi di euro all’anno. Ci troviamo in un momento centrale nella storia economica del nostro Paese – ha dichiarato il presidente – con un cambiamento demografico epocale: la popolazione in Italia si sta riducendo e, pur aumentando il numero delle famiglie a circa 26 milioni – un milione in più rispetto a 10 anni fa – il numero di componenti è sempre più ridotto. Pertanto, il portafoglio immobiliare costruito nei quarant’anni successivi al dopoguerra non è più adeguato alle esigenze delle famiglie in termini sia di dimensioni interne, sia di qualità architettonica e strutturale, sia di efficienza energetica, sia di funzionalità e servizi offerti. Per questo, il nostro settore può e deve giocare un ruolo centrale: occorrono investimenti nel settore residenziale che interessino anche le città minori e vedano coinvolti i grandi operatori e investitori immobiliari in grado di realizzare un prodotto edilizio adeguato a rispondere alle esigenze dell’abitare contemporaneo».
Il partenariato pubblico-privato è stato ancora una volta il filo rosso degli interventi, da quello del ministro delle infrastrutture Matteo Salvini (intervenuto sul tema anche la scorsa settimana) a quello di Assoimmobiliare che auspica i soggetti privati possano avanzare proposte per la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana su aree pubbliche, private e per la valorizzazione degli asset pubblici. «Con il nuovo Codice degli Appalti, reintroducendo l’appalto integrato – ha dichiarato Salvini – faremo un passo in avanti». Ancora, «entro l’anno seguirà il Testo unico dell’edilizia e poi il Piano casa – ha aggiunto il vicepremier – per il quale dovremo puntare sul contributo dei privati, non solo in termini di progettazione e programmazione ma anche di co-finanziamenti.
Penso a fondi istituzionali, a fondi pensione: per il tema dell’abitare e delle infrastrutture sociali non possiamo contare sull’intervento di fondi internazionali “mordi e fuggi” che hanno un arco di investimento dell’ordine dei 3-5 anni.
Abbiamo almeno 70mila appartamenti popolari non a norma che vanno ristrutturati: con il solo denaro pubblico non ce la faremo».
«Il rapporto tra pubblico privato non è semplice – l’assessore al patrimonio del Comune di Roma Tobia Zevi interviene all’assemblea – siamo spesso faticosi come interlocutori. A volte esercitiamo il nostro ruolo in modo severo. Ma non c’è alternativa. Confido di portare a meta rapidamente un programma di efficientamento energetico per le case popolari di Roma, con la realizzazione di una comunità energetica e la ristrutturazione profonda degli spazi comuni, spesso abbandonati. In pista – aggiunge Zevi – anche un progetto per ristrutturare porzioni di patrimonio per farne moderne residenze per anziani». Sempre dal Comune di Roma, con l’intervento dell’assessore all’urbanistica Maurizio Veloccia l’annuncio di un nuovo bando Reinventing Cities, «un esempio concreto di iniziative pubblico-private, con la messa in campo di aree e immobili da riconvertire».
«Dall’immobile alla persona». È stata l’onorevole Paola De Micheli, vicepresidente della Commissione Attività produttive della Camera, a sottolineare il tema, a ricordare il cambio di passo in corso e necessario, ricordando l’esperienza in corso con il Pinqua («una delle iniziative di maggior successo per la quale era previsto un punteggio privilegiato nei casi di partenariato e nella mia città, Piacenza, due operazioni stanno decollando in questa direzione ») e dicendo che
«Gli immobili devono diventare a servizio di un nuovo modo di vivere le città».
Nel dibattito è intervenuto anche l’onorevole Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato e uno dei primi firmatari di uno (uno dei cinque) disegni di legge sulla rigenerazione urbana oggi al vaglio del parlamento. Ma la De Micheli ha rilanciato sull’urgenza di «mettere mano alla legge urbanistica (sulla quale è intervenuto in queste settimane anche l’Inu con una sua proposta, ndr) – ribadendo che oggi è strumento di competitività regionale, e che la questione del rapporto tra Stato e Regioni è centrale».
«Serve un’operazione fiscale che moltiplichi il valore a prescindere dai contributi diretti pubblici – ha aggiunto la De Micheli».
Da più voci l’evidenza sul post-Pnrr, sull’urgenza di un piano e di uno strumento fiscale che dica come si potrà intervenire sugli immobili degli anni ’60 e ’70, che capitalizzi la ricchezza del patrimonio immobiliare.
«Non si fa rigenerazione urbana con la sola leva pubblica e bisogna trovare una soluzione convincente anche per le aree meno attrattive – il commento dell’onorevole Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze della Camera – con prospettive di lungo periodo e in un ottica di mercato, di investimenti e rendite da parte del privato».
Sottotraccia, la questione post-Superbonus. Per l’onorevole Maurizio Leo, Viceministro dell’Economia e delle finanze, «va rivisto il meccanismo agevolativo, con un fermo stop al 110, tornando alla detrazione che potrà funzionare per favorire l’efficientamento energetico». Ma una strada va aperta, come ha richiesto in questi giorni anche Federcostruzioni, con la voce della presidente Paola Marone, «è assolutamente necessario individuare una rapida soluzione alle decine di migliaia di cantieri che, a causa del caos normativo e applicativo dell’agevolazione fiscale, non riusciranno a terminare i lavori in tempo utile». La legislazione attuale prevede una riduzione graduale del bonus a partire dal 2024 per determinate tipologie immobiliari, ma «una proroga limitata per i soli interventi che dimostrino un concreto avanzamento del cantiere potrebbe risolvere i problemi con un costo contenuto per lo Stato» aggiunge Marone.
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