22-03-2017 Paola Pierotti 5 minuti

Organization Design per l’Architettura, la sfida di Veronica Baraldi

Italiani all’estero con nuovi mestieri. Dopo l’esperienza nei grandi studi e 20 anni di carriera, assistenza per gestire tempi e risorse

"I miei clienti sono gli architetti e gli studi di architettura che sono interessati a ottimizzare il proprio metodo di lavoro"

Veronica Baraldi

Italiani all’estero e la sfida dei nuovi mestieri. Veronica Baraldi, classe 1972, originaria di Roma con esperienze professionali da Genova a Parigi ad Amsterdam, oggi vive a Lisbona. Baraldi ha lanciato in questi giorni un sito web con un blog in cui presenta il suo nuovo lavoro: un ufficio di Organization Design per l’Architettura.

Cosa significa Organization Design?
Come spiega Naomi Stanford, in Guide to Organization Design (The Economist, London 2007), l’Organization Design si occupa di “come le persone e il lavoro siano strutturati per realizzare la strategia di un'organizzazione e raggiungere i suoi obiettivi”. Applicato all’Architettura, l’Organization Design punta a migliorare l’efficienza di uno studio di architettura, rivederne le metodologie di lavoro e la struttura, creare strumenti e procedure personalizzati.

Come è nata questa idea? 
In quasi 20 anni di carriera come architetto, di cui dieci a scala internazionale, ho lavorato in studi molto diversi per dimensione, tipologia dei progetti, approccio all’architettura, ma i problemi erano spesso gli stessi, e inesorabilmente portavano ad uno spreco di tempo, di energia, e quindi di risorse economiche e umane. L’ultima esperienza in Olanda (con UN Studio, ndr) è stata fondamentale per capire come una struttura organizzata e flessibile possa essere un valore aggiunto per l’attività creativa.

Come capitalizzi quindi l’esperienza che hai fatto in questi vent’anni di lavoro?
Sono per natura una organization freak, indole che si è rivelata un’arma a doppio taglio. Se in molte delle mie esperienze italiane questo era un profilo difficile da gestire, all’estero e soprattutto da UNStudio ho potuto sviluppare il mio interesse per il lato organizzativo e gestionale dello studio di architettura, e sperimentare in prima persona come organizzazione e creatività possano, e debbano, andare fianco a fianco.

Innovazione nel fare architettura. Un’evoluzione che risponde ad un vuoto del mercato?
Più che vuoto nel mercato è un vuoto nella formazione dell’architetto: le dinamiche che coinvolgono uno studio di architettura oggi richiedono un altro tipo di approccio e di conoscenze. Che si sia entrepreneur o team player, imparare a gestire i tempi e le risorse, la comunicazione e il sapere che si accumula in ogni progetto, è fondamentale per creare una struttura equilibrata e sostenibile.

Qual è il target dei tuoi clienti? 
I miei clienti sono gli architetti e gli studi di architettura che sono interessati a ottimizzare il proprio metodo di lavoro; gli studi giovani che si trovano ad impostare da zero la loro struttura come lo studio già avviato ma con la necessità di rivedere la propria organizzazione. Può essere un lavoro limitato all’elaborazione di alcuni strumenti specifici, o una revisione della struttura dello studio per affrontare meglio passaggi e progetti importanti.

I tuoi riferimenti quali sono? Le grandi società di management o professionisti di altri settori?
I professionisti dell’Organization Design e gli architetti di grande esperienza e sensibilità con cui ho avuto la fortuna di collaborare. I professionisti che più mi hanno segnato e insegnato sono quelli che hanno unito una visione creativa e innovativa con il senso pratico del ‘fare’ e con un forte spirito collaborativo e etico.

Sei un architetto europeo. Dove cerchi e trovi i tuoi committenti con questa nuova attività?
Al momento mi rivolgo principalmente a clienti in Portogallo, dove risiedo, e in Italia. Sono ambienti che conosco bene e dove per questioni culturali e formative un certo approccio più pragmatico alla professione dell’architetto non è ancora condiviso e riconosciuto come plusvalore.

Il tuo lavoro ha a che fare con il project management? Sei tu a far capire i bisogni dello studio o è un’esigenza che i colleghi architetti riescono a manifestare?
L’Organization Design non è Project Management, ma un processo che sta a monte: è il progetto di come funziona lo studio, ed è un processo dialettico. Lo studio riconosce che ci sono dei problemi da risolvere ma spesso non sa qual è il nodo della questione o come affrontarlo. Io analizzo la situazione specifica e propongo una serie di scenari per risolverla. Sono cruciali la collaborazione e la fiducia reciproca: non si tratta di imporre una struttura rigida ma elaborare insieme una soluzione a misura dello studio.

Parli di “ottimizzazione”, concretamente cosa intendi?
Rivedere la struttura e i sistemi di comunicazione interna per facilitare il lavoro e la condivisione del sapere; gestire il turnover continuo di personale e minimizzare la perdita di informazioni e know-how che ne deriva; elaborare strumenti e procedure ad hoc per lo studio per ottimizzare i tempi e le risorse a disposizione; organizzare workshop con il team per analizzare il metodo di lavoro e migliorarne l’efficienza.

Un tuo progetto già realizzato?
In quasi tutti gli studi per cui ho lavorato mi sono ritrovata in questo ruolo per indole, ma la collaborazione più importante è stata con ReValue di Cristiana Cutrona nel 2007. Cristiana mi ha dato fiducia e con lei abbiamo progettato il blueprint per lo studio allora appena aperto e con un progetto importante da iniziare. Dopo quasi 10 anni in Olanda ho avuto l’occasione di lavorare di nuovo con ReValue l’anno scorso ad una revisione completa della loro struttura. Qui a Lisbona ho lavorato con uno studio in una fase di rapida crescita e abbiamo impostato la loro organizzazione e una serie di strumenti specifici per il loro team in modo da gestire al meglio questo passaggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Pierotti
Articoli Correlati
  • Dall’Italia all’Europa: Legacoop Abitanti lancia il suo Piano casa

  • Urbanistica nel caos: slitta il Salva-Milano e stop al Sue

  • Ingegneria, le società si prendono il mercato (ai professionisti solo il 7% degli importi)

  • L’ingegneria italiana vola all’estero: +16% del fatturato nell’ultimo anno