Seed festival

26-04-2023 Paola Pierotti 4 minuti

Nature based e data-driven, l’architettura gentile si prende cura dell’ambiente

In Umbria con Seed la progettazione fa alleanze con gli esperti del verde, del digitale e della psicologia

Quale architettura, tra uomo e ambiente? Quali visioni e immaginari perché l’architettura non sia più “un gesto visivo e muscolare”, ma sia “cortese e gentile” e riesca a produrre benessere emotivo? Domande a cui cerca di rispondere il festival Seed in corso a Perugia dal 24 al 28 aprile, con una coda ad Assisi dal 29 al 30 aprile. Iniziativa organizzata dalla Fondazione Guglielmo Giordano e promossa dall’Istituto Nazionale di Architettura e dalla Fondazione Umbra per l’Architettura, seconda classificata nell’ambito dei festival promossi dal Ministero della Cultura.

Domande a cui si risponde con progetti, storie di professionisti, competenze che entrano a vario titolo nella progettazione, scommettendo sulla contaminazione tra “verde”, “digitale” e “psicologia”. Il dialogo è aperto e vede in campo botanici e biologi cellulari, esperti di calcolo computazionale e intelligenza artificiale, e poi neuroscienziati e psicologi dell’abitare.

L’architettura come disciplina olistica prende senso nell’esperienza di grandi studi internazionali come quello di BIG, che a Perugia vede ospite Tore Banke, direttore della sostenibilità dello studio, e di Renzo Piano Building Workshop, presente con il partner Mark Carroll, ma anche con Snøhetta con il fondatore Kjetil Trædal Thorsen. Seed apre il confronto con i protagonisti della letteratura architettonica contemporanea, senza rinunciare alla ricerca dei talenti, come accade con Salon, fondato da Alper Derinbogaz (tra i protagonisti della Biennale Architettura nel 2014) che a Perugia parla di smart city e stampanti 3D, intelligenza artificiale e algoritmi, rinaturalizzazione e rigenerazione urbana, facciate che reagiscono al passaggio delle persone dove l’intrattenimento è visivo e sonoro.

Seed, sotto la regia di Andrea Margaritelli e con la curatela di Barbara Cadeddu, con Barbara Argiolas, lascia in eredità dei semi da curare e innaffiare, per tutta la filiera dell’industria delle costruzioni, e non solo. Un invito a considerare il benessere della comunità come driver per la progettazione, pensando ai benefici diffusi che generano progetti e iniziative che tengono l’uomo e l’ambiente al centro del processo.

«C’è stato un tempo – racconta Margaritelli, presidente Inarch – in cui la progettazione è stata collegata al benessere visivo, ma l’architettura non è un gesto visivo e muscolare, se cortese e gentile può produrre benessere. Se un tempo si pensava a saziare l’occhio, ora il focus è sul benessere emotivo». Seed riconosce che la sfida ambientale va affrontata coinvolgendo tutti, dal basso, guardando al cambiamento dei comportamenti e delle abitudini.

Un cambiamento di punto di vista che Mark Carrol spiega mostrando immagini di nuovi ospedali (e dicendo che troppo spesso sono «macchine per curare, dimenticando il senso di umanità», campus universitari (come quello nuovo della Bovisa a Milano) e musei, parlando di «persuasione e precisione», dicendo che «tutti i progetti sono esperimenti e i mock up servono per testarli. I modelli non sono la fine del progetto ma l’inizio». Carrol inizia a raccontare l’esperienza di Renzo Piano Building Workshop ricordando la forte relazione con Ove Arup Partners e poi Arup «quando gli ingegneri ponevano domande a cui l’architetto era obbligato a rispondere» e nel dialogo a Seed si ricorda una riflessione dello stesso Piano che dice «non mi interessano differenze tra arte e scienza, mi interessano le similitudini». In pieno stile del festival umbro le parole chiave sono integrazione e contaminazione.

Tra gli ospiti del festival Seed anche il quarantenne Alper Derinbogaz dello studio Salon, con base a Istanbul, in dialogo con Luca Molinari. Gavetta in California con Thom Mayne e ricerca applicata oggi nella città-ponte tra Oriente ed Occidente. «L’architettura è stata per lungo tempo un modo per creare qualcosa di super-artificiale che ha generato una separazione tra l’uomo e l’ambiente naturale. Ecco che “geospaces”, titolo della recente pubblicazione di Salom, si propone come una via alternativa per riallineare il vocabolario» dice Molinari. Il cambio di paradigma? Energia geotermica, energie rinnovabili, e più in generale soluzioni compositive attente, compatibili con gli orari del giorno e le stagioni, tornando alla natura e senza impianti: questa la soluzione proposta da Derinbogaz. Progetti che arrivano dalla nuova generazione dell’architettura internazionale e che spaziano alle diverse scale, «immaginando nuove forme naturali, in dialogo con quelle esistenti».


Architettura data-driven, sperimentali, dove entrano in gioco anche l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, e dove la dimensione digitale diventa occasione per fare vera innovazione.


Sempre lasciando la leadership ai progettisti e non alle macchine.

E nell’anno dell’anniversario dei 100 anni dalla nascita di Italo Calvino, l’architetto Enrico Pinna ricorda che in questo appuntamento umbro un ospite che non sarebbe potuto mancare sarebbe stato proprio Calvino, «grande conoscitore dell’ambiente. Ha studiato agraria – racconta l’architetto genovese – padre e madre erano agronomo e botanica; ha vissuto in un giardino per praticamente 20 anni. Un grande protagonista nel descrivere emozioni e conoscere i segreti dell’architettura», un ricordo che diventa monito e ancora una volta sfida, per costruire nuovi immaginari, riportando i riflettori sulla natura e l’ambiente.

In copertina: foto dal festival Seed. Cortesia di Seed

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Paola Pierotti
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