Milano già guarda alla seconda vita delle strutture olimpiche

10-04-2024 Luigi Rucco 5 minuti

A meno di due anni dall’evento una panoramica sui progetti e su come troveranno una nuova funzione, oltre lo sport

Le Olimpiadi invernali Milano – Cortina 2026 sono dietro l’angolo, e ora che i progetti iniziano ad essere tangibili sul territorio, la discussione si sposta già verso il futuro di queste strutture perché non diventino cattedrali nel deserto come, purtroppo, è accaduto spesso dopo questo genere di eventi.

L’incontro presso la sede dell’Ordine Architetti di Milano ha messo al centro la riflessione sull’eredità che l’evento lascerà alla città e non solo, a meno di due anni dall’inaugurazione. «Le Olimpiadi saranno l’ennesima tappa di un percorso in atto da anni», afferma Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano.


«Un processo di continuo sviluppo che vuole rendere Milano sempre più internazionale oltre i propri confini.


Un evento che accresce l’appetibilità della città, grazie a un processo continuo di politiche strutturali. Per questo la città dovrà lavorare molto sul mantenere quelle che sono le sue prerogative a livello sociale e culturale». Gli fa eco Alberto Bortolotti, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Milano: «La città è diventata sempre più attrattiva a livello internazionale in questi anni e il dibattito intorno al suo modello di sviluppo riguarda la capacità di codificare dei processi internazionali legati anche al mondo economico e immobiliare. Da qui parte una riflessione lungimirante che deve tenere conto del tessuto culturale e sociale della società».

L’evento è stato anche l’occasione per ricordare Italo Rota, maestro che lascia una grande eredità e una visione lungimirante specialmente per quanto riguarda i grandi eventi, come la  Medal Plaza per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, o più recentemente per Expo 2015 Milano e per il Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai, in cordata con Cra – Carlo Ratti Associati.

«Prima di candidare Milano per quest’evento abbiamo fatto una mappatura sul territorio e abbiamo individuato tante opportunità.


Per questo evento c’è stato un processo al contrario, pensando prima alla futura destinazione d’uso degli edifici. Questo ci ha premiato anche dal punto di vista delle tempistiche, visto che siamo pienamente in linea con i tempi e addirittura il villaggio olimpico è in anticipo di tre mesi», conclude Tancredi.


Se le tempistiche sembrano finora rispettate, i progettisti sembrano già proiettarsi al futuro delle strutture. Il Villaggio Olimpico ne è un chiaro esempio: cardine cruciale del grande progetto di rigenerazione urbana dello Scalo di Porta Romana, sarà un’area fondamentale che ospiterà gli atleti durante le Olimpiadi, per poi diventare uno studentato.

Villaggio Olimpico Milano Cortina ©SOM | Pixelflakes


Un’area che ospiterà 1.400 atleti e 1.700 studenti in una seconda fase.


«Il Villaggio Olimpico è sempre stato pensato come un momento di passaggio, ma in realtà ci siamo subito proiettati verso la sua funzione successiva, ovvero uno studentato con spazi pubblici che potesse restituire il concetto di comunità in una parte molto dinamica della città», ha commentato Gabriele Pascolini, senior associate principal di Som, studio di architettura e ingegneria statunitense che cura questo progetto.

Gli fa eco David Hirsch, associate director di Arup che con David Chipperfield Architects sta curando il progetto dell’Arena a Santa Giulia, che ospiterà eventi sportivi e culturali, anche dopo le Olimpiadi, con una capacità di 16mila visitatori. «Un’arena che rappresenta un edificio iconico per l’evento ma che diventerà anche un simbolo urbano – sottolinea Hirsch – visto che è situata in un’area che si colloca all’interno di uno sviluppo molto importante. Gli ampi spazi esterni offriranno una nuova opportunità di interazioni sociali per le persone del quartiere e per l’intera città». Se progettare nuove strutture in una città come Milano rientra in un processo collaudato di rigenerazione urbana, volto anche ad ampliare i confini della città grazie alla riqualificazione di zone abbandonate con nuovi edifici, il discorso è ben diverso quando si agisce su monumenti prestigiosi e vetusti.

Arena Santa giulia ©David Chipperfield Architects

È il caso dell’Arena di Verona, che in occasione di Milano-Cortina 2026 ospiterà la chiusura dei Giochi Olimpici e l’apertura dei Giochi Paraolimpici. Un’opera millenaria, visto che parliamo di un anfiteatro del I secolo dopo Cristo, che dovrà essere oggetto di lavori di restauro e miglioramento dell’accessibilità in vista dell’evento.


«Vista la grande opportunità per la città di Verona, questa deve essere l’occasione per affrontare il tema dell’accessibilità all’Arena a 360 gradi, anche da punto di vista urbanistico.


Questo si lega anche al nuovo Piano di assetto del territorio a cui l’assessorato all’Urbanistica sta lavorando nell’ambito del progetto Viviamo Verona», osserva Barbara Bissoli, assessora all’Urbanistica e ai Beni Culturali del Comune di Verona. «All’interno del monumento sarà realizzato anche un impianto di risalita, non esterno perché avrebbe compromesso la bellezza del monumento, oltre a un importante intervento di restauro conservativo. Una sfida importante se si pensa che l’anfiteatro ospita tutto l’anno concerti e spettacoli di importanza internazionale».
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Milano, Cortina e Verona, ma non solo. Le Olimpiadi saranno un’occasione per promuovere l’Italia a livello internazionale ma anche per migliorare l’interconnessione tra i territori alpini circostanti, portando numerosi investimenti a livello di servizi e infrastrutture.
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«Le Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026 sono i primi “Giochi diffusi” su 22mila metri quadrati del territorio italiano e coinvolgeranno due regioni – Lombardia e Veneto – due Province autonome – Trento e Bolzano – per un totale di 13 venues competitive (Milano, Cortina, Valtellina, Val di Fiemme, Anterselva) e 5 siti non competitivi (media center, villaggi olimpici, Stadio Meazza e Arena di Verona). Un’idea che stanno già riproponendo altri Paesi in fase di candidatura olimpica, poiché il “fare squadra”, oggi più che mai, è diventata una necessità per fare fronte alla scarsità di risorse naturali e difficoltà geopolitiche: complessità che determinano, con urgenza sempre più marcata, l’esigenza di concretizzare soluzioni sostenibili che rispettino l’ambiente, l’economia e il sociale». Così sottolinea Fabio Saldini, architetto, neo-commissario di Governo e Amministratore Delegato della Società Infrastrutture Milano Cortina 2026.
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«Ritengo, personalmente, che questa buona pratica dei “Giochi diffusi” sia la prima legacy immateriale derivante da tale evento: fondere vision e territori, approcci e culture, capacità organizzative e logistica ci impegna infatti a cambiare il paradigma, sperimentando soluzioni capaci di mettere a sistema risorse, talenti e opportunità. Opportunità che riguardano chiunque: i Giochi del 2026, infatti, non saranno appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori, ma saranno le Olimpiadi di tutti e per tutti».
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Opportunità ribadita da Marcello Rossi, consigliere Cnappc. «Le Olimpiadi rappresentano per Milano una tappa di uno sviluppo consolidato da anni, mentre per i territori annessi in cui si svolge l’evento è la grande opportunità di rilancio. Parliamo di territori alpini spesso interessati da spopolamento e fragilità climatiche, e questa può rappresentare una occasione di rinnovamento. Per questo è stato costruito un tavolo di lavoro sul tema con le tre province interessate (Milano, Sondrio, Belluno), per coordinare la attività e mettere a disposizione le competenze, monitorando le procedure e valorizzando l’eredità dell’evento».
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In copertina: Villaggio Olimpico Milano Cortina ©SOM | Pixelflakes

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Luigi Rucco
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