27-09-2024 Francesca Fradelloni 5 minuti

L’iper-città sarà green, tecnologica e creativa, parola di Utopian Hours

Appuntamento con il festival in programma a Torino, dal 18 al 20 ottobre

Giù le mani dalla città, la città è di tutti e non solo degli amministratori, sviluppatori e progettisti. Il festival Utopian Hours è di fatto una call to action aperta a tutti coloro che abitano l’urbano. Questa la missione della rassegna già dalla prima edizione, otto anni fa. La manifestazione, in programma dal 18 al 20 ottobre 2024 alla Centrale Lavazza di Torino, ha il suo leitmotiv: condividere i bisogni e creare strategie per il futuro. Anche nel 2024 i due direttori, Luca Ballarini e Giacomo Biraghi, confermano la stessa trama, ieri da anticipatori, oggi da esperti conoscitori della materia.

«Il festival racconta il fare città, le idee, i progetti e i luoghi che stanno migliorando la vita in tutto il mondo», raccontano i due fondatori. Utopian Hours è oggi riconosciuto come uno degli appuntamenti più importanti per ragionare sull’evoluzione urbana e sul suo ruolo nel futuro dell’umanità.

«Essere cittadini non vuol dire esclusivamente muoversi, consumare, spendere e votare. I cittadini hanno e devono avere un ruolo attivo e non avulso dal city making.

“Insieme” è la parola magica, insieme si “fa la città”, perché la città siamo tutti noi. E non si tratta solo di “fare” comunità, parola antica e di “olivettiana” memoria, ma di condividere responsabilità e strategie che stimolano nuovi processi di sviluppo», spiega Ballarini.

Il festival dialoga con i più giovani e lo fa con un lessico diretto e internazionale, utile a comprendere al meglio i meccanismi e gli ingranaggi che animano i luoghi e gli spazi che viviamo, senza incagliarsi nelle vicende politiche. «Inclusivi, aperti ed emozionanti, anche per chi non ha una laurea in politiche urbane» aggiunge Ballarini.

I temi della città ci sono tutti. «Il diritto ad abitare la città, anche con la declinazione delle case abbordabili, arrivando fino al lavoro. Numerosi i focus proposti nella kermesse torinese. È con ospiti da ogni continente che si sperimenterà l’approccio realmente democratico al tema urbano, perché se le città sono davvero il destino della specie umana, allora è importante un confronto ampio. La curatela ha presente tutto questo e lo facciamo in modo libero e trasversale scevro da ogni pregiudizio» aggiungono gli organizzatori.

E allora vediamoli questi makers che fanno e trovano soluzioni senza usare la narrazione come scudo, ma con i fatti, con ricadute dirette su spazi e modi di vivere.

Il tema del lavoro in questa logica del placemaking reale è ben rappresentato durante il festival dai nuovi lavori, dai nuovi imprenditori. Coloro che vedono nella città e nelle sue trasformazioni un’occasione per creare nuova imprenditoria. «Siamo rimasti molto affascinati da chi sta oggi teorizzando l’università dei terzi luoghi a Parigi. Parlo di Nicolas Détrie fondatore di Yes We Camp, un’organizzazione indipendente che è tra i punti di riferimento per chi si occupa di usi temporanei e rivitalizzazione urbana. Ma anche la storia del collettivo Punkt, basato a Bratislava, che promuove la ricerca nel campo del design, dell’architettura e dell’urbanistica (uno dei loro progetti più noti è Dobry trh – conosciuto anche come Good Market – il festival di strada più importante della città), di cui ci parlerà Illah van Oijen, fotografa, animatrice culturale e creative director di Punkt, è un focus attraente.

Sempre in linea con questo filone, abbiamo invitato per una conversazione speciale, Sarah Castle, co-fondatrice di IF_ DO, studio di urban design con base a Londra e Manchester e oggi tra le realtà più interessanti nel panorama dell’architettura internazionale», racconta Giacomo Biraghi. Tra i progetti più noti quello per la Brent Cross South Stationuna sottostazione elettrica trasformata nel più grande elemento di arte pubblica nel Regno Unito, un progetto-manifesto che ha dato vita a un nuovo landmark coloratissimo e dal grande impatto. Un intervento dal forte valore simbolico che unisce bellezza urbana, ecologia e senso di identità.

«Si crea valore e lavoro usando in modo innovativo lo spazio urbano, non con il format legittimo e tradizionale del retail, dell’hotellerie, degli uffici, ma pur rispondendo alla domanda del mercato, con soluzioni produttive nuove», chiosa Biraghi.

Tra i tantissimi ospiti, mostre, masterclass, da segnalare sul tema del mix-use regeneration, Martyn Evans, l’inventore di Spitalfields nell’est di Londra che racconterà come un quartiere può trasformare l’immagine di un’intera città, mantenendo dentro di sé le componenti artistiche e di design originarie. Evans è stato per venti anni il direttore creativo di Cathedral Group, una delle principali società di sviluppo immobiliare del Regno Unito, e oggi ricopre lo stesso ruolo per LandsecU+I.

Jaanus Juss, racconterà la storia del progetto di Telliskivi Creative City nato nel 2007 che trasformò quella che era stata un’area industriale a Tallinn in uno spazio per imprese creative, festival e attività culturali che oggi è uno degli hub culturali più vivaci in Europa.

Se si ha bisogno di ispirazione per capire come si fa a far rinascere le città e se si vuole capire quali nuovi ruoli si stanno affermando nel panorama mondiale, sarà interessante seguire l’intervento di Ya-Ting Liu prima chief public realm officer di New York. Una nuova figura che si occupa di coordinare il settore privato e l’amministrazione per raggiungere un obiettivo ambizioso: creare spazi pubblici originali, accoglienti e di qualità. Dall’inizio del suo incarico nel 2023, Ya-Ting Liu ha dato vita a importanti iniziative per attivare gli spazi della città: dal Dining Out NYC – il programma di ristorazione all’aperto più grande del Paese – alla riprogettazione della 5a Avenue tra Bryant Park e Central Park.

Grande attesa, inoltre, per Nadina Galle la scrittrice di “The Nature of Our Cities” (HarperCollins), un saggio illuminante che studia e approfondisce il rapporto tra tecnologia e natura. Un best seller mondiale che presto sarà pubblicato anche in Italia, grazie anche alla sua autrice, voce del movimento globale che protegge la natura in città con l’innovazione. Per finire a lezione dalle star del landscape design con lo studio Field Operations. Matt Grunbaum, associate partner, spiegherà come la High Line oltre ad aver dato alla città di New York un nuovo landmark, ha segnato un punto di svolta nella progettazione delle trasformazioni urbane.

Appuntamento quindi a Torino per un giro del mondo in due giornate, per raccogliere tutte le novità e le prospettive dell’innovazione urbana che scommette su interdisciplinarietà, sintesi di progetti top down e bottom up, storie di persone con mestieri e competenze messe al servizio del cambiamento delle città.

In copertina: Manifesto Utopian Hours

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Francesca Fradelloni
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