L’inquietudine dei Comuni: “Dopo il Pnrr scongiurare i tagli”

31-05-2024 Alessio Garofoli 3 minuti

All'evento di Anfov gli enti locali rivendicano l'efficienza del piano e fanno muro contro la spending review del Mef

Due anni alla chiusura del Pnrr e i comuni, rivendicando la propria capacità di spesa, si preoccupano per quello che accadrà dopo. È Giovanni Caudo, presidente della Commissione speciale Pnrr di Roma Capitale, a sintetizzare la questione citando uno dei programmi che il Campidoglio sta portando avanti grazie ai fondi europei: il Pui (piano urbano integrato) di Tor Bella Monaca: un’opera di rigenerazione urbana che, argomenta Caudo, sarà monca se dopo mancheranno i fondi per i connessi interventi sociali. Aleggia il fantasma della spending review del ministro Giorgetti alla ricerca non facile di fondi per la prossima manovra, con l’ipotesi di renderne oggetto i comuni che hanno beneficiato del Recovery Plan, all’appuntamento in cui interviene Caudo. Ovvero “Lo stato di attuazione del Pnrr, il quadro aggiornato delle risorse, ricadute per aziende e territorio”, evento organizzato il 30 maggio a Roma da Anfov, associazione attiva nello sviluppo e nel sostegno all’innovazione digitale e ai servizi di comunicazione avanzata. Il Pnrr è stato presentato come una risposta straordinaria a una calamità straordinaria, quella della pandemia. La sensazione è che per i comuni italiani dovrebbe diventare il nuovo benchmark in termini di risorse disponibili. Anche perché – tema questo finora poco toccato in relazione ai soldi europei – un investimento che è per definizione una tantum può implicare un aumento di spesa che invece diventa strutturale. Si pensi a una casa di comunità: messa in piedi con il Pnrr, ha poi bisogno di nuovo personale per funzionare.


«I primi di maggio è stato pubblicato il rapporto della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Pnrr, con un giudizio complessivamente positivo», rimarca Umberto De Julio, presidente di Anfov.


Anche Caudo sottolinea che a Roma «nel 2021 gli investimenti erano fermi a 227 milioni di euro, mentre a fine del 2022 siamo arrivati a 1,15 miliardi», e ricorda che il Pnrr capitolino è composto da 79 progetti, tutti in fase di messa a terra. Tocca poi a Michele Pianetta, vicepresidente di Anci Piemonte, prendersela con i tagli nei confronti deli comuni ipotizzati dal Mef che, dice, finirebbero per ammontare a 1 miliardo e 250 milioni nel 2028. Ma emergono anche lamentele sul flusso di cassa. «Si è sempre detto che i Comuni non sarebbero stati capaci di spendere, ma alla fine è accaduto il contrario, con le amministrazioni locali che hanno mandato avanti tutti i piani, a differenza di quelle centrali. – afferma Pianetta – Sul Pnrr è accaduto che i Comuni hanno mandato avanti i bandi, ma con difficoltà, in particolare di cassa, per sostenere i micro-investimenti. Queste situazioni si presentano in maniera diffusa. Spesso si fanno anticipare le spese e adesso attendono da un anno e più di ricevere le risorse, creando disagio anche alle imprese».

«Dopo aver pagato le imprese, un’amministrazione non può rimanere con il cerino in mano. I tagli di questi giorni, previsti dalla legge di bilancio, diventano un argomento di scontro politico e su cui bisogna intervenire, perché le amministrazioni territoriali hanno bisogno di fondi per innovare il Paese. Dobbiamo accompagnare i percorsi di ammodernamento tecnologico, senza contrapposizioni ideologiche che rallentano la transizione. Serve un percorso ministeriale sulle grandi infrastrutture di rete che accompagni il lavoro dei Comuni. Sul 5G ad esempio abbiamo dato subito semaforo verde», insiste Marco Bussone, presidente Uncem (Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani). Relativamente alla lentezza con cui arriva il denaro da Roma, Bussone punta il dito contro Regis, la piattaforma attraverso la quale amministrazioni centrali e periferiche, enti locali e soggetti attuatori adempiono agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr. Ma di Regis Paolo Aielli, direttore generale di Roma Capitale, si definisce «un fan». Questo perché lo schema obiettivi-tempi, aggiunge, ha fatto bene alla Pa italiana: «Il Pnrr l’ha aiutata a ristrutturarsi e migliorarsi. Abbiamo una grande quantità di risorse che ci ha costretti a rivedere molte cose in questo Paese, soprattutto a livello locale». Se non sarà possibile quanto a somme da utilizzare, almeno questa è un’eredità da conservare.

In copertina: ©Stefano Tammaro

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Alessio Garofoli
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