Il futuro dello Stretto, tra Ponte e ponti di relazioni e cultura

27-09-2024 Paola Pierotti 3 minuti

Legalità, salute e abitare tra i temi della seconda edizione della Biennale

Legalità, salute e abitare. Tre temi protagonisti della seconda edizione della Biennale dello Stretto, che si è tenuta dal 18 al 22 settembre nell’ambito del progetto culturale ideato dall’architetto Alfonso Femia (con Francesca Moraci e Mariangela Cama) con dibattiti e mostre tra la Calabria e la Sicilia. Ed è stato il “ponte di luce” che si è illuminato da Villa San Giovanni ad aprire una riflessione sul futuro di un Ponte che secondo le intenzioni dei promotori dovrà connettere fisicamente le due sponde, o piuttosto e più urgentemente un ponte di relazioni tra Reggio Calabria e Messina. Un progetto artistico per richiamare i temi del “vicino e lontano” e riflettere sulla loro essenza: fasci incrociati lungo le due sponde che si sono poi allineati a simboleggiare il dialogo tra le due regioni.

La Biennale si è tenuta a pochi giorni dalla comunicazione ufficiale da parte della società Stretto di Messina che ha fatto sapere di aver consegnato la documentazione integrativa richiesta dalla Commissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, dal ministero della Cultura e le risposte alle osservazioni presentate dal pubblico e dalle Associazioni. In linea con il cronoprogramma.


“A fronte delle 239 richieste del Mase e 11 del Mic, sono stati aggiornati oltre 800 elaborati progettuali, su 10mila, anticipando molti studi che sarebbero stati svolti in sede di stesura del progetto esecutivo”


Questo il testo della nota ufficiale. Si tratta di studi e approfondimenti di settore che, sulla base di dati aggiornati e di nuove modellazioni, hanno fornito le informazioni per le integrazioni (anche con il supporto di un gruppo di progettazione multidisciplinare come Expert Panel, per la componente ambientale, Parsons Transportation Group per il project management e Edison Next Environment per la parte ambientale). Aggiornamento istituzionale da Roma, ma i sindaci sul posto chiedono coinvolgimento degli enti locali e lamentano l’assenza di atti propedeutici, ad esempio, per le procedure di esproprio, per l’uso delle risorse idriche, per la movimentazione terra o per i collegamenti connessi alla nuova infrastruttura.


A prescindere dal dibattito politico, tecnico e culturale, quel che di fatto sembra effettivamente mancare è un piano di area vasta, mettendo a sistema ricadute ambientali e paesaggistiche, ma anche economiche e sociali.


Una visione strategica e politica che include temi molto concreti, che la Biennale ha tentato di affrontare.

Dai metodi educativi nelle scuole al rapporto tra le prefetture, dall’assistenza alle aziende ad una rinnovata cultura che punta a valorizzare il territorio e le sue comunità. Non ci sarà crescita sana senza una concreta protezione dello sviluppo del territorio e delle imprese: servono anticorpi per combattere le mafie, è la voce racconta sul palco della Biennale dello Stretto, e consentire una concorrenza leale volta anche all’attrazione dei capitali. È questo il pensiero comune di Maria Grazia Nicolò, Clara Vaccaro e Cosima Di Stani, commissaria del Governo per le iniziative antiracket e antiusura e prefette a confronto insieme a Francesco Siclari, presidente Fai Reggio Calabria, per una rivoluzione che parta dal quotidiano per contrastare la criminalità organizzata.


La legalità come fattore culturale e patrimonio comune dei cittadini diventa un tema che non può prescindere dalle politiche di trasformazione del territorio.


E quando si parla di abitare la riflessione va diretta alla questione del nomadismo, inteso anche come modello contemporaneo di adattamento alle rivoluzioni sociali ed economiche, per ragioni di catastrofi naturali, esilio politico o emergenze, ma anche lavoro o studio, o più in generale per la ricerca di nuove forme di abitare i luoghi.

Con Stefano Capolongo, ordinario di Hospital Design e Urban Health al Politecnico di Milano, un’altra docente del Politecnico Elena Granata  e il sociologo Mario Abis, in un talk ai piedi dei Bronzi di Riace, il focus si è concentrato su salute e sanità, e più specificatamente sulle psicosi-patologie della città. I dati dicono che il 25% dei giovani italiani è a rischio di una qualche patologia mentale e gli esperti chiamano in causa il mondo della progettazione, oltre ai decisori per chiedere che architettura e politiche sappiano tradurre tali istanze.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Pierotti
Articoli Correlati
  • Casa: pubblico, coop e banche uniti contro l’emergenza

  • No all’urbanistica militare: co-pianificazione e competenze

  • Premio Architetto italiano dell’anno e Giovane talento dell’Architettura italiana 2024: aperto il bando

  • Al via le iscrizioni per il Fiabci Prix D’Excellence Award Italia 2024