Il dibattito pubblico velocizza le opere. Lo dicono le imprese
Il documento di Ais analizza i ritardi italiani nella costruzione di infrastrutture, e come risolverli coinvolgendo gli stakeholder
La partecipazione di tutti gli stakeholder è cruciale per la pianificazione e la realizzazione d infrastrutture sostenibili che possano generare sviluppo. Ora a dirlo sono le grandi imprese, con un approccio che può sostanziare la “g” di governance nell’Esg. Ed è la tesi illustrata da Ais-Associazione infrastrutture sostenibili durante un evento tenutosi in Senato il 27 febbraio e organizzato dallo stesso think tank. Di fatto si richiede di rilanciare il dibattito pubblico, ovvero quel percorso di informazione, discussione e confronto su un’opera di interesse strategico, che consente al proponente di raccogliere critiche e proposte da una pluralità di attori: introdotto nel 2016, è stato recentemente modificato dal nuovo Codice dei contratti pubblici. Un coinvolgimento ampio implica minore conflittualità: quindi tempi e costi inferiori e infrastrutture più utili.
L’appuntamento ha visto la presentazione del rapporto “Stakeholder engagement e infrastrutture sostenibili – L’importanza del dialogo con le comunità locali”, sesto position paper prodotto da Ais, che riunisce circa cento soci che complessivamente esprimono oltre 150mila addetti e un fatturato pari a più dell’1,2% del Pil italiano. Il documento è stato redatto da un team composto da 45 tecnici appartenenti a 24 società associate Ais. Tra le quali ci sono alcuni dei maggiori player nazionali sia a livello di stazioni appaltanti (Gruppo Fs, Aspi) che di società di ingegneria e progettazione (Politecnica, Proger, Policreo) e imprese di costruzioni (Webuild, Ghella, Itinera, Carron, Pizzarotti), fino a imprese specializzate in energia e impianti (Enel, Saipem).
Alla luce delle risorse disponibili anche grazie al Pnrr e includendo gli impatti diretti e indiretti, Ais stima che nel nostro Paese la spesa per investimenti in infrastrutture e mobilità possa produrre un valore aggiunto di 37,8 miliardi di euro.
Stando all’istituto Oxford Economics, per il prossimo quinquennio gli investimenti infrastrutturali in Italia potrebbero generare tassi di crescita che in ferrovie, porti e aeroporti salirebbero mediamente del 3,8% all’anno, e nel settore energetico e del gas del 3,2 per cento.
Risultati che però sono messi a rischio dai ritardi più fequenti da noi che in altri Paesi dell’Ue. Sintomatico in questo senso il settore delle rinnovabili – fondamentale per la transizione energetica – in cui a dispetto di una recente accelerazione il confronto con Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania restituisce un gap evidente, con quest’ultima che guida con quasi 200 GW di energia prodotta da eolico e fotovoltaico, contro i 54 GW dell’Italia: potenza ancora molto lontana dagli obiettivi del nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima Pniec. O ancora la rete ferroviaria con la scarsità di doppi binari, presenti solo nel 46% delle tratte. Per non dire delle ricadute sull’export: in base a dati ed elaborazioni di Istat e Sace si calcola che il ritardo logistico in Italia abbia causato oltre 93 miliardi di euro di mancate esportazioni nel 2022, equivalenti al 15% del valore totale del nostro export. Per aggredire il problema, il rapporto Ais propone un approccio innovativo e inclusivo per coinvolgere attivamente tutti i portatori di interessi economici, sociali ed istituzionali nel processo di trasformazione dei territori verso la sostenibilità. Lo studio fornisce un quadro completo e un ampio set di indicazioni pratiche per attuare percorsi di ascolto e dialogo che coinvolgano le diverse parti interessate dai progetti di realizzazione di infrastrutture sostenibili, così da imprimere un’accelerazione virtuosa. Come in altri paesi accade da decenni. Si tratta insomma di dar vita, dice Ais, a un ecosistema partecipativo che comprenda soggetti pubblici e privati.
In copertina: Aerial view of highway ©nblxer
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