14-04-2020 Chiara Brivio 3 minuti

Emergenza come acceleratore: sburocratizzazione e rivoluzione della cultura manageriale

Dall’Osservatorio di Confassociazioni: il ruolo delle infrastrutture nella fase 2 del post-Coronavirus

«Il tema infrastrutture è centrale, perché non può esistere alcune ripresa né ricostruzione senza ipotizzare lo sviluppo delle infrastrutture»
Stefano Cianciotta

«La fase 2 deve essere una fase di rilancio, tutti i paesi si troveranno sullo stesso livello, a parte ovviamente la Cina. E i servizi e le infrastrutture dovranno essere la base di questa ripresa». Ha introdotto così Pietro Paganini l’appuntamento “Dalla smart city alla smart valley. Nuove infrastrutture per nuovi cluster d’impresa”, parte di una serie di live streaming su Facebook ideati da Competere, think tank che si occupa di innovazione e sviluppo sostenibile e del quale Paganini è fondatore. In diretta con lui, Stefano Cianciotta e Antonio Ortenzi, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Osservatorio Infrastrutture di Confassociazioni. Un dialogo che ha portato ad un’analisi a 360 gradi dello stato delle infrastrutture in Italia, con un focus particolare sul ruolo che quelle digitali dovranno ricoprire nell’era post-covid19.

«Il tema infrastrutture è centrale, perché non può esistere alcune ripresa né ricostruzione senza ipotizzare lo sviluppo delle infrastrutture» ha ripetuto Cianciotta, che poi ha continuato, evidenziando come in Italia «7000 distretti industriali ancora non hanno la banda larga, e al Sud, se si liberassero degli hotspot gratuiti, il Pil potenziale sarebbe di 1,5 punti in più». Un divario digitale del quale molto si è parlato molto, ultimamente, soprattutto per le problematiche riscontrate sia nell’ambito dell’istruzione a distanza che dello smart working da casa.

Tuttavia, secondo Cianciotta, l’Italia è un paese dove le situazioni di emergenza fanno da acceleratori a processi bloccati da anni, quindi «se riusciremo a colmare questo deficit strutturale, come si è visto nell’ultimo mese, faremo un salto in avanti», ha sottolineato ancora il vicepresidente dell’Osservatorio. Le parole chiave della ripresa dovranno quindi essere sburocratizzazione e rivoluzione della cultura manageriale in Italia, perché, soprattutto nell’ambito della progettazione, in futuro ci sarà sempre più bisogno di team multidisciplinari con competenze diverse e specifiche. Attenzione però a dire che tutto dovrà essere come il “modello Genova”, dove questo modello è stato concretamente messo in campo, poiché alla sua base c’è «un sindaco, Bucci, che è un commissario straordinario ed è anche un manager che ha fatto scelte radicali profonde», continua Cianciotta, scegliendo collaboratori sulla base dei loro curriculum, secondo modalità profondamente diverse da quelle che la pubblica amministrazione è solita seguire. Una visione condivisa anche da Antonio Orenzi, il quale ha sottolineato quanto il processo di nomina di un commissario straordinario sia sempre in deroga, di fatto in una situazione eccezionale, quando invece la «straordinarietà dei commissari dovrebbe essere ordinarietà, data in mano a dei dirigenti».

E rispetto al cambio culturale necessario, secondo Orenzi non andrà cambiata solo la cultura manageriale, ma anche quella dell’innovazione. Per esempio, facendo riferimento al BIM, simbolo dell’innovazione nella progettazione, Orenzi ha aggiunto che «in Italia c’è una certa paura verso la digitalizzazione, che deriva in gran parte dal perdere posizioni acquisite che oggi però non tengono più». Un cambio di rotta che potrà essere guidato solo dalla politica, continua, una politica “visionaria” che si affidi a un “neoumanesimo digitale”, istituendo per esempio zone economiche speciali, connettendo Milano alle città che le sono vicine, ripopolando i borghi storici migliorando le infrastrutture digitali attraverso le quali creare vere opportunità di smart working da casa (uno smart working che oggi, in Italia, ancora non c’è, secondo il presidente dell’Osservatorio).

Ma per Cianciotta questa crisi potrà essere anche un’occasione di ripensamento dei modelli di sviluppo industriale odierni, dai quali si tornerà «ad una filiera di prossimità, ma non di isolazionismo». Un modello di questo tipo potrebbe essere rappresentato da Milano, che soprattutto dopo la realizzazione di Human Technopole – il cui progetto per il nuovo headquarter è stato recentemente vinto dallo studio Piuarch –, potrà diventare un nodo sempre più importante in Europa, dove potranno essere pensati e creati dei nuovi distretti e nuove filiere che includeranno  industria e ricerca. Una città che si troverà al centro di un unico grande “cluster” italiano che andrà da Bologna a Milano e a Torino, fino a Cortina con le Olimpiadi invernali del 2026, al centro di una nuova direttrice che unirà l’est e l’ovest dell’Europa.

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Chiara Brivio
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