24-05-2024 Alessio Garofoli 2 minuti

Emergenza casa, Roma chiama il governo: «Servono cifre importanti, non briciole»

L'assessore Zevi ospite di Legacoop abitanti: «220 milioni dal Campidoglio per il 2022, solo 100 dall'esecutivo per il 2027»

Duecentoventi milioni stanziati dalla giunta Gualtieri nel suo primo anno per l’acquisto di nuovi alloggi popolari, a fronte di 100 milioni previsti nel piano casa del governo per il 2027. Ecco perché Roma Capitale, nonostante gli sforzi, non può risolvere la questione abitativa con le sue sole forze. Il conto è salato, serve l’apporto di Regione Lazio e, soprattutto, dell’esecutivo. Lo dice chiaro e tondo, e ricorda di averne parlato al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini Tobia Zevi, assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative, intervenuto il 22 maggio nella tappa romana di Cooperare per abitare – attraversando i territori, organizzata da Legacoop abitanti. E rimarca che, contestualmente, il governo ha anche definanziato il fondo per l’affitto. L’allarme può non sorprendere, in un momento in cui si registrano emergenze non affrontate di spesa pubblica insufficiente: si pensi alla sanità. Ma come in quel caso anche questo tema è rovente dal punto di vista sociale. E il lieto fine non è dietro l’angolo perché il problema è serio e di lungo periodo. Come viene ricordato nel corso dell’evento, la questione abitativa si è inasprita nel corso degli anni sostanzialmente per il combinato disposto di due fattori: il prosciugamento delle politiche pubbliche sulla casa e l’impoverimento del ceto medio, con la nascita di una «fascia grigia» di persone che non hanno i requisiti reddituali né per accedere all’Erp né per procurarsi un alloggio sul mercato. Nel frattempo però si continua a cercare rimedi.


Zevi menziona il Piano strategico per il diritto all’abitare 2023-2026 del Campidoglio, composto di quattro punti


Il primo è appunto quello di acquistare nuove abitazioni da privati (l’avviso pubblico dedicato è scaduto lo scorso 16 febbraio) dopo anni in cui, dice, «il pubblico invece le ha vendute». Secondo punto è quello del cosiddetto autorecupero di immobili, soprattutto ma non soltanto pubblici, che risponde anche al precetto di non consumare nuovo suolo: e qui Zevi menziona a titolo di esempio l’iniziativa che investe il Maam di Tor Sapienza, ma sottolinea la battaglia non facile contro la burocrazia. Quindi il welfare abitativo, ovvero erogazioni dirette di denaro a chi non riesca a pagare l’affitto. Ultimo elemento, ma non in ordine di importanza: il progetto di istituire anche nella Capitale un’agenzia sociale per l’abitare, tesa ad aiutare soprattutto chi possa pagare l’affitto ma se lo veda rifiutato a causa di timori da parte dei proprietari. Esiste a Milano, Torino, Bologna e, afferma Zevi, ha funzionato «nonostante i bassi volumi» di abitazioni affittate per suo tramite.

Ma la questione non ha a che vedere soltanto con l’assessorato alla Politiche abitative (così come non riguarda solo il ministero per le Infrastrutture). Non per niente all’appuntamento è presente anche Maurizio Veloccia, omologo di Zevi per l’Urbanistica. Il quale illustra i dati contenuti in un rapporto che il suo dipartimento ha commissionato al Cresme: a Roma la domanda abitativa al 2032 vedrà un fabbisogno quantitativo di 35.920 alloggi, teorico perché si tratta di flussi di famiglie e non di flussi di abitazioni. E per rispondere a questa necessità Veloccia ribadisce l’utilità della partnership pubblico-privata. Che messa a terra significa «mettere a disposizione uno stock di abitazioni a prezzo calmierato sensibilmente al di sotto del mercato, con una corretta appetibilità per gli investimenti privati, garantita da condizioni favorevoli dal punto di vista economico-finanziario e urbanistico, accompagnate da un quadro di regole certo».

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Alessio Garofoli
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