06-02-2019 Elena Pasquini 4 minuti

Dieci proposte per l’economia circolare in Italia

Legambiente con Governo, Parlamento, imprese e associazioni per ragionare sugli ostacoli che frenano lo sviluppo del settore

Serve un cambio di paradigma: far scomparire il termine rifiuto e chiamarlo risorsa

Giorgio Quagliuolo

Il superamento dell’emergenza rifiuti e il decollo dell’economia circolare nel Paese sconta il peso del tempo in attesa dell’emanazione dei decreti attuativi, della mancanza degli impianti, della concorrenza non controllata. Eppure tutti – dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, al direttore generale Ispra Alessandro Bratti fino ai singoli presidenti delle associazioni di settore come Conai, Corepla, Cib, solo per citarne alcuni – concordano sull’esigenza di non attendere, di muoversi velocemente e insieme verso l’attuazione dell’economia circolare.

«Investire sull’economia circolare – ha affermato il direttore generale Legambiente Giorgio Zambetti – significa effettuare un investimento di politica economica e industriale che porta provati vantaggi economici. Siamo convinti non si possa aspettare oltre».

Le proposte – Governo e Parlamento hanno ora la responsabilità di definire le priorità per evitare che un terzo dei rifiuti prodotti in Italia aspetti ancora di capire se deve prendere la strada dello smaltimento o diventare riciclabile in attesa dei decreti End of waste e l’attuazione di quanto previsto dalla normativa sul Gpp (green public procurement).

«Il 2018 – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – è stato l’anno dell’approvazione del pacchetto europeo sull’economia circolare, ma il 2019 dovrà essere un anno determinante per la sua attuazione. L’economia circolare non è solo un modo per uscire dalle tante emergenze rifiuti ancora dislocate in Italia, vuol dire creare investimenti, occupazione ed economia sul territorio, ma bisogna avere il coraggio di andare in questa direzione».
Per questo Legambiente ha aperto la mattinata di confronto presentando le sue dieci proposte per rimuovere gli ostacoli non tecnologici che rischiano, in alcuni, casi di invertire il segno dei risultati conseguiti.

  1. Incrementare il riciclo con l’end of waste, sia con un atto normativo nazionale che permetta di superare la crisi aperta con la sentenza del Consiglio di Stato che ha centralizzato le competenze dello Stato, sia con una task force interna al MinAmbiente che permetta di velocizzare l’iter di definizione e condivisione dei decreti Eow.
  2. Rifiuti zero, impianti mille. Superare l’idea che rifiuti zero equivalga a non avere impianti: la pianificazione e gestione chiara del ciclo di rifiuti è propedeutica all’archiviazione della stagione delle discariche e degli inceneritori e necessaria per completare il sistema impiantistico per il riciclo e il riuso dei rifiuti, urbani e speciali, rendendo autosufficiente ogni regione. Fondamentale investire prioritariamente al sud e sul compostaggio visto che il 40% dei rifiuti differenziati sono organici ma non possono essere conferiti in nessun impianto sul territorio.
  3. L’apertura del mercato non migliora le performance dei sistemi consortili. Quanto accaduto con la raccolta delle batterie esauste è paradigmatico: il recepimento della direttiva su pile e accumulatori ha fatto salire a 18 i consorzi di raccolta ma crollare le performance complessive del sistema. Necessario non ripetere gli stessi errori ma valutare, prodotto per prodotto, quale possa essere la soluzione migliore per l’obiettivo atteso.
  4. Tariffa puntuale obbligatoria per ridurre e prevenire la produzione dei rifiuti. Il principio del chi inquina paga va esteso obbligando i Comuni a passare a un sistema di tariffazione puntuale basato sui sistemi di raccolta domiciliare.
  5. Superare la tariffazione legata a quota di raccolta differenziata a favore del pro capite di secco residuo smaltito. L’obiettivo è ridurre il rifiuto indifferenziato a favore di riciclo, prevenzione e riuso dei materiali.
  6. Appalti più verdi. Serve un osservatorio per controllare e obbligare tutte le stazioni appaltanti al rispetto dell’uso dei Cam nelle gare e promuovere il Gpp e creare un mercato interno di prodotti realizzati dal riciclo dei rifiuti.
  7. Approvazione del disegno di legge “salvamare” e sul “fishing for litter”. Già nel prossimo Consiglio dei Ministri serve approvare il Ddl Costa unificando i contenuti con il pdl Muroni per permettere ai pescatori di fare gli “spazzini del mare” fin dalla prossima estate e contrastare il marine litter legato all’uso della plastica monouso
  8. Meno plastica monouso per l’ortofrutta nei supermercati. Basta una circolare del ministro della Salute per sbloccare l’utilizzo delle retine riutilizzabili visto che non esistono norme europee contrarie.
  9. Più controlli per evitare concorrenza sleale. Più aumenta il controllo pubblico più sarà facile mettere in campo gli elementi per una buona economica circolare: serve concludere il lavoro iniziato con l’approvazione della legge n. 132/2016 attraverso i decreti attuativi.
  10. Promuovere l’innovazione di prodotto e di processo. Fondamentale prevedere agevolazioni fiscali che utilizzano una quota minima da polimeri riciclati e rendere quindi più conveniente le tecnologie di riciclo di materiali oggi difficilmente riciclabili.

L’apertura del Ministro – Richiamo al “gioco di squadra” anche da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Sergio Costa: «Venite nel mio ufficio con idee concrete e non con chimere inattuabili. La mia porta è aperta. Perché credo sia necessario governare il momento di transizione, fragile per costituzione, dall’economia lineare a quello circolare avendo chiara la visione generale».
Con lui in sala, anche Paolo Arrigoni (questore Senato della Repubblica), Rossella Muroni e Chiara Braga (Commissione ambiente della Camera dei deputati).

 

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Elena Pasquini
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