14-03-2015 Paola Pierotti 4 minuti

Dall’informatica alla multimedialità. Ecco come Cws ha vinto la sfida Expo

Intervista all’Ad dell’azienda in campo con Vanke e Libeskind . "I progettisti avevano un’idea magica che doveva essere concretizzata con un prodotto che non c’era sul mercato"

"I progettisti sono i nostri intermediari e i nostri tesori. O ci contattano o li coinvolgiamo noi come alleati. La nostra azienda fa la differenza quando esprimiamo un’idea forte e a quel punto completiamo la filiera"

Luca Passini

Dall’informatica al multimediale, dalla costruzione di soluzioni per la gestione dei documenti alla consulenza per creare grandi infrastrutture per eventi. Dopo aver investito per mesi nel network, al fianco di imprese e progettisti, l'azienda Cws è in campo per Expo 2015: in prima linea per il Padiglione Vanke progettato da Daniel Libeskind e consulente per il Padiglione del Kuwait e per quello del Vino entrambi progettati da Italo Rota.

Cws è un system integrator: prende le tecnologie proprietarie e hardware sviluppati da altri e li combina adattandoli alle esigenze del cliente.  CWS Soluzioni Informatiche è un’azienda familiare nata negli anni Ottanta a Vicenza, con importanti radici a Torino e una nuovissima filiale a Verona. “Sarà il centro direzionale del Nord-Est – racconta il trentenne Luca Passini,  Ad Cws  – una sede di 400 mq con una sala demo-esperienziale pensata per i clienti che potranno toccare con mano le nostre tecnologie”.

Dal 2010 la vostra azienda ha iniziato un percorso innovativo, investendo su nuovi mercati, dedicando una divisione al multimediale e arrivando a Expo. Qual è la strategia?
La spinta evolutiva non è più la stessa degli anni precedenti e offrire servizi nell'IT produce marginalità sempre più basse. Il nostro gruppo ha iniziato ad interessarsi di allestimenti multimediali e di applicazioni mobili: campi dove l’innovazione viaggia velocemente e dove si prevedono forti investimenti nei prossimi anni. L’Expo di Milano è un'occasione nel quale i budget per le dotazioni di multimedialità dei padiglioni rappresentano una cifra considerevole e rapportabile agli investimenti sostenuti per la realizzazione delle strutture.

E come vi siete organizzati per colpire l’obiettivo-Expo?
Abbiamo iniziato a parlarne tre anni fa strutturando appositamente l’azienda per riuscire ad intercettare un importante mercato in tempi brevi. Abbiamo dialogato con chi contava di partecipare al grande evento, sapendo che edifici molto semplici dovevano riuscire a raccontare al mondo storie molto ricche, con una capacità di rappresentazione al livello di una grande Esposizione. Da consulenti abbiamo cercato di spiegare le opportunità della migliore tecnologia e di anticipare i tempi.

Dopo un confronto con i diversi partner coinvolti nelle costruzioni temporanee per eventi abbiamo attivato il nostro reparto commerciale e quello tecnico. Abbiamo preso Expo alla distanza per portare a casa consulenze e contratti. Abbiamo investito molto anche per progetti senza compenso con l’obiettivo di introdurci nel mercato e presentare la nostra azienda.

Il settore è velocissimo. Solo tre anni fa era un mondo diverso dalla realtà di oggi, no?
Il monitor non è solo uno schermo dove vedere immagini, in poco tempo è diventato un pannello interattivo.

Cws è partner di Nussli Italia, leader nella fornitura di strutture temporanee per eventi, ma l’incarico per il padiglione Vanke (condiviso con Nussli) è stato aggiudicato direttamente società che si occupa di multimedialità. Come?
Grazie ai contatti personali. Abbiamo fatto le installazioni multimediali al museo Juventus di Torino, abbiamo lavorato per Festina, Museo Egizio e Save the Children ed è stato lo studio J&A, team italiano incaricato per il coordinamento, a farci da veicolo per partecipare alla gara per uno dei padiglioni cinese che sarà realizzato per Expo: avevano un’idea magica che doveva essere concretizzata con un prodotto che non c’era sul mercato. E insieme ci siamo riusciti.

In cosa consiste il progetto?
Una foresta di bambu con oltre 200 monitor distribuiti su una superficie di 800 mq. Nella nostra sede di Torino abbiamo sviluppato una soluzione ad hoc facendo dialogare un progettista americano e un cliente cinese.

Che ruolo ha per voi l’architetto?
I progettisti sono spesso i nostri intermediari e i nostri tesori. O ci contattano o li coinvolgiamo noi come alleati. La nostra azienda fa la differenza quando esprimiamo un’idea forte e a quel punto completiamo la filiera: collaboriamo con i progettisti per realizzare qualcosa di costruibile, per gestire l’installazione, per migliorare le performance.

Qual è il valore aggiunto del multimediale in un progetto di architettura?
La multimedialità lavora sulle emozioni, permette di raccontare una storia in pochi minuti e in pochi mq anche quando l’impatto architettonico è minimo.

E i costi?
Se si costruisce un padiglione con una multimedialità spinta si arriva ad incidere su circa il 20-25% del totale. La costruzione fisica resta ancora la parte più corposa dell’investimento. Con la multimedialità si raccontano contenuti complessi costruendo qualcosa a basso costo: per Vanke a fronte di un budget di 6 milioni di euro, la multimedialità, che è il cuore del progetto, si aggira sull’ordine di 1,5 milioni di euro.

Il video del padiglione Vanke
 

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Paola Pierotti
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