Da Hangzhou a Beijing, in Cina l’Unesco promuove le città creative
In preparazione della Conferenza Habitat di Quito, focus sull’innovazione che agisce nelle nuove politiche di sviluppo urbano sostenibile
"La conferenza metterà a confronto esperienze di numerose città creative che hanno già compiuto il salto generazionale dalla prima fase puramente attrattiva dei lavoratori della conoscenza alla seconda fase in cui la città genera creatività, sviluppo economico e un nuovo rapporto pubblico-privato"
L'Unesco ha deciso di entrare in maniera sostanziale nel dibattito sui Sustainable Development Goals che l'Onu discuterà alla terza Conferenza Habitat di Quito nel 2016. In particolare, con la forza del suo Creative Cities Network (69 città in 32 paesi) intende definire come la cultura e creatività delle città, la loro forza identitaria e la loro tensione all'innovazione agiscono nelle nuove politiche di sviluppo urbano sostenibile, sempre più orientate ad un atteggiamento progettuale e non puramente reattivo.
È questo l'obiettivo della International Conference on “Culture for Sustainable Cities” che si terrà ad Hangzhou dal 10 al 12 dicembre e della successiva inaugurazione dell'International Center for Creativity and Sustainable Development a Beijing il 13-14 dicembre. La Cina è oggi un attore importante per proporre un modello di sviluppo fondato su creatività e innovazione, non solo da un punto di vista teorico, ma portando nel dibattito tutto il peso delle sue città da milioni di abitanti, la loro capacità realizzativa e la necessità di sperimentare nuove strade per la sostenibilità che non ne fermino lo sviluppo. Dopo gli anni della crescita tumultuosa che tutto distruggeva, oggi numerose città cinesi fanno parte del network Unesco della WHL o delle città creative, tra cui Hangzhou e Shanghai, e altre stanno sperimentando progetti concreti di integrazione tra l'eredità storica e l'innovazione, spesso aiutando la prima con le risorse generate dalla seconda.
"La conferenza metterà a confronto esperienze di numerose città creative che hanno già compiuto il salto generazionale dalla prima fase puramente attrattiva dei lavoratori della conoscenza alla seconda fase in cui la città genera creatività, sviluppo economico e un nuovo rapporto pubblico-privato, creando le condizioni perché l'economia creativa funga da leva per la rigenerazione urbana, agendo sui fattori vitali delle città, sul capitale identitario e su quello umano, sulla nuova manifattura e sulla formazione: creative fab city le potremmo definire". Così spiega Maurizio Carta, ordinario di urbanistica all'Università di Palermo, che porterà in Cina il contributo europeo spiegando il manifesto per la progettazione della "Creative City 3.0" fondata su 3C: Cultura, Comunicazione e Cooperazione.
Lo scenario della crisi globale e il mutamento delle politiche urbane nell'era della transizione richiede di progettare e gestire nuove città e nuovi cicli di vita più creativi, intelligenti e recipienti, in grado di agire come propulsori di nuove politiche urbane per uscire dalla crisi. "Città che usino in maniera creativa l'energia rinnovabile e i trasporti, che cambino il modo di abitare gli spazi pubblici e che tornino ad essere luoghi di manifatture e non solo di servizi. Città – continua Carta – che agevolino la nuova alleanza tra dimensione digitale e dimensione fisica, tra decisori informati e cittadini attivi".
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