Gli esempi di Lisbona e Marsiglia, e la scintilla delle “capitali europee”
Quale rapporto tra la progettazione della trasformazione dello spazio fisico, e il rinnovato ruolo delle manifestazioni? Quale valenza possono avere i festival o più in generale le iniziative delle città capitali della cultura? Quale relazione tra i programmi di finanziamento e la progettazione culturale e urbanistica? E ancora, come fare del design una leva di successo? Sulla definizione di “luoghi come paesaggi” si è concentrato l’incontro coordinato dal professor Carlo Martino, presidente del corso di laurea magistrale in Design, comunicazione visiva e multimediale della Sapienza di Roma.
«Bisogna guardare al patrimonio culturale come patrimonio evolutivo. Serve riconsiderare il processo, creare un rinnovato rapporto tra memoria e uso, ripensare alle riconnessioni» il commento di Alessandra De Cesaris (professoressa associata in progettazione architettonica della Sapienza di Roma), e Irene Poli (professoressa associata in urbanistica della Sapienza di Roma). La sfida è quella di mettere a sistema le iniziative, cogliere i valori culturali, storici e sociali e di impostare una progettazione che tiene in primaria considerazione il bene pubblico.
Eduardo Santiago Campelo, architetto capo del dipartimento ‘Planeamento territorial’ della Camera Municipal di Lisbona è intervenuto nel dibattito raccontando come la capitale portoghese sia “una città per le persone”. «È una città che ti permette una vita ricca di attività, diversificata. Le Pubbliche amministrazioni devono avere una visione precisa di quello che sarà la città. Lisbona – racconta Campelo – è stata la capitale europea della cultura (nel 1994, e nel 1998 ha ospitato l’Expo, ndr) e diverse iniziative hanno avuto il loro successo nel tempo, anche grazie al fatto che la gestione è nata ed è stata consolidata dal basso».
«Il 2007 è stato un anno importante per un decisivo cambiamento nella politica cittadina, con effetti diretti sull’urbanistica, con la costituzione di un nuovo masterplan della città, che – spiega – doveva rispondere ai vari processi di trasformazione che la città stava subendo. Evoluzioni che avevano come mission creare più lavoro e spingere sull’integrazione».
Investendo nella cultura molte amministrazioni stanno portando avanti porgetti finalizzati a migliorare il tessuto sociale delle città ottenendo anche un ritorno economico grazie al turismo.
Il piano si è attuato capitalizzando e orientando in modo mirato i fondi europei e poi promuovendo la partecipazione di molte associazioni locali e della comunità. «L’obiettivo era investire per ridare i luoghi alle persone che li vivevano».
Nel 2011 fu istituito un ‘local office’ per monitorare l’andamento di questo piano, le azioni del programma e proporre via via nuovi progetti. Le ricadute sono state tante come «l’istituzione di un festival di quartiere per la popolazione locale e ancora fu istituito un giornale fondato dai residenti delle aree interessate in cui si parlava di eventi e di persone».
Gli interventi dentro il tessuto esistente hanno riguardato gli spazi pubblici e le infrastrutture, l’arredo urbano e i comparti residenziali. Le sfide? Ampliare (e diversificare l’offerta) le aree abitate, l’accessibilità e l’efficacia energetica, la sicurezza strutturale e sismica. E ancora, valorizzare il patrimonio culturale come identità. Le persone sono state il motore, la comunità è stata protagonista del cambiamento. «In molte situazioni, togliendo le auto si è ridato lo spazio ai residenti, si sono aperti e curati molti spazi verdi, la maggior parte delle iniziative ha riguardato il tema dell’abitare. Da aggiungere – continua il capo del dipartimento – che le municipalità successive hanno continuato il progetto».
Altra storia e medesimo risultato quella che riguarda Marsiglia, raccontata da Eva Riccio, head of International cooperation Friche la Belle de Mai, messa a fuoco nell’evento organizzato alla Sapienza di Roma ‘Patrimonio culturale e rigenerazione urbana. Luoghi materiali e immateriali tra storia, progetto e racconto’. La narrazione riguarda la riconversione di una delle grandi fabbriche francesi che nel 1940 è stata chiusa, perdendo la sua identità, rinascendo grazie a arte e più in generale alla creatività, con attenzione alle comunità più fragili.
«Dal 1992 al 2006 il panorama era diverso rispetto ad oggi, quando sono stati realizzati nuovi edifici. Nel 2007 Marsiglia è diventata capitale della cultura e questa è stata la scintilla – il commento della Riccio – che ha permesso di far diventare quel luogo un grandissimo centro culturale. Nel 2011 c’è stato un cambio di governance nel 2011 e una società privata ha iniziato a interessarsi degli edifici pubblici della Friche e della loro vitalità. Dal 2013 è iniziata una campagna di costruzione di nuovi spazi e in due anni il lotto è diventato quello che è oggi. A partire dal 2019 la tematica del lavoro ha riacceso i riflettori e richiede nuove iniziative mirate».
Sono 65 le organizzazioni ad oggi insediate e gestite da una società cooperativa che si occupa del management di questo immenso spazio; sono 400 gli artisti che creano qui quotidianamente nuovi modi di lavorare. «Un laboratorio che fa scuola reso possibile grazie a fondi pubblici, alla collaborazione dei lavoratori del quartiere rigenerato e all’attività di management coordinato. Questo collage – contunua la Riccio – è alimentato da altri lavoratori che quotidianamente partecipano progetto. Nel luogo arrivano infatti 450mila visitatori l’anno e sono sempre crescenti gli usi permanenti degli spazi».
Ci troviamo dietro la stazione di Marsiglia, che da sempre è stata una cesura tra nord e sud, con il sud più florido e nel nord la concentrazione della popolazione più povera. «Marsiglia come altre città portuali è nata per il commercio. È stata il primo porto d’Europa ad esportare materie prime. Oggi i poveri sono insediati soprattutto nei quartieri del centro-nord e questo si scontra molto con l’ondata turistica che sta caratterizzando la città francese, anche in conseguenza di un piano di rigenerazione urbana puntuale e innovativo (tra gli esempi quello dei Docks, ndr)». Sviluppo urbano e creatività vengono associate ai temi del lavoro e dell’inclusione sociale, sfide di grande attualità anche nel nostro Paese.
In copertina: Friche la Belle de Mai © lafriche.org
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