06-07-2022 Andrea Nonni 5 minuti

La casa come asset per una città fondata sulla giustizia sociale

Decolla l’Osservatorio casa affordable (Oca) di Milano metropolitana

Sono state pubblicate sul sito di C40 le schede del bando “Reinventing Cities 3”, che mette a disposizione sei aree dismesse a Milano, da destinare a progetti di rigenerazione ambientale e urbana con un focus specifico sulla casa, e da qui il nome “Reinventing Home”.

Legacoop abitanti, con Fondazione Barberini, ha realizzato un prodotto editoriale sul “Next green housing” interrogandosi sul mutualismo abitativo per le sfide ambientali e sociali. Ancora, Nomisma il mese scorso con Crif ha presentato un rapporto sulle famiglie e gli investitori “alla prova di un abitare arricchito”. Sullo sfondo avanza il programma per la qualità dell’Abitare, il cosiddetto Pinqua nonostante qualche difficoltà legate ai partenariati tra pubblico e privato, da quando il cappello del Pnrr impone di seguire il Codice dei contratti e quindi optare per una regia esclusivamente pubblica.

Nella Capitale si sono confrontati sul tema della casa e del patrimonio pubblico i due neo-assessori di Roma e Milano, Tobia Zevi e Pier Francesco Maran confrontandosi su soluzioni e approcci possibili.

La casa come priorità per il Paese. La casa “affordable” come tema che raccoglie gli interessi di molti, del pubblico, del privato, del terzo settore, dell’associazionismo. La casa come infrastruttura sociale sarà anche il tema dell’Osservatorio casa affordable (Oca) di Milano metropolitana, promosso da Ccl – Consorzio cooperative lavoratori, Delta ecopolis in partnership con il Dipartimento di architettura e studi urbani (Dastu) del Politecnico di Milano.

«Milano, mentre si fregia di attrarre capitali, funzioni e persone, è ancora in grado di realizzare la promessa dell’ascensore sociale? Quanto dovrebbero aumentare gli stipendi se i prezzi delle case salgono – secondo stime – del 39% in cinque anni? Qual è uno stipendio “decente” se i valori immobiliari si accompagnano, in una rincorsa cinica, all’aumento dei prezzi di tutto il resto? E, soprattutto, che fine farà chi non ha accesso agli impieghi più remunerativi o è disoccupato?». Questi gli interrogativi. L’osservatorio si propone di monitorare le dinamiche di affordability nella città metropolitana di Milano e dare una restituzione annuale, tramite un rapporto che verrà presentato ogni anno in primavera, grazie all’attività di ricerca condotta dal Dastu, coordinata da Massimo Bricocoli (professore di Politiche urbane e housing e direttore Dastu Politecnico di Milano) e da Marco Peverini (assegnista di ricerca Dastu) in collaborazione con il Mapping and urban data lab (MaudLab) e un comitato interdisciplinare e internazionale. 

«Il divario tra ricchi e poveri aumenta e il ceto medio si vede costretto a essere espulso da tessuti urbani attrattivi. Essendo convinti che una città giusta sia quella in cui convivano case e funzioni per i più abbienti e edifici per i lavoratori di cui la città necessita, riteniamo – afferma Alessandro Maggioni, presidente di Ccl – sia utile avere periodicamente un riscontro oggettivo che, al di là delle narrazioni spesso autoassolutorie, riporti tutti al dato del reale. Per costruire una prospettiva che disegni una città impostata a un’idea concreta di giustizia sociale».

Nella città meneghina l’aumento dei valori immobiliari, riflesso della crescita della rendita urbana, è in buona parte dovuto agli ingenti investimenti effettuati sulla città da attori pubblici e privati: fondi immobiliari, imprese e famiglie che acquistano e sviluppano immobili per investimenti, ma anche persone che modificano il loro progetto di vita attratti dal capoluogo lombardo. Dato confermato dall’assessore Maran, in un recente talk nella Capitale, che spinge perché il tema della casa sia affrontato su scala nazionale, perché se investire in altre città non porta ritorni auspicabili, Milano continuerà ad essere scelta come destinazione primaria, con la conseguenza che le case saranno degli “investimenti” e molti alloggi non saranno allocati. Con la successiva esclusione per ampie fasce di popolazione meno abbiente e di ceto medio.

L’Osservatorio casa affordable parte da alcuni dati: per quanto riguarda gli affitti il livello medio ha raggiunto il costo di circa 240 euro/mq annui, mentre lo stock di alloggi di proprietà di Aler e Comune di Milano offerto a costi bassi si ferma al 10% del totale, diminuito in maniera consistente dopo i piani di vendita. Ma costi abitativi così alti sono ancora più preoccupanti a fronte dei salari medi e della composizione dei redditi, che vede quasi il 60% dei percettori di reddito al di sotto di 26mila euro l’anno e il 35% al di sotto dei 15mila. A ciò, si aggiunge un tasso di disoccupazione pari al 5,8% e un mercato del lavoro segnato da contratti a tempo determinato e da stipendi contenuti per molte fasce di lavoratori, soprattutto nel campo dei servizi. In proporzione alla crescita dei costi abitativi si accompagna l’aumento dei nuclei familiari che cercano casa fuori dal confine comunale, dove risiede (e pendola su base giornaliera) già quasi la metà dei lavoratori milanesi.


A Milano il prezzo delle case continua a salire perchè molti effettuano questo acquisto come un'investimento, una situazione che però rischia di penalizzare i ceti più bassi.


«La cosiddetta “affordability” ovvero il rapporto tra costi abitativi e capacità economica, influenza la qualità della vita e la giustizia sociale e spaziale delle città. Il peso della casa sui redditi degli abitanti indica quanto una città è realmente aperta e accessibile a nuovi cittadini, specialmente a basso e medio reddito. Se il successo di una città si misura attraverso l’aumento dei valori immobiliari – aggiunge Massimo Bricocoli, – questo avviene a scapito di una visione in cui la città è piattaforma aperta per la crescita e il miglioramento personale».

Sullo sfondo la proposta di alcune soluzioni adottate in altre città europee che hanno attivato programmi di contenimento degli affitti e di promozione di un’offerta di alloggi a costi più accessibili per ampie fasce di popolazione, come è stato indagato dalla ricerca di dottorato “How to promote rental housing affordability in European cities?” finanziata da Ccl e condotta da Marco Peverini nel dottorato di Urban planning, design, and policy di Dastu Politecnico di Milano.

Basti pensare alla città di Vienna che vede un aumento di 400mila abitanti in 20 anni, rispetto a circa 100mila di Milano (città che comunque cresce rispetto a tante altre), ma è riuscita a mantenere il livello degli affitti molto più basso. «Affittare presso privati a Vienna costa mediamente circa 120 euro/mq annui (da intendersi spese incluse) – commentano i promotori dell’osservatorio – risultato raggiunto grazie al controllo degli affitti (attivo su circa il 15% dello stock) e a un mix di politiche fondiarie funzionali all’espansione dell’offerta accessibile in affitto permanente – soprattutto edilizia municipale (20% dello stock) e promozione di cooperative indivise (20%) – tale per cui circa il 50% delle case in affitto nella capitale austriaca si attestano su canoni intorno a 90 euro/mq annui».

In copertina: Milano © Simone Daino.

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Andrea Nonni
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