All’assemblea di Assimpredil Ance la richiesta d’aiuto del pubblico. Per i costruttori è urgente un quadro di regole certe
La mancanza di fiducia tra Pa e impresa, la filiera frammentata, la leva fiscale usata strutturalmente solo come strumento per le casse dello Stato, le leggi urbanistiche vetuste, la sottovalutazione della manutenzione del territorio, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, un sistema formativo da aggiornare e il costo del lavoro elevato. Queste le principali fragilità del sistema denunciate dai costruttori lombardi. È però l’emergenza abitativa a tenere banco durante l’assemblea generale di Assimpredil Ance, un’emergenza che ha fatto dire alla presidente Regina De Albertis che Milano «non è più inclusiva».
Che la normativa non sia trasparente e che la burocrazia non agevoli lo sviluppo e l’impresa, è cosa ormai nota,
ma l’allontanamento del ceto medio dalla città capoluogo e un’eccessiva gentrificazione
che supera anche il perimetro delle zone centrali di Milano, è ciò che spaventa di più gli attori in campo. La mancanza di politiche di sostegno alla casa ha aumentato le disuguaglianze, la continua strategia di disinvestimento da parte dei ministeri coinvolti ha fatto in modo che anche quell’impegno congiunto pubblico-privato, tanto auspicato, non abbia mai funzionato troppo bene per la difficoltà degli operatori del settore di produrre piani finanziari sostenibili per investimenti sociali.
Gli scali ferroviari, le nuove linee metropolitane, le Olimpiadi invernali: la città di Milano ha una prospettiva che va avanti per inerzia nonostante lo stallo conseguente alle inchieste della Procura, ma è una visione urbanistica che sembra mancare. «La gestione futura della città sarà fatta attraverso il Pgt, questo il nostro obiettivo», afferma il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, durante il suo intervento. «Abbiamo però la necessità di risolvere immediatamente il “tema casa”, per questo necessitiamo di un piano da 10mila appartamenti e alloggi con affitti tra 40 e 80 euro al metro quadro l’anno», spiega. «È un problema di tutto il Paese perché se le grandi città non creano sviluppo le ricadute si risentono in tutto il tessuto nazionale». A Milano ci sono circa 65mila case, tra Metropolitane Milanesi e Aler, non tutte disponibili perché necessitano di azioni di recupero e di manutenzione.
«Un peccato che il Pnrr in Italia non abbia affrontato la questione casa», precisa Sala.
Un’emergenza che non riguarda solo le fasce di povertà, i dati del Politecnico raccontano che il 60% dei milanesi, guadagna meno di 26mila euro l’anno; la media in città sale a 34mila, ma non basta, a meno che non arrivi in soccorso la famiglia d’origine.
«Da soli non riusciremo a farcela», spiega Guido Bardelli assessore alla Casa al Comune di Milano. «C’è una fascia sociale che non ha più garanzie, parlo dei professori, gli infermieri, i dipendenti pubblici.
Il tema dei salari nel nostro Paese è drammatico. Come già detto dobbiamo coprire il target dei 40/80 euro a metro quadro l’anno in affitto, ma un intervento così ha bisogno di trovare nuove aree pubbliche, allargando il perimetro urbano, altrimenti Milano non sarà più una città per chi lavora», conclude.
Il periodo è complesso, l’ottimismo dei costruttori questa volta è silente. «Oggi la dinamica molto sostenuta degli investimenti, con punte che nemmeno nel dopoguerra avevamo raggiunto, si è esaurita. Lo scenario è difficile. La crescita legata ai bonus edilizi finirà, la questione dei prezzi è legata alle turbolenze geopolitiche, rimane il problema di accesso del credito a costi sostenibili per le famiglie oltre che per le imprese», elenca la presidente De Albertis. «Ritorno a parlare del Salva Milano, perché l’esigenza di questo intervento normativo deve costituire il punto di partenza per poter superare le attuali norme anacronistiche, che hanno compiuto più di 80 anni con la legge urbanistica e 50 con il Decreto sugli standard.
Inoltre, ribadisco che il tema dell’abitare sociale in tutte le sue forme deve tornare al centro dell’agenda delle politiche pubbliche, sia a livello centrale che cittadino.
Il tema del verde poi riveste non solo una grande importanza per gli aspetti ambientali e le positive ricadute sulla qualità dell’aria, ma anche per gli aspetti sociali e di benessere dei cittadini. Gli spazi verdi sono una ricaduta degli interventi di rigenerazione. Rigenerare vuol dire accrescere la vivibilità e la sicurezza. Tutto si può fare, e si deve fare per il bene della città e del territorio, gli interessi però non possono essere contrapposti, se accade le città non crescono, per questo bisogna trovare i punti di condivisione», precisa la presidente.
Un’unità ancora più necessaria con un piano italiano in costruzione in funzione della direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive). «Chiediamo che il piano italiano faccia pianificazione temporale quindi una mappatura degli immobili, dei loro consumi e risorse utili a innescare investimenti. Serve il sostegno pubblico, ma anche incentivi stabili e duraturi con cessione del credito, strutture che gestiscano il partenariato, strumenti finanziari di supporto, sburocratizzazione e la qualificazione delle imprese», spiega De Albertis.
«Tanti temi – dice Paola Deda, direttrice divisione Foreste, Territorio e Abitazioni delle Nazioni Unite – e molti “blocchi”. Cambiano i livelli politici, cambiano le urgenze. L’esempio è il tema dell’housing sociale, tanto necessario per lo sviluppo delle città del futuro, ma non ancora una priorità nell’agenda della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite». È evidente che non esiste una ricetta magica, ma la via del futuro deve essere percorsa da tutti, in contesti sempre più transnazionali. «Con la volontà di tutti i soggetti coinvolti, perché il prossimo traguardo del 2050 deve essere tagliato insieme», conclude.
In copertina: Milan skyline, Italy. ©Aerial Film Studio
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