15-12-2018 Chiara Brivio 4 minuti

Architettiamo la città. L’Ordine di Torino consegna un dossier con le visioni per il 2050

Investire sulle partnership pubblico-private per una città più connessa, sana, giovane e flessibile

Intervenire sulle aree abbandonate è anche una questione estetica.

Architettiamo la città è il nome dell’iniziativa promossa dall’Ordine degli Architetti di Torino in collaborazione con la Fondazione per l’Architettura/Torino che con l’assemblea plenaria (14 dicembre 2018) ha concluso un ciclo di 11 incontri che si sono svolti da giugno a ottobre nelle 8 circoscrizioni. Dal confronto con la cittadinanza sono emersi 6 punti critici dai quali partire per ripensare lo sviluppo futuro del capoluogo piemontese: degrado e cura del territorio, città a misura di studente, mobilità e viabilità del futuro, fiumi, multi-centralità, commercio con particolare attenzione ai mercati. Per rispondere a ciascuno di questi nodi problematici sono state individuate altrettante esperienze internazionali che illustrano come criticità simili a quelle oggi affrontate dalla città di Torino, siano state risolte altrove. Alla base dei tavoli operativi istituiti a partire da queste suggestioni, tre concetti imprescindibili: accessibilità universale, sostenibilità e capacità di attrarre investimenti.

Massimo Giuntoli, presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino, ha spiegato come Architettiamo la città sia stata “l’occasione per conoscer meglio le necessità delle circoscrizioni”. Un’iniziativa istituzionale questa, che non potrà che essere capitalizzata in un’altra campagna informale che gli architetti torinesi stanno portando avanti attraverso incontri di brainstorming.

"L'area del mercato: bisognerebbe avere il coraggio di chiuderla in parte e ricavare degli spazi di aggregazione low cost. Oppure negozi pop up o temporary use, eventaulmente anche usando i container. Quello spazio non può più tornare mercato". "Connessione tra poli universitari". "Ora gli studenti sono una folla". "Gli spazi pubblici come occasione di socialità". Sono questi alcuni dei commenti raccolti dagli Architetti tra i cittadini torinesi, facendosene carico, in considerazione del fatto che è chiaro l'appello: "intervenire sulle aree abbandonate è anche una questione estetica" e ancora "lo sviluppo delle città deve comprendere il verde come luogo di aggregazione sociale".

Numerosi i contributi video giunti da relatori internazionali riguardanti alcune delle 6 parole chiave: per degrado e cura del territorio è intervenuta Hélène Chartier, senior advisor del bando C40 e project manager di Reinveting Cities Project. Per parlare di mobilità e viabilità del futuro è stato invece intervistato Diego Deponte, director di Systematica; di multicentralità ha parlato Kristiaan Borret, Bouwmeester della Capital Region di Bruxelles. Ad illustrare invece processi “illuminati di attrattività del denaro”, come li ha definiti Giuntoli, sono stati proiettati i contributi video di Pierre Joutard, Direttore generale di Lyon Confluence SPL e di Giuseppe Sala, sindaco di Milano.

Il DNA delle operazioni di successo? L’elemento di sinergia tra pubblico e privato che il presidente degli architetti torinesi ha voluto riassumere così: “l’iniziativa pubblica è il motore di quella privata; la volontà politica e la chiarezza delle intenzioni sono spesso l’elemento che spinge il privato ad investire e ad aiutare la riqualificazione di porzioni di territorio”.

Al termine dell’evento è stato consegnato alla Città un dossier contenente alcune proposte di visione sulla Torino del 2050, sviluppato a partire da 4 pilastri: una città più connessa, più sana, più giovane e più flessibile.

“Una nuova riflessione strategica sulla dimensione metropolitana della città, su un asse metropolitano dalle grandi potenzialità” ha dichiarato il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, nel suo intervento alla Nuvola, sottolineando che “se ci fosse la capacità di avanzare lo sguardo in questa direzione – ha continuato – la riflessione e la programmazione urbanistica sulla città di Torino sarebbe all’avanguardia in Italia”.

Anche Giuseppe Capocchin, presidente del Congresso Nazionale Architetti, ha ricordato come “le città siano in competizione tra loro. Vince il luogo dove si creano posti di lavoro e c’è la qualità della vita, che non può prescindere dalla qualità dell’architettura”. Un tema, quello della competizione tra i contesti urbani, sul quale è intervenuto anche il vicesindaco di Torino Guido Montanari, definendola piuttosto una “competizione collaborativa” e ammettendo che, sebbene la città abbia un piano regolatore che risale a 20 anni fa che andrebbe reso più flessibile, sono comunque in atto molti progetti di riqualificazione urbana. “A Torino ci sono 4 milioni di metri quadri da trasformare, per metà di questi ci sono progetti quasi definitivi”, ha precisato Montanari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chiara Brivio
Articoli Correlati
  • Dall’Italia all’Europa: Legacoop Abitanti lancia il suo Piano casa

  • Urbanistica nel caos: slitta il Salva-Milano e stop al Sue

  • Ingegneria, le società si prendono il mercato (ai professionisti solo il 7% degli importi)

  • L’ingegneria italiana vola all’estero: +16% del fatturato nell’ultimo anno