Ruth Schagemann, presidente del Consiglio degli architetti d’Europa
Ad un anno dall'edizione 2021 di Sustainable Places che si è svolta in Italia e che ha visto PPAN tra gli organizzatori dell'evento, ed aspettando quella del 2022 in programma a Nizza dal 6 al 9 settembre, thebrief pubblica l'intervista fatta a Ruth Schagemann, presidente del Consiglio degli architetti d’Europa.
L’Europa ha richiamato il Bauhaus per tracciare una linea condivisa che tiene insieme sostenibilità, inclusività e sperimentazione artistica e architettonica. La sfida sotto la lente della presidente degli architetti europei, cosa può e deve fare il mondo della progettazione e la filiera del costruito, per tradurre i driver in progetti cantierabili?
Il Nuovo Bauhaus europeo (Neb) può davvero contribuire a quel cambio di paradigma che è necessario oggi per procedere con la trasformazione di un ambiente edificato di alta qualità e a sostegno della transizione verso la neutralità climatica. È iniziata una nuova fase storica, perché l’“Europa” si sta esplicitamente prendendo cura dell’ambiente edificato e vissuto come parte integrante di una strategia più ampia sul cambiamento climatico e sulla resilienza. Scaricare a terra le ambizioni del Neb richiederà: una struttura regolatoria abilitante, che delinei target ambiziosi e standard in linea con i valori del Nuovo Bauhaus europeo (legislazione sul procurement pubblico, energia, e ambiente); importanti incentivi finanziari, che spingano il mercato ad alzare l’asticella e ad applicare i principi del Neb, includendo strumenti innovativi che supportino il processo stesso, che a sua volta può portare a dei miglioramenti a livello spaziale; di sensibilizzare la cittadinanza sui valori del Neb e migliorare le competenze dei professionisti del costruito. Abbiamo bisogno di tecnici esperti e di cittadini informati, capaci e desiderosi di co-progettare gli ambienti in cui vivono; promuovere un maggiore scambio di buone pratiche: ne esistono già diversi esempi in tutta Europa. Dobbiamo imparare gli uni dagli altri.
Sustainable Places è un’iniziativa che fa tesoro della ricerca e dei progetti europei e offre uno sguardo sul futuro che sta arrivando. Come si può costruire un ponte tra la ricerca e lo sviluppo? Come si fa a scaricare a terra l’innovazione?
Ci sono vari modi per colmare il divario, quattro esempi di questi potrebbero essere: partecipare ai congressi dove c’è uno scambio di conoscenze. Il Consiglio degli architetti d’Europa (Ace) partecipa a Sustainable Places sin dalla sua prima edizione, nove anni fa. È il luogo perfetto per conoscere le ricerche più all’avanguardia che operano per il futuro dell’ambiente edificato. È un’opportunità unica, visto che è la sola conferenza al mondo che ospita quasi tutti i progetti finanziati dall’Ue, riunendo tutte le loro grandi menti in un unico luogo, e che offre una visione di come costruiremo, come vivremo e come lavoreremo negli anni a venire. Rappresenta inoltre un’opportunità per altri stakeholder di migliorare le loro competenze. Per il futuro, mi auguro che tutti gli attori più importanti anche del mondo del real estate possano essere maggiormente presenti a questa conferenza. Spesso non si è a conoscenza di quello che viene sviluppato con i finanziamenti europei. Ancora una volta, è tutta una questione di apprendere gli uni dagli altri.
Un approccio diverso ai progetti finanziati dall’Ue. I prossimi bandi per questo tipo di iniziative terranno conto delle ambizioni del Neb. Da una parte, speriamo che questo porti ad un miglioramento della qualità dei progetti che l’Unione europea finanzia. Dall’altra, ci auguriamo che possa aiutare nell’implementazione di principi di un’architettura di alta qualità e nel legarli in modo più concreto agli elementi della ricerca.
Disseminare conoscenza innovativa. Il Consiglio degli architetti d’Europa rappresenta 562mila architetti nel Continente, con 43 organizzazioni membre, provenienti da 31 Paesi. Ace è partner di diversi progetti europei e ricopre un ruolo chiave nella disseminazione di conoscenza alla comunità architettonica europea.
Promuovere esempi di buone pratiche attraverso i premi di architettura, come per esempio il recente premio internazionale di architettura Barbara Cappochin. È importante che i nostri colleghi si candidino a questi riconoscimenti, per dimostrare che la ricerca non riguarda solo soluzioni tecniche, ma anche idee innovative per un’architettura low-tech. Per me si tratta di dare forti risposte architettoniche a situazioni complesse.
È fondamentale rinnovare ed estendere il ciclo di vita degli edifici invece di demolirli.
La tassonomia è il nuovo riferimento europeo. Perché questo framework comune potrà fare la differenza?
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita significativa di quelli che vengono definiti investimenti “green” e “sostenibili”. Tuttavia, fino a poco tempo fa, non c’erano principi o metriche in grado di valutare la sostenibilità delle diverse attività economiche.
Il regolamento sulla tassonomia proposto dalla commissione europea stabilisce dei criteri tecnici che definiscono il livello di performance che alcune specifiche attività economiche devono raggiungere per essere considerate “sostenibili”. Così facendo, la tassonomia dovrebbe dare sicurezza agli investitori, aiutare le aziende a diventare più rispettose del clima e indirizzare gli investimenti dove sono maggiormente necessari.
La tassonomia va anche al cuore del nostro lavoro di architetti. I colleghi europei devono essere consapevoli dell’impatto finanziario che le loro attività avranno e hanno la responsabilità di informare i loro clienti. La tassonomia sarà uno dei driver fondamentali nella trasformazione del nostro ambiente edificato.
Il consiglio degli architetti d’Europa rilascerà a breve una pubblicazione dal titolo “Il valore dell’architettura nel contesto della tassonomia europea”, nel quale si spiega come la tassonomia generi opportunità per una progettazione architettonica sostenibile, mappando gli elementi di design alla luce dei criteri esistenti della tassonomia.
Tornando alla ricerca, dal tuo osservatorio, quali sono le urgenze su cui lavorare per rigenerare le nostre città?
Non possiamo elencare qui tutte le sfide che dovremo affrontare collettivamente per rigenerare le nostre città, possiamo però focalizzarci su un aspetto essenziale: la ristrutturazione del nostro patrimonio edilizio.
In Europa, tra l’85% e il 95% degli edifici oggi esistenti sarà ancora presente nel 2050, e la maggior parte di questi sono attualmente inefficienti da un punto di vista energetico. È fondamentale rinnovare ed estendere il ciclo di vita di questi manufatti, invece di demolirli e costruirne di nuovi, in modo da migliorare le loro performance, migliorare la vita degli occupanti, conservare il carbonio che hanno incorporato, e aumentare il loro valore economico, sociale e culturale.
Gli studi di fattibilità andrebbero sempre condotti in modo da esaminare in modo esaustivo il potenziale di ristrutturazione (di ciascun edificio). Se da una parte la demolizione rappresenta la scelta più adeguata in alcuni casi specifici, la conservazione degli edifici, il retrofitting o un nuovo intervento consono (al contesto) dovrebbe sempre essere l’opzione preferenziale.
Sarebbe importante dare maggiore responsabilità e ruolo ai professionisti (attraverso la collaborazione o la formazione di gruppi innovativi) di intraprendere o di avvalersi di ricerche di ampio spettro che riguardano l’ambiente edificato, anche nella fase di elaborazione del brief architettonico, spaziale e di sviluppo, nella fattibilità e nella valutazione post-occupazione. La responsabilizzazione va anche in relazione all’incremento di conoscenza in questo campo. Ecco che le diverse organizzazioni membre di Ace giocano un ruolo chiave nell’offrire corsi di alto livello per la formazione continua dei professionisti, e gli stessi professionisti dovrebbero cogliere la palla al balzo e sfruttare queste opportunità di trasferimento di conoscenze.
Fermo restando il ruolo chiave della progettazione, quale sarà il ruolo dell’industria e della manifattura anche nel rapporto con il più tradizionale mondo delle costruzioni?
Come in altri settori, quello dell’edilizia e delle costruzioni opera largamente dentro un modello di economia lineare di “prendi, fai e getta”, dando per scontato che le risorse siano abbondanti che ne possiamo disporre senza conseguenza alcuna. Ma, ci si inizia a rendere conto che le risorse naturali non sono infinite e di quanto il nostro ambiente sia fragile, e così cresce anche il bisogno urgente di sviluppare modelli economici che siano più sostenibili e rigenerativi, che permettano alle risorse di fluire secondo una modalità circolare dentro l’economia il più a lungo possibile e di evitare la produzione di scarti.
La legislazione corrente si concentra quasi esclusivamente sul consumo di energia degli edifici quando sono attivi. Tuttavia, circa il 10% delle emissioni di gas serra relative all’energia sono riconducibili al “carbonio incorporato” (embodied carbon), che si genera nella produzione dei materiali di costruzione, nel loro trasporto e in tutto il processo costruttivo. Il carbonio incorporato è quasi totalmente non regolato.
È quindi necessaria una più ampia valutazione dell’impatto complessivo degli edifici sull’ambiente in tutto il loro ciclo di vita, che tenga conto anche del carbonio incorporato e di quello “operativo”. Questa è anche un’area di ricerca dove è indispensabile un adeguato, attivo e tempestivo coinvolgimento delle professioni tecniche e dell’architettura in primis. Ciò creerebbe un esempio di business dove i materiali siano riutilizzati o riciclati in modo anche economicamente redditizio, che siano duraturi e resistenti, facili da maneggiare, riparabili e biodegradabili – per esempio materiali che possono essere mantenuti dentro il ciclo economico il più a lungo possibile.
Quali sono quindi le sfide per l’architettura?
L’architettura è essenziale se si vogliono affrontare le sfide che ci troviamo oggi ad affrontare, come il cambiamento climatico e lo sviluppo di un ambiente edificato di alta qualità per il futuro, il diritto ad abitare in case decenti, la transizione verso nuovi stili di vita, di lavoro e di svago e la coesione sociale.
Infine, sta crescendo la consapevolezza che l’architettura e la trasformazione delle città sono fondamentali per rispondere adeguatamente alle nuove necessità e ai cambiamenti. È una finestra di opportunità per promuovere e garantire un futuro migliore a noi come cittadini attraverso l’opera degli architetti.
L’Unione europea ha incorporato queste idee nelle sue azioni strategiche, prima di tutto con l’Omc (Metodo di coordinamento aperto) del gruppo di lavoro sull’architettura di alta qualità e sull’ambiente edificato per tutti. Più recentemente, con l’iniziativa del Nuovo Bauhaus europeo e con le conclusioni del Consiglio europeo su “Cultura, architettura di alta qualità e ambiente edificato come elementi chiave dell’iniziativa del Nuovo Bauhaus europeo” che sono state adottate l’anno scorso. Queste conclusioni riassumono perfettamente il ruolo dell’architettura e degli architetti: l’architettura e l’ambiente edificato sono espressioni della cultura passata e presente, di modi di vivere e di valori. Costituiscono la banca dati del nostro patrimonio culturale del futuro e contribuiscono a dare forma alle nostre società e identità.
L’ambiente edificato è il riflesso di una comunità, e la responsabilità della sua qualità generale è nelle mani sia dei relativi enti pubblici che di altri stakeholder, che operano in sinergia con tutti i cittadini.
È importante garantire che sia lo sviluppo del parco edilizio esistente – attraverso il restauro, la ristrutturazione, il riuso adattivo e la conservazione – sia la creazione di nuovi spazi ed edifici siano di alta qualità.
Gli architetti ricoprono anche un ruolo fondamentale in tutte le fasi di sviluppo di un’architettura e di un abitare sostenibili, e possono quindi contribuire in modo significativo all’interesse pubblico se tengono conto delle diversità territoriali e dei bisogni della società civile.
La cultura, l’architettura di alta qualità e l’ambiente edificato possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite in vari modi. Possono dare un apporto nell’implementazione del Green deal e al suo obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a conseguire la neutralità climatica entro il 2050.
È all’interno di questa struttura che l’architettura e la qualità dell’ambiente edificato diventano degli elementi di interesse generale, una cosa che si riflette anche a livello nazionale, come per esempio nella bozza per la legge sulla Qualità dell’architettura recentemente presentata dal governo spagnolo.
Il ruolo degli architetti è quello di dare forma e di aiutare a consegnare valori ai singoli e alla società tutta – valori di natura economica, sociale, ambientale e culturale –. Gli architetti sono depositari di una serie di capacità di natura pratica e tecnica, atte a sviluppare un brief sia spaziale che costruttivo, e di fornire progetti e soluzioni tecniche in condizioni complesse. Ricoprono anche un ruolo guida nei progetti architettonici, in quanto la loro attività è considerata un “progetto collettivo” dove sono in campo anche altri professionisti, le cui conoscenze devono essere implementate per raggiungere i migliori risultati, come urbanisti, paesaggisti, interior designer, ingegneri, designer e artisti.
Nel ciclo di vita di un progetto, la fase di progettazione costituisce il momento giusto per richiamare tutti gli stakeholder ad un unico tavolo per concordate le migliori strategie da adottare per generare il valore più alto possibile, pianificare un uso ottimale delle risorse e fornire soluzioni durature, sia a breve termine che per le generazioni future, a seconda del tipo di obiettivo.
È indispensabile tenere a mente che le soluzioni “one-size-fits-all”, un approccio unico, e un’attenzione eccessiva agli aspetti economici o tecnici poi non si traducono in risultati di qualità.
Una buona architettura è consapevole della complessità del contesto di ciascun progetto, di ciascun sito e del benessere delle persone che ci vivranno e che lo utilizzeranno. Abbiamo bisogno di una professione forte e abile che possa affrontare queste sfide del futuro.
L'intervista è contenuta nella pubblicazione "Idee e soluzioni per la transizione culturale nel segno delle smart city" che prosegue il dibattito avviato nel corso dell'evento Sustainable Places 2021. Il volume è stato presentato in occasione del Mipim di Cannes nel marzo 2022.
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