A fine anno il Salva Milano, ma nelle casse comunali già a -130 milioni

15-10-2024 Francesca Fradelloni 7 minuti

Dibattito organizzato dagli Architetti, con politici e avvocati. Per il presidente Aldini «non una sanatoria, ma un chiarimento sulle norme esistenti»

A Milano abbiamo 5-6mila interventi su cui l’amministrazione dovrebbe fare la verifica ex post.
Fabio Todarello

Più che Salva Milano, c’è da salvare professionisti, imprese, cittadini e i nostri 20 dipendenti». Apre così l’incontro “Oltre il Salva Milano: urbanistica e rigenerazione in una prospettiva nazionale” organizzato dall’Ordine degli Architetti di Milano nella sede di via Solferino, l’assessore milanese alla Rigenerazione Urbana, Giancarlo Tancredi che oggi a Milano, con il forum sulla rigenerazione urbana presenterà la nuova rotta del Pgt.

Un appuntamento per discutere e riflettere sul testo ancora in esame in parlamento che, chiarisce il presidente dell’Ordine milanese Federico Aldini, «non deve essere visto come una sanatoria, ma come un chiarimento sulle norme esistenti. Non sia un momento utilizzato per introdurre nuove “deviazioni” di carattere politico e urbanistico che invece dovrebbero trovare spazio altrove, in altri strumenti legislativi. In tanti anni, queste norme, che oggi non hanno messo al riparo i professionisti dall’interesse della procura bloccando tutta una filiera, sono state interpretate da tutti gli attori in modo univoco. Per il futuro ci auspichiamo che dopo l’emergenza abbia seguito una revisione di carattere normativo di più ampio raggio, sulla rigenerazione urbana e sulla legge 380, la nostra cassetta degli attrezzi», conclude.

In campo la prospettiva nazionale, ma anche la voce delle istituzioni milanesi. «Ci ritroviamo adesso in una situazione drammatica, ma Milano come sempre va avanti allineandosi alle città più importanti di Europa, è di pochi giorni fa l’inaugurazione della linea 4 della metropolitana», spiega Tancredi. «Come amministrazione siamo sotto 130 milioni, questo si riverbera sui cittadini perché meno entrate nel bilancio del Comune vogliono dire meno servizi per chi vive in città. Questa vicenda spero che acceleri i processi di revisione della normativa urbanistica edilizia nazionale. Come Comune abbiamo il dovere di lavorare sulla visione: con il Pgt daremo il nostro contributo a un’idea di città che prosegue il suo cammino guardando avanti. Tra i vari temi: l’Atlante dei quartieri e le norme morfologiche. Sulle norme, cercheremo di evitare situazioni di discostamenti che attribuiscono alle Commissioni del paesaggio alcune decisioni che non possano entrare in un concetto derogatorio. Dobbiamo essere chiari e redigere regole che diano possibilità ad architetti, imprese e sviluppatori di poter andare avanti. Il lavoro che stiamo cercando di fare è molto articolato perché la città è complessa. Interverremo sui tessuti deboli, le aree ex industriali, ma anche quelle che versano in condizioni di accessibilità inadeguata. Il Piano dei servizi sarà rinforzato con una valenza pianificatoria, sarà integrato dall’Atlante dei quartieri, l’innovazione più importante del Pgt, un grande progetto per la città della prossimità, nuove centralità, nuovi spazi di aggregazione, rivalorizzazione degli immobili comunali, nuove connessioni ciclopedonali, alberature e pavimentazioni, in tutto 19 progetti bandiera faranno grande il Piano», conclude.

Un fronte comune, quello delle istituzioni lombarde, per affrontare il grande nodo dell’edilizia. «Dare coerenza al nostro territorio. La nostra regione è sempre stata eccellenza anche dal punto di vista normativo, basta pensare alla legge sul Consumo di suolo nel 2014 e quella sulla Rigenerazione Urbana nel 2017», spiega Gianluca Comazzi, assessore al Territorio e Sistemi verdi della Regione Lombardia. «Un regione che ha avuto sempre a cuore i territori raggiungendo una riduzione del consumo di suolo del 25%, sempre più vicino all’obiettivo del 30% entro il 2030», chiosa.

Territori e interessi comuni. «Gli ordini professionali non sono associazioni di categoria e tutelano la collettività», interviene Carlotta Penati, presidente Ordine degli Ingegneri di Milano. «Le norme dovrebbero essere strumenti per lavorare meglio, che semplificano, non che complicano. Come ingegnere mi interessano i dati e gli ultimi forniti dal 57esimo rapporto Censis mostrano che nel 2023 c’è stato un aumento del 15% (rispetto all’anno precedente) dei ricorsi presentati al Tar contro i provvedimenti urbanistici, dovuti alla difficoltà di interpretazione delle leggi, la burocrazia, i vizi di forma dei provvedimenti. Il 70% dei Comuni italiani si trova ad affrontare difficoltà davanti alle norme urbanistiche.


Dunque, va benissimo il Salva Milano, ma il coraggio vero è quello che riguarda una riforma organica e strutturata dell’edilizia e dell’urbanistica che arrivi a elaborare dei principi generali e cancelli la stratificazione delle leggi che rendono difficile il lavoro dei tanti professionisti della filiera», conclude.


Presente anche la voce delle imprese e degli imprenditori. Per Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance, bisogna evitare che gli investitori se ne vadano, visto che il 50% dello sviluppo immobiliare della regione è a Milano, ma fare anche in modo che il capoluogo lombardo non diventi una città solo per pochi, ma continui a mantenere viva la sua identità di città inclusiva. «Lo chiamerei “Salva futuro”, perché coinvolge architetti, tecnici, professionisti, imprese e politica che hanno tutti il medesimo obiettivo: far crescere la città. Per farlo e fare in modo di affrontare anche l’emergenza abitativa, come dice lo studio dell’economista Carlo Cottarelli, da noi commissionato insieme ad Aspesi e Assoimmobiliare, servono minori vincoli per favorire la realizzazione di edilizia sociale».


In forza la politica con i deputati Erica MazzettiAlessandro Cattaneo, Lia Quartapelle e Giulia Pastorella. Il Salva Milano sarà discusso alla Camera il 21 ottobre per poi passare al Senato in seconda lettura e si approverà il tutto entro la fine dell’anno.


«Tante pubbliche amministrazioni – spiega Mazzetti, parlamentare dell’VIII Commissione (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) – si stanno fermando perché hanno il terrore che la magistratura possa bloccare i progetti, lasciando anche interi quartieri di città nel degrado. C’è un problema di interpretazione e stratificazione di norme. Noi ci basiamo ancora su leggi vecchie, come detto più volte, quella nazionale del 1942, nel 1977 la Legge Bassanini, nel 2001 l’altro testo fondamentale, il Testo unico dell’edilizia e poi il Titolo V che ha passato le competenze dallo Stato alle Regioni. Oggi quello che dobbiamo fare è un Testo unico delle costruzioni, che metta insieme edilizia, urbanistica e sicurezza nei cantieri e deve essere chiarito il rapporto Stato-Regioni perché ci devono essere delle norme stabilite a livello nazionale, ma garantire allo stesso tempo lo sviluppo dei territori», chiarisce la Mazzetti.

Per gli avvocati Fabio Todarello e Leonardo Salvemini il disegno di legge è necessario che sia modificato, così com’è non va bene. «Spero venga risolto con la serie di emendamenti che sono stati presentati. Questo disegno di legge deve affrontare solo questo nodo e deve porre l’accento su alcuni punti, per i temi più generali servono leggi organiche e non questa», precisa Todarello, riprendendo il punto di Aldini. «Serve una norma transitoria più chiara, perché dire che si risolve il problema degli interventi realizzati o assentiti è solo la risoluzione della prima parte del problema, ma bisogna che sia garantita una soluzione anche per gli interventi che saranno in istruttoria. L’altro punto sono le tempistiche, non va bene quando si dice che questa norma deve riferirsi a un arco temporale inferiore ai sei mesi dopo la conferenza Stato-Regioni, e comunque non superiore a un anno. L’altro tema è la ristrutturazione edilizia, non c’è nulla da spiegare, perché dal punto di vista giuridico non c’è nulla di più chiaro. Ma visto che per la procura è un tema da cavalcare, è bene spiegarlo meglio.


Questa norma deve precisare che la ristrutturazione edilizia si fa in totale discontinuità con il passato, cioè con gli immobili preesistenti senza rispettare tutto ciò che c’era prima perché se la rigenerazione urbana si deve fare, che rigenerazione sia.


Inoltre, sui Piano attuativi: quella norma non può esistere se quelle aree sono già urbanizzate e infrastrutturate. Infine, sono da eliminare le verifiche ex post delle amministrazioni perché non si possono lasciare agli uffici questi oneri se già si è agito attraverso i Pgt. A Milano abbiamo 5-6mila interventi su cui l’amministrazione dovrebbe fare la verifica ex post, una follia», conclude.

E l’interesse che Milano e l’Italia non freni il suo sviluppo è di tutti, come dice più volte Lia Quartapelle. «A patto che vengano superate le disuguaglianze. Questa città nasce come città libera e includente, oggi il rischio è che non sia più così. A noi preoccupa la finanziarizzazione dell’edilizia che abbiamo osservato in questi ultimi anni a Milano. Perché è vero c’è una questione normativa nazionale, ma anche una sociale. Emergono comunque delle istanze dal punto di vista redistributivo. Questo era un luogo che dava a tutti la possibilità di lavorare e vivere, di far emergere talenti e dare la possibilità di un miglioramento di vita. Questa è una discussione, una discussione che però deve essere fatta a tutti i livelli con gli operatori e con i cittadini, con i professionisti e gli studenti perché c’è il tema del futuro della città che deve saper attrarre i migliori e non solo quelli che se la possono permettere», chiarisce la parlamentare.

E di territori ed esperienze comuni raccontano gli interventi degli Ordini di Roma e Genova che rilancia una Conferenza dell’edilizia perché i temi condivisi siano occasione di trasformazioni e di semplificazioni che tutelino i professionisti e garantiscano la qualità del progetto sempre al servizio della collettività.

In copertina: Milan aerial panoramic view, ©saiko3p

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Francesca Fradelloni
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