Tre scuole per Amaa. Alleanza con i colleghi che condividono le battaglie
I concorsi e la ricerca applicata. Teoria, ordine e risultato, prendendosi cura dell’idea
Dieci anni per Amaa, lo studio nato a Venezia nel 2012 a valle della collaborazione tra Marcello Galiotto e Alessandra Rampazzo durante il percorso universitario, e mettendo a frutto la sensibilità personale grazie all’esperienza al fianco di Massimo Carmassi e Sou Fujimoto. Attività professionale accompagnata da un costante lavoro di ricerca e dalla collaborazione con il mondo accademico. Ricerca applicata che ha superato il test del recente concorso Futura per le 212 scuole promosso dal Ministero dell’istruzione.
Consolidata passione per i concorsi che li ha già visti affermarsi in Svizzera, ma soprattutto in Italia. Quattro i concorsi vinti, tutti in itinere: uno è in corso lo sviluppo del progetto definitivo (Roma – Polo Civico Flaminio), mentre gli altri hanno già raggiunto la fase esecutiva e sono pronti per essere costruiti, come nel caso del progetto per il Teatro Verdi di Terni.
Nell’ambito del maxi-concorso per le scuole, Amaa si è candidata in prima fase per 14 iniziative, è passato in seconda fase per 9 e, secondo le graduatorie provvisorie, se ne è aggiudicato tre. «La scelta dei siti risponde alle medesime logiche con cui approcciamo ogni altra selezione in materia di concorsi: in particolare l’attenzione si pone sulla topografia del sito, la sua collocazione geografica, nonché la dimensione dell’intervento. Il controllo del processo – raccontano gli architetti – dalle prime idee progettuali fino alla realizzazione (laddove è possibile) è di primaria importanza nella nostra ricerca architettonica, cerchiamo di evitare pertanto quelle caratteristiche che non riteniamo congrue al nostro procedere, come ad esempio le dimensioni troppo grandi del complesso scolastico. La precisione e le modalità con cui era formulato il programma delle richieste nel disciplinare posto a base di gara ha aggiunto un ulteriore elemento a scrematura nella scelta».
Come vi siete organizzati? Chi ha messo a punto i progetti? «Ai collaboratori di Amaa (Simone Agosta Del Forte, Costanza Favero, Eleonora Folli, Elena Pellizzer) si è unito un gruppo di amici e colleghi con cui condividiamo da anni le “battaglie” sul campo dei concorsi di architettura (Flaim Prünster Architekten, GGA gardini gibertini architetti, Nicola Montini, Mario Azzarello Architetto), oltre all’entusiasmo di alcuni giovani talentuosi (Informal Practice composta da Riccardo Bettini, Francesco Conti, Edoardo Quattrucci, Sarah Gjergo, Alessandro Corasuolo, AACM Atelier Architettura Chinello Morandi, Giona Carlotto con Gabriele Catanzano, Mattia Michieletto, Giacomo Premoli, Blendi Vishkurti, Roberto Zanini) in cui riconosciamo il “noi” degli inizi. Si è trattato – anche se per breve tempo – di un gruppo di ricerca a tutti gli effetti, che operava al ritmo serrato di meeting settimanali basati su temi specifici attraverso cui guardare criticamente e costruttivamente al lavoro di tutti: pur nel dialogo trasversale all’interno del gruppo, ciascun progetto era affidato ad un team specifico. Oltre il lavoro progettuale, come Amaa abbiamo messo a disposizione i nostri contatti, come quelli delle società di ingegneria (Sinergo S.p.A. e Saico s.r.l.), BIM Design Group Sr.l. come supporto tecnico e Framax, con cui spesso collaboriamo per la realizzazione delle immagini render di molti dei nostri progetti. La seconda fase ha visto un ulteriore lavoro intenso sul progetto dei diversi team coinvolti».
Un investimento importante in termini di risorse, «un concorso di tale entità ed importanza costituisce senza dubbio un’occasione unica, per non dire senza precedenti per estensione e per opportunità effettive di realizzazione» il commento dei professionisti. Ecco che «uno studio come il nostro, che fonda parte del suo operato proprio in ambito concorsuale e che in questo settore riconosce la potenzialità di affermazione della propria ricerca ad un livello più ampio (dal 2014 ad oggi abbiamo partecipato a più di 170 concorsi), non poteva esimersi dalla partecipazione. Inoltre, il coordinamento nazionale e la selezione regionale delle commissioni di giudizio ha costituito un valore aggiunto al sistema, in coerenza con le linee guida di un modello educativo proteso verso il futuro, a cui l’architettura deve sottostare nel generare spazi adeguati, al di là delle specifiche influenze locali». Commento che supporta la tesi di Gianluca Peluffo sulla rivincita dei giovani, ma anche quella di Vittorio Grassi sul concorso come strumento di ricerca.
Per Amaa «l’architettura costruita è il risultato di un processo complesso, non unico né lineare, basato sul continuo lavoro critico sulle opzioni progettuali disponibili. Una specifica maniera di lavorare basata sul ruolo primario dell’idea nell’evoluzione del progetto. Il fare, altrettanto importante, ricerca l’equilibrio tra tre momenti del lavoro in architettura: teoria, ordine e risultato. Ognuno di essi – spiegano gli architetti – mantiene l’essenza dell’idea, precisandosi gradualmente fino alla realizzazione. La teoria è sintesi di un background fatto di modelli, riferimenti, parole e contributi provenienti da altre discipline; l’ordine ne è traduzione progettuale inserita nel contesto con la sua storia, la memoria e le stratificazioni. Il momento della costruzione ne dà infine la matericità. La vera sfida sta nel preservare l’essenza dell’idea durante tutto il processo, dai primi schizzi su carta ai disegni esecutivi fino alla realizzazione dell’opera, al risultato finale».
«Pochi elementi, così come pochi materiali, devono, secondo noi, guidare il progetto. È la strategia ad essere di primaria importanza – aggiunge Alessandra Rampazzo – soprattutto nel processo di rivalorizzazione dell’esistente, dalla stanza all’intero comparto urbano. Poche cose, capaci di esprimere la relazione tra l’esistente e la nuova addizione: un rapporto che si fonda sul dettaglio e sulla sensibilità con cui si declina lo spazio del giunto».
Basta scorrere il feed di instagram per capire che i modelli sono uno strumento importante nel processo architettonico di Amaa. «Se il modello costituisce un primo approccio allo studio del sito e alla conoscenza del territorio e della sua morfologia, allo stesso tempo – raccontano gli architetti – pone a diretto contatto con la materia. Il modello è uno strumento efficace che prefigura la realtà in potenza attraverso una tridimensionalità materica. La predilezione per il cemento avvicina Amaa ad un materiale che utilizza anche nelle realizzazioni, consentendo così di apprenderne le modalità costruttive, le proprietà e le potenzialità». Fondamentali, in questo ambito, sono state le conoscenze apprese durante il corso di Renato Rizzi e l’esperienza di Marcello Galiotto presso lo studio di Sou Fujimoto.
«L’esperienza in un territorio altro e lontano, come quello giapponese, ci ha insegnato che è nel guardare oltre che si può fare la differenza: la vera sfida è cercare di spostare questi confini, pur nel rispetto della regola».
Gli architetti di Amaa commentano le criticità del quotidiano della professione come possibile occasione, e credono con determinazione «che vada accorciata quella distanza tra mondo accademico e professionale a cui siamo arrivati oggi. L’una a supporto dell’altra». Sul sistema dei concorsi il bilancio è positivo: «da qualche anno – commenta Galiotto – le occasioni sono più rilevanti (stadi, musei, biblioteche); questo significa che il mondo dell’architettura può beneficiare di importanti occasioni: ne aveva di certo bisogno. Quando abbiamo iniziato nel 2012 c’erano soltanto sporadici bandi seri, per lo più concorsi di idee dall’esito incerto per non dire assente. Ora il livello è più alto e per questo l’organizzazione dello studio deve assecondare le necessità sempre crescenti, anche grazie ad una rete consolidata di consulenti».
In copertina: il Teatro Verdi di Terni © Framax
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