Dal festival Utopian Hours l’appello a interrogarsi su chi sono le prossime generazioni
Non solo masterplan. Non solo placemaking. Serve un mix tra sperimentazione di nuove pratiche con tattiche innovative, regole, aggiornamento delle norme, usi temporanei, ricostruzione dei processi. Nelle città c’è la soluzione, come dice la pubblicazione curata da Paolo Testa e Simone d’Antonio, bisogna mettere a sistema tante competenze come sostiene invece Elena Granata nel suo libro Placemaker e lo ribadiscono i tanti assessori all’urbanistica e i sindaci intervenuti a Torino per Utopian Hours spaziando dalla transizione ecologica con la sfida delle comunità energetiche, alla mobilità, dalla gestione dei dati, al loro uso per il governo del territorio. Le città sono il focus del dibattito acceso al Mercato Centrale e alla Nuvola Lavazza, nel festival promosso da Stratosferica. Attenzione alla governance, alla responsabilità, con ricadute dirette su scuola, commercio, uso degli spazi pubblici, nuove forme di lavoro e rapporto con il real estate.
Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, riprende le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordando che «i comuni sono l’architrave della Repubblica» e raccontando come dall’esperienza diretta «i cittadini cerchino la prossimità delle istituzioni e vedano in modo nebuloso il livello superiore: non si può creare disillusione da parte della comunità nei meandri delle competenze dei diversi livelli istituzionali. Ecco che la figura sintetica del sindaco deve riappropriarsi di una riarticolazione corretta dal punto di vista dell’impianto normativo. Il sindaco lavora per ricomporre, negoziare, attutire». Il riferimento è anche alla “tensione” frequente tra parlamentari e sindaci. «Quante volte l’Anci fa proposte che finiscono nei cassetti dei gruppi parlamentari».
Il sindaco Del Bono ma anche la sindaca di Cuneo Patrizia Manassero raccontano che «al sindaco si chiedono cose che questo non ha per competenza: il sindaco ha deboli possibilità su temi che spaziano tra il sociale e il sanitario, si pensi alle dipendenze e ai fenomeni di disagio sociale. Si aggiunge il tema della sicurezza urbana e ai tanti meccanismi che non competono ai sindaci».
Compito di un sindaco è il saper accompagnare la comunità in un processo di crescita e inclusione, ma le città non le cambiano i primi cittadini, serve pazienza.
Quale città per un’offerta intergenerazionale?
“Il Paese arranca nella pianificazione” dice il sindaco bresciano che è pronto ad ospitare con Bergamo la capitale italiana della cultura nel 2023 «ma per pianificare e progettare non si può fare solo dall’alto. Sarebbe un errore colossale: sperimentare la “democrazia” è una pratica quotidiana e vanno affinati gli strumenti». Se Del Bono parla di democrazia, il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, anche lui ospite di Utopian Hours, rilancia sulla “felicità dei cittadini” mettendo a fuoco ruolo e responsabilità di un sindaco verso i suoi cittadini.
Brescia ha 33 quartieri, un quarto della popolazione che conta 146 nazionalità non elegge il sindaco. Tema che accomuna questa città ad altre italiane, come quella di Prato per fare un esempio tra gli altri. «È una responsabilità e un dovere di tutti la promozione della partecipazione, il coinvolgimento». Del Bono parla di orizzontalità del processo rigenerativo, e del ruolo determinante di queste iniziative: «quando si ha a che fare con questioni prossime, cambia anche la comprensione delle attese, la traduzione dei sogni».
Quando si guida una città non basta tenere la barra dritta, «bisogna sapersi prendere cura dei processi». Processi, parola cara al neoassessore alla pianificazione strategica di Palermo Maurizio Carta ma anche al sindaco di Lecce Salvemini che descrive il profilo del sindaco-tipo come di colui che «ha lo sguardo verso l’orizzonte e i piedi nel fango. Mai perdere di vista il quotidiano, la prossimità che lo individua come interlocutore istituzionale, né la responsabilità che viene assegnata. Bisogna saper accompagnare la comunità in un processo di crescita e inclusione – racconta Salvemini al festival di Torino – serve paziente attesa e coraggio del tempo lungo, le città non le cambiano però i sindaci, serve il coinvolgimento della comunità con comunanza di sintonie, obiettivi e sforzi». Per Salvemini il termometro del successo di un’esperienza amministrativa va misurato sulla «riduzione delle disuguaglianze, sulla formazione della classe dirigente. Amare la propria città e il proprio quartiere è il primo investimento politico per servire il Paese».
Dal primo cittadino di Lecce anche il messaggio chiaro che alle città spetta il compito di «definire con nitidezza le agende del governo nazionale. Non avere un ministro delle aree urbane è un nodo critico per il Comuni – spiega – c’è una questione abitativa enorme (come sollevato anche a Urbanpromo), le città medie hanno troppe poche case rispetto alla domanda. E il 25% dei nuclei familiari, dicono i dati, è sulla soglia di marginalità sociale».
L’appello dei sindaci è per un equilibrio tra interessi pubblici e privati, questa deve essere la bussola. Un tema che ritorna nell’appello degli assessori all’urbanistica che si sono confrontati a Urbanpromo negli stessi giorni sul tema dell’urbanistica pubblica e del rapporto tra Pnrr e pianificazione corrente. «Non basta la somma di interessi privati, la stella polare è l’interesse pubblico che guida quelli privati, e l’equilibrio è proprio nella pianificazione delle città».
La città appartiene a chi se ne prende cura. Questo è il messaggio che parte da Stratosferica, da Torino dove nella sesta edizione di Utopian Hours si provano ad elencare gli ingredienti della città che verrà, al limite delle utopie ma con un forte legame con le persone, le comunità che abitano i luoghi, le prossime generazioni. Come dimostrano l’esperienza di Majora Carter o il progetto Brussels Beer Project.
«Non ci si può rassegnare all’ignoranza, alla semplificazione, al non credere alla cultura come driver determinante. Bisogna trovare forme aggregative che mettano tutto questo a valore». Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo mette a fuoco la sua priorità: i giovani, «è una questione urgente, vanno raccolte le loro esigenze, soddisfatte, bisogna essere capaci di attivare meccanismi con cui costruire la città che verrà. Bisogna far innamorare i giovani della propria città, attivare energie, farli sentire protagonisti del futuro».
I giovani e le prossime generazioni sono il target dei sindaci. E il tema ritorna nei panel e negli speech di Utopian Hours. Si parla di baby gang, di disagio e fragilità, ma anche di sport, di famiglia, di offerta culturale e di servizi legati a sanità, di caro-affitti per gli studenti, di nuove modalità di lavoro (magari senza posto fisso ma con tutte le possibilità per una vita dinamica, grazie a infrastrutture e servizi adeguati), di nomadi digitali, di luoghi della produzione del futuro, di paesaggi da disegnare e progettare.
Non è più tempo di pensare a come sarà la città “post-pandemia”, il new normal è la sintesi di quello che c’era prima e la volontà di scardinare logiche e fragilità che il lockdown ha solo evidenziato. La buona notizia è quella di una nuova stagione di amministratori pubblici locali, giovane e determinata. I loro nomi? A Utopian Hours hanno partecipato tra gli altri: Carlotta Bonvicini, assessore all’ambiente del Comune di Reggio Emilia, Cecilia Del Re, assessore all’urbanistica di Firenze, Tommaso Ferrari, assessore alla transizione ecologica di Verona, Mattia Giorno, assessore alla mobilità di Taranto, Paolo Mazzoleni, assessore all’urbanistica di Torino, Valentina Orioli, assessore alle infrastrutture a Bologna, Emma Taveri, assessore al Turismo a Brindisi, Andrea Bortolomasi, assessore alla cultura di Modena, Massimiliano De Martin, assessore all’urbanistica di Venezia, Andrea Catarci, assessore al decentramento di Roma, Maurizio Carta, assessore alla pianificazione strategica a Palermo, Pier Francesco Maran, assessore alla casa a Milano.
Foto di copertina © Utopian hours
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