L’attivista newyorchese, il 15 ottobre ad Utopian Hours, racconta a thebrief la lotta per la giustizia ambientale
Che rapporto c’è tra appartenenza e benessere? Come si raggiunge l’equilibrio tra tutela ambientale e sviluppo economico?
Il degrado delle grandi città viaggia sempre insieme alla povertà, quindi non si può essere ambientalisti senza lottare per migliorare le condizioni di vita delle classi più disagiate.
A dichiararlo è Majora Carter, ospite il 15 ottobre alle 19.15 della nuova edizione di Utopian Hours organizzata da Stratosferica. Il festival internazionale di city making, in programma alla Centrale Lavazza di Torino fino al 16 ottobre, quest’anno dal titolo “A World of 8 Billion Cities”, proietterà ospiti e pubblico in una nuova visione del futuro urbano.
L’attivismo locale è il motore che muove la Carter e il suo team. «Nessuno dovrebbe lasciare il proprio quartiere per vivere in uno migliore», ha dichiarato. Uno slogan così efficace che il National museum of african american history and culture di Washington ha deciso di scriverlo sulle sue pareti. La sua lotta per la giustizia ambientale nel South Bronx ha evidenziato come i quartieri abitati da gruppi di minoranza siano maggiormente colpiti da un'errata politica urbana. Majora, capo della sua società di consulenza per lo sviluppo immobiliare e la rivitalizzazione urbana, che si è concentrata sulle strategie “talent-stickiness” nelle comunità e nelle aziende, è una guru convinta che il futuro del verde sia questione di appartenenza: il pianeta si salva partendo dalla cittadinanza. «Abbiamo decenni alle spalle di politiche urbane fallite, sia qui in America che altrove», precisa. «I risultati sono evidenti nelle quantità sempre crescenti di soldi governativi e filantropici spesi nei quartieri, mentre la stagnazione economica continua. Una parte degli sviluppatori del bene immobile continuerà a guadagnare, senza prendere in considerazione le decisioni politiche. La concentrazione delle ricchezze in un numero sempre minore di aziende, la sempre maggiore consistenza di una classe di affittuari senza terra e proprietà, non fa che aumentare le differenze».
Lasciare scorrere il mercato senza “ragionamenti” politici, non aiutata a migliorare le cose. «Quando le persone possiedono le loro case, trattano le aree circostanti in modo molto diverso rispetto a quanto fa una holding più grande con poco o nessun collegamento con la comunità», spiega. «I legame con i luoghi è una leva molto più forte della partecipazione democratica, mette in moto un’energia più potente e risolutiva». In entrambi i casi, l'infrastruttura lifestyle è il principale motore. «Se un lavoro non ti permette di vivere in un modo che soddisfi le tue esigenze e offra spazio per crescere, una paga più alta non ti terrà lì a lungo. Allo stesso modo, l'affitto più economico non compenserà le carenze di un ambiente brutto con poche opportunità di connessione sociale, se hai i mezzi, fuggirai in una zona che soddisfa le tue aspirazioni di stile di vita. Alle persone piace avere spazi puliti e di alta qualità dove poter relazionarsi». Anche i giovani vengono coinvolti nella co-progettazione delle città del futuro. «Spesso prevale l’idea che abbiamo bisogno solo di formazione, diventare forza lavoro, ma non è così». Inoltre, la Carter nella sua azienda è stata anche in grado di creare ponti e connessioni tra i pionieri del settore tecnologico e comunità diverse a tutti i livelli. In alcuni dei suoi progetti, come Bronxlandia, è emerso il ruolo della cultura che produce valore in economia. Da qui è nata anche la misurazione dell’impatto e la modalità di come costruire modelli di business virtuosi.
I giovani hanno meno obblighi e più energia che in qualsiasi momento della loro vita, è per questo che si spende di più in alcol e musica a quell'età. Ma stanno anche stabilendo modelli di spesa geografici che rimangono con loro e supportano le imprese locali durante questo periodo di vita. «Ecco perché è importante aiutarli a vedere le loro comunità in una luce positiva, come qualcosa di desiderabile. Il Bronx, per esempio, è la parte più giovane di New York dal punto di vista demografico. Tra dieci anni avrà un mercato ancora più grande e dobbiamo catturare la loro spesa nell'economia locale il più possibile in modo che gli individui più di successo rimangano in loco e accrescano l'economia locale», conclude Mayora Carter.
Foto di copertina © majoracartergroup.com/photos.html
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