Cooperative di abitanti: persone al centro e modelli europei di riferimento
Le novità legislative come traino per legare la componente “social” con quella “ambientale”
L’entrata in vigore del nuovo Dl energia 17/2022 sul contenimento dei costi dell’elettricità e del gas naturale, per lo sviluppo delle rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali è andato ad impattare anche sul comparto delle costruzioni. L’articolo 28, nello specifico, riguarda le società cooperative edilizie definendole come quelle che «hanno come scopo mutualistico e come oggetto sociale principale la realizzazione e l’assegnazione ai soci di alloggi in proprietà, in godimento ovvero in locazione, nonché in via accessoria o strumentale, attività o servizi, anche di interesse collettivo svolti secondo i principi della mutualità senza fini di speculazione privata, a favore dei soci, dei loro familiari nonché di soggetti terzi, connessi direttamente all’oggetto sociale principale».
Questo aggiornamento legislativo è stato il fulcro dell’evento Forme in movimento che si è svolto lo scorso 8 luglio a Roma organizzato da Legacoop abitanti ed in cui diversi esperti si sono confrontati, portando all’attenzione anche esempi di grandi realtà europee.
Quello delle cooperative di abitanti è un mondo in evoluzione che è anche stato protagonista del recente festival dell’housing sociale che si è svolto a giugno ad Helsinki, al quale hanno preso parte più di mille attori dell’alloggio pubblico, sociale, privato, ricercatori e città. Nella capitale finlandese è stato ribadito come l’abitare, e l’accesso democratico alla casa, sia davvero il perno essenziale di una civiltà moderna e di uno sviluppo economico dei centri urbani, contribuendo alla riduzione delle disuguaglianze interne. Legacoop abitanti ha acceso i riflettori in questi giorni su due temi, quello della transizione ecologica attraverso la pubblicazione del volume next green housing – Il mutualismo abitativo per le sfide ambientali e sociali e raccontando il traguardo ottenuto attraverso il Dl energia.
Facendo i conti con un mercato con prezzi in costante crescita, come certificato dall’ultimo rapporto Nomisma, le forme alternative di abitare diventano fondamentali per garantire l’accesso alla casa ad una comunità sempre più variegata.
Rossana Zaccaria, presidente Legacoop abitanti, ha raccontato: «Ci sono molti centri in Europa che stanno rappresentando un trend di sviluppo, anche culturale, di grande rilievo ed hanno scelto proprio la cooperazione come soggetto in grado di svolgere e realizzare questa offerta abitativa».
L'Italia, rispetto ai paesi scandinavi e a quelli dell'Europa orientale, risulta ancora indietro nello sviluppo e nella diffusione delle cooperative di abitanti.
Tra gli esempi citati quelli della città svizzera di Zurigo, dove nel 2011 si è tenuto un referendum con la cittadinanza che ha votato per portare la percentuale di alloggi senza scopo di lucro al 33% entro il 2050. Sulla base di quel pronunciamento larga parte di questa offerta è portata a termine proprio dalle cooperative di abitanti che hanno costruito migliaia di abitazioni con progetti molto innovativi.
A Vienna invece il 20% dello stock di residenze cosiddette sociali sono realizzate da queste associazioni, mentre a Lisbona un piano dedicato stabilisce che nei prossimi anni, per incrementare l’offerta di case pubbliche per i giovani, le costruzioni saranno completamente curate da cooperative di abitanti esistenti e nuove con l’idea anche di «gemmare nuova aggregazione».
In merito al Dl, la Zaccaria ha poi aggiunto che: «la modifica alla normativa si inserisce in una fase, come quella attuale, nella quale coesistono elementi di disgregazione e di precarietà sociale. In questo contesto il co-housing piuttosto che il co-living, più in generale il concetto di mutualità e quindi anche quello di partecipazione, è in continua evoluzione e ha bisogno di non essere compresso in una regolamentazione troppo stringente».
Il contesto internazionale è stato al centro dell’intervento di Alice Pittini, responsabile dell’Osservatorio europeo sul social housing, che ha analizzato le politiche degli altri stati; in particolare raccontando quelle forme di cooperazione o associazionismo che hanno una qualche incidenza sul mondo dell’housing e su quei processi di innovazione tramite lo scambio di buone pratiche e il coinvolgimento in progetti comunitari attinenti alla riqualificazione energetica.
Secondo i dati diffusi, attualmente, ad Housing Europe sono affiliate circa 20mila cooperative di abitanti che gestiscono 6,8 milioni di alloggi; i paesi dove queste sono più diffuse sono quelli nordici, Svezia e Norvegia, e la Repubblica Ceca, con l’Italia ancora su livelli molto bassi. «Quando si parla di cooperazione di abitanti in Europa – precisa Pittini – si fa riferimento a modelli che sono molto diversi tra loro sia per quanto riguarda le forme di gestione sia anche in forme di godimento degli alloggi. Si va da paesi come la Germania dove si può fare un parallelo con quella che è la proprietà indivisa in Italia, ad altri paesi come quelli nordici o dell’Europa dell’est dove invece si tratta di cooperative che operano soprattutto per la vendita e quindi la proprietà individuale». In merito alla situazione dell’abitare in Europa spesso si parla di crisi, una teoria in parte suffragata dai fatti visto che si fa sempre più pressante la necessità di aumentare l’offerta degli alloggi a vantaggio di ceti medi puntando su soluzioni che spaziano da housing first all’affordable housing. In questo contesto, emerge quindi la necessità di pratiche più collaborative, l’opportunità di dare valore aggiunto al settore associativo offrendo nuovo impulso alla cooperazione di abitanti a livello europeo. «Il quadro normativo esistente – conclude Pittini – può fare davvero la differenza ma in molti paesi europei non è ancora adeguato a sostenere tutte le nuove sfide».
Matteo Robiglio, docente di progettazione architettonica e urbana presso il dipartimento architettura e design del Politecnico di Torino, invece ha presentato alcuni modelli alternativi di cooperazione abitativa partendo dal concetto di comunità e mettendo la persona al centro del progetto perché: «Sono i cittadini che dovrebbero scegliere dove abitare e come, quindi farsi costruire le case non viceversa». Tra i casi illustrati quello del co-housing Rossini di Torino, dove una cooperativa di abitanti ha realizzato gli alloggi tramite un intervento di sostituzione edilizia attraverso un «processo di co-design, personalizzazione e appropriazione che ha permesso alla comunità di formarsi ancora prima di andare a vivere lì». Nell’esempio in esame si è cercato di realizzare modelli e spazi abitativi diversi perché «esiste una grande domanda che non incontra un’offerta adeguata. Facendo come a Torino non si riceve una casa ma si costruisce. Si è parte integrante di un processo più complesso».
Tra i vantaggi che si possono ottenere tramite la valorizzazione delle cooperative di abitanti anche la rigenerazione urbana, una riduzione dei consumi ed un sostegno all’economia circolare. Inoltre, conclude Robiglio, «attraverso questo processo si può gestire non solo la transizione tra generazioni ma anche il tema del dopo di noi».
In copertina: render co-housing Borgo Rossini Torino © Homers
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