A Francis Kéré il premio Pritzker: è la prima volta per l’Africa
Assegnato al progettista burkinabé il Nobel per l’architettura. Un design minimo guidato da giustizia e impegno sociale
Dopo la medaglia d’oro Riba a David Adjaye nel 2021 e la nomina di Lesley Lokko alla curatela della prossima Biennale di Architettura di Venezia, l’Africa viene per la prima volta premiata con il più alto riconoscimento nel mondo della progettazione: il premio Pritzker. È infatti Diébédo Francis Kéré, architetto burkinabé classe 1965, dal 1985 di stanza a Berlino, ad essere stato insignito quest’anno del ‘Nobel’ per l’architettura.
Una nomina la sua che premia un’architettura “minima”, ma dall’alto valore sociale, profondamente radicata nel contesto e che da sempre mira a migliorare le condizioni di vita e trasformare le comunità, anche le più povere, attraverso questa disciplina.
Come si legge nella nota diramata dalla Fondazione Hyatt, che assegna il riconoscimento ogni anno, “con la sua dedizione alla giustizia e all’impegno sociale, e attraverso un sapiente uso dei materiali locali per adattarsi e rispondere alle condizioni climatiche naturali, Kéré lavora in Paesi marginalizzati, pieni di vincoli e avversità, dove architettura e infrastrutture sono assenti”.
Il suo corpus di opere mostra la potenza della materialità e il suo radicamento.
Cresciuto nel piccolo villaggio di Gando, dove “non c’erano asili, ma dove tutto il villaggio era il nostro parco giochi”, e trasferitosi a Berlino all’età di 20 anni con una borsa di studio per diventare falegname, ma dove poi si è laureato nel 2004 in architettura, Kéré ha saputo nel tempo integrare nella sua formazione e nel suo lavoro elementi della sua biografia con quelli della tradizione costruttiva del Burkina. Una progettazione concreta quindi, radicata nelle caratteristiche del territorio, atta a migliorare la vita per esempio dei bambini attraverso l’istruzione: “Una buona architettura in Burkina Faso – continua il progettista – è una classe in cui puoi rimanere seduto, dove la luce viene filtrata ed entra dalla direzione da dove può essere più utile, per esempio di fronte a una lavagna o su un banco. Come puoi mitigare il calore del sole, ma allo stesso tempo usare la luce a tuo beneficio? Creando delle condizioni climatiche che diano vita a un confort, anche minimo, per permettere un vero insegnamento, un vero apprendimento e un vero entusiasmo”.
Ed è infatti proprio il progetto per la scuola primaria del suo villaggio a gettare le basi della sua filosofia architettonica, con l’uso della luce e dei materiali come la creta per rispondere all’intenso caldo africano, e che nel 2004 ha ricevuto il premio Aga Khan per l’architettura. Molto attivo in Africa, Kéré ha tuttavia lavorato anche in Europa e negli Stati Uniti, per esempio con il Serpetine Pavilion del 2017 a Londra e lo Xylem at Tippet Rise Art Centre in Montana, negli Usa. Tra le altre sue opere più importanti si citano la Benga Riverside School del 2018, a Tete, in Mozambico, il Centre for Health and Social Welfare a Laongo, in Burkina, del 2014, lo Startup Lion Campus di Turkana, in Kenya, completato nel 2021 che raccoglie startup nel campo dell’informazione e della comunicazione tecnologica, oltre al Burkina Institute of Technology e al Parco nazionale del Mali (2010). Tra i suoi progetti più ambiziosi, l’edificio per l’Assemblea nazionale del Burkina Faso, nella capitale Ouagadougou, rimasto incompiuto a causa dei disordini del 2014, e quello per l’Assemblea nazionale del Benin, attualmente in costruzione.
Come si legge ancora nella nota diramata dalla giuria del Pritzker, presieduta da Alejandro Aravena, Kéré “sa, da dentro, che l’architettura non riguarda un oggetto, ma un obiettivo; non un prodotto, ma un processo. Il suo corpus di opere mostra la potenza della materialità e il suo radicamento. I suoi edifici, costruiti per e con le comunità, appartengono a loro sin dall’inizio – nella loro realizzazione, nei materiali, nei programmi e nei loro elementi unici”.
In copertina: Burkina Faso National Assembly ©Kéré Architecture
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