20-12-2021 Paola Pierotti 7 minuti

Buone nuove: la mappa delle donne dell’architettura internazionale

Oltre cento volti. Al Maxxi una mostra-ricerca che colleziona storie, progetti e visioni

Le donne in architettura ci sono. Sono partner di grandi studi, colonne portanti di collettivi, o leader, tanto quanto gli uomini: la presenza femminile nell’universo del progetto coincide con una serie di cambiamenti epocali nel rapporto tra architettura e società, tra comunità e spazio. E la nuova mostra “Buone nuove. Donne in architettura” curata da Pippo Ciorra, Elena Motisi ed Elena Tinacci, con un allestimento al femminile progettato da Matilde Cassani, al Maxxi di Roma fino all’11 settembre 2022, propone un inedito racconto, un punto di vista, un saper fare al femminile, tra narrazioni, pratiche e visioni. Una mostra che si apre a pochi giorni dalla nomina della curatrice della prossima Biennale di Venezia: una donna e un architetto, Lesley Lokko.

Una serie di tavoli apparecchiati mette in mostra la ricerca, e punta molto sui volti e le storie (con disegni, libri, modellini e video-interviste al contorno). In tutto sono un centinaio le donne-architetto, raggruppate non in senso cronologico o geografico ma per capitoli tematici: le “prime donne”, la “mise en schene”, la “città delle donne”, “lady managers”, i “nomadismi”, i “duetti”, le “voci” e le “tracce”. 

Ma chi sono state le reali game changers nell’ambito della professione e della disciplina al femminile? Zaha Hadid è stata senz’altro una figura iconica e dirompente, prima architetta a ricevere nel 2004 il prestigioso Pritzker Prize. Prima di lei Signe Hornborg, prima donna al mondo a laurearsi in architettura, a Helsinki nel 1890, ma anche Norma Merrick Sklarek, definita la Rosa Parks dell’architettura, prima afroamericana ad avere accesso alla professione nel 1954. Tra le altre Margarette Shutte-Lihotzky prima donna austriaca a svolgere l’attività professionale, impegnata sul tema della condizione della donna attraverso l’architettura (ad esempio anche applicando i criteri di ottimizzazione del lavoro in fabbrica, analizzando l’attività delle casalinghe all’interno delle cucine per rilevare lo spreco di tempo ed energie). Si chiama Marion Mahony Griffin la prima architetta dell’Illinois che a Chicago aveva incontrato Frank Lloyd Wright e per lui aveva lavorato 15 anni contribuendo alla sua iniziale notorietà (firmando anche i suoi celebri acquerelli); dal 1914, trasferita in Australia con il marito, ha lavorato invece alla costruzione della città di Canberra dopo essersi aggiudicati nel 1911 il concorso per la pianificazione della capitale di nuova fondazione. Tra le altre, spicca la storia di Lotte Stamb-Beese (1903-1988) che ha studiato al Bauhaus, si è specializzata in pianificazione urbana e si è occupata della ricostruzione di Rotterdam dopo la Seconda guerra mondiale.


Attraverso una narrazione storica e un’ampia panoramica sulla situazione internazionale attuale, la mostra del Maxxi racconta l’evoluzione del mestiere di architetto nell’ultimo secolo, con il superamento dello stereotipo del grande maestro, “capo indiscusso dello studio”, a favore di una nuova geografia della professione in cui la presenza femminile si fa sempre più forte e autorevole.


Un’area della mostra è dedicata alle pratiche internazionali e le protagoniste sono Benedetta Tagliabue, Jeanne Gangle Grafton Architects, Dorte Mandrup, Lu Wenyu, Lina Ghotmeh, Assemble, Anupama Kundoo, Mariam Kamaraa, Elizabeth Diller e Kazuyo Sejima. Sul rapporto tra manualità artigianale e consapevolezza tecnologica, sulle contaminazioni con l’arte, sul confronto con i temi sociali e ambientali, queste professioniste sono una selezione rappresentativa, secondo i curatori, dei tanti modi diversi e tutti unici di interpretare la professione. 

Tante le italiane tra le Buone nuove. Si va da Alessandra Cianchetta, classe 1971, “un caso esemplare della generazione Erasmus” che nel 2003 ha co-fondato AWP France, per poi spostarsi a Londra, impegnata “in un’attività nomadica e transcontinentale tipica della sua generazione”, a Lauretta Vinciarelli (1943-2011), “parte di un gruppo di pioniere che lasciarono l’Italia attratte dalla vitalità intellettuale e accademica di New York anni ’70”. Stefania Filo Spaziale (1905-1988) è tra le prime donne laureate in architettura in Italia, affermandosi come capace interprete del Movimento Moderno partenopeo. 

Oltre a grandi nomi della storia recente come Gae Aulenti (1927-2012) piuttosto che Paola Viganò, tra le altre c’è Laura Thermes che con Franco Purini ha costituito una delle coppie più longeve dell’architettura italiana, Sandy Attia partner dello studio Modus Architects o Maria Claudia Clemente, socia di Labics. Tra le “pioniere” italiane c’è anche la paesaggista Maria Teresa Parpagliolo. Tra le tante, Anna Ferrieri Castelli (1918-2006) diventata la co-fondatrice della Kartell con il marito ingegnere chimico Guido Castelli, le milanesi Franga Helg, Cini Boeri e Nanda Vigo queste ultime mancate entrambe nel 2020, e la romana Pia Pascalino, classe 1946, ma anche Maria Giuseppina Grasso Cannizzo “presenza unica e preziosa nell’architettura italiana” e Elisabetta Terragni, classe 1961. E ancora, Susanna Nobili, Carmen Andriani Egle Renata Trincanato

Tornando indietro negli anni si menziona Zenaide Zanini (1926-2010) che presso lo studio di Riccardo Morandi conobbe l’ingegner Sergio Musmeci con il quale ha diviso la vita privata e professionale, “di carattere forte e sicuro, si occupa di dirigere l’attività e il personale dello studio, senza tuttavia tralasciare l’attività professionale”. Vittoria Calzolari (1924-2017) è stata assessore al centro storico di Rona nella prima giunta Argan e nella prima giunta Petroselli. Da Verona al Piemonte, Ada Bursi (1906-1996) è stata assunta nell’ufficio tecnico dei lavori pubblici di Torino e ha dedicato 40 anni di carriera ai temi dell’edilizia popolare, degli edifici scolastici e religiosi. Elena Luzzato Valentini (1900-1983) era stata invece la prima donna italiana a laurearsi presso la Regia Scuola Superiore di architettura di Roma, pioniera del Razionalismo italiano, ha lavorato nell’ufficio tecnico del Governatorato, avendo così l’occasione di partecipare alla progettazione di edifici pubblici come scuole, mercati e cimiteri. 

Tra le più giovani Francesca Torzo, classe 1975, Lina Malfona e Matilde Cassani entrambe classe 1980.

Aprendo lo sguardo a scala internazionale, non mancano le icone del design modernista come Charlotte Perriand e Eileen Gray. Ma anche, Ada Louise Huxtable, inventrice negli anni ‘60 della critica di architettura con la sua rubrica sul New York Times e vincitrice nel 1970 del Premio Pulitzer. Tra le architette più note Carme PinòsOdile DecqFrancine Houbenpartner dello studio Mecanoo.

C’è stato un tempo, nella storia degli ultimi cento anni, in cui le donne sono state “respinte” dai ruoli di leadership professionale e spronate verso attività di teoria, informazione e didattica. Ecco che in questi campi le loro voci hanno prodotti libri, lezioni e programmi culturali, sono state fondamentale strumento di critica e propaganda. Tra loro c’è Vanda (Gabriella Bassanini, Sandra Bonfiglioli, Marisa Bressan e Ida Farè) che si è posta l’obiettivo di studiare il pensiero e l’opera delle donne in architettura, nel design e nell’urbanistica, producendo lavori di ricerca e tesi di laurea. E ancora dall’estero Matrix che negli anni ’80 è stato uno dei primi gruppi di architettura nel Regno Unito ad assumere una posizione apertamente femminista nei lavori e progetti (uno dei primi progetti è il libro “Women And the Man Made Environment”). 

Un altro livello narrativo della mostra è popolato dai volti e dalle voci di importanti personaggi del mondo dell'architettura, di quello accademico e della ricerca. Sono dodici le interviste, realizzate dal collettivo Mies.TV, a testimoni come Phyllis Lambert, studiose come Sylvia Lavin, Beatriz Colomina, Maristella Casciato, Mary McLeod, curatrici come Paola Antonelli e Mariana Pestana e giovani progettiste come Liz Ogbu o Marwa Al-Sabouni, responsabili di istituzioni e di riviste come Giovanna Borasi, Martha Thorne e Manon Mollard.

In copertina: storie dalla mostra "Buone Nuove" del Maxxi, Toshiko Mori

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Paola Pierotti
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