Camere, suite, servizi di lusso per il relax. Relazione stretta con il paesaggio, anche con un “biolago”
Da sempre i monasteri rappresentano, nella loro austerità e rigore, luoghi di meditazione, preghiera e riflessione. Ma sono anche simbolo di vita comunitaria e, a volte, di ospitalità per viandanti e viaggiatori. Oggi alcune di questi antichi siti sono oggetti di intervento e restyling – si pensi all’Indigo Hotel di Venezia, firmato Thdp, ricavato da un convento degli anni ‘30, o l’iconico Four Season di Milano, situato in una struttura religiosa risalente al XV secolo e oggetto di un recente intervento di restyling opera di Patricia Urquiola – per essere trasformati in moderni spazi di relax e di convivialità, anche se meno spartani e più adatti alle necessità degli ospiti contemporanei.
Ed è questo anche il caso del monastero di clausura delle Serve di Maria Addolorata ad Arco di Trento, sulla punta Nord del Lago di Garda, edificato nel Seicento e oggi diventato l’hotel Monastero Arx Vivendi. Un intervento di recupero e di restauro firmato dallo studio altoatesino noa* network of architecture – protagonista in questi giorni al FuoriSalone di Milano con l’installazione Transsensorial Gateway, realizzata per la mostra Creative Connections e dedicata al rapporto tra l’architettura e le persone – e portato avanti in collaborazione con la Sovrintendenza di Trento, che ha visto i progettisti dello studio impegnati nella conversione a struttura alberghiera della parte sud dell’edificio, oltre alla realizzazione di una nuova area spa e wellness di 500 mq ricavata nel giardino. Quaranta le camere, delle quali 2 sono suite, per un progetto che rispetta la tipologia architettonica e la struttura del sito originario e che trova ispirazione, nella scelta dei materiali e nella composizione soprattutto dei nuovi spazi esterni, dal contesto agricolo e rurale del Lago di Garda.
Tre i livelli sui quali si articolano gli spazi, con al piano terra le aree pubbliche dell’hotel – la reception, la sala colazione e lettura, il bar e una cucina –, oltre ad una delle suite.
Al primo piano, se le anguste celle delle monache sono state unite per arrivare a metrature che vanno tra i 22 e i 30 mq, sono state invece mantenute le antiche porte in legno che si affacciano sul corridoio centrale lungo 50 metri. Anche al secondo piano, dove i progettisti hanno deciso di mantenere e restaurare le capriate originali, sono state ricavate altre due file di stanze, con un lucernario a illuminare gli spazi lungo tutta la copertura.
Il rispetto e il recupero del preesistente ha caratterizzato il design d’interni, come spiega Niccolò Panzan, architetto dello studio noa*, «il design si è adattato agli austeri spazi monastici con soluzioni su misura, senza rinunciare a comfort, funzionalità e a un'estetica contemporanea». I colori storici del monastero, il grigio e il nero, il rivestimento originale in cotto, soluzioni materiche che evocano il rigore delle regole monastiche, arredi realizzati artigianalmente e su misura: queste le scelte attuate dagli architetti anche per gli interni.
Spazio all’uso del vetro e di strutture metalliche leggere per l’area wellness, come spiega Francesco Padovan, progettista di noa*, «Nel disegno di quest’area – spiega – abbiamo cercato di relazionarci non tanto con il monastero, troppo “importante” come riferimento architettonico, quando con il paesaggio agricolo circostante». All’interno di questa parte dell’hotel, oltre alle sale trattamenti, relax e alle saune, anche un “biolago”.
In copertina: il Monastero Arx Vivendi, Noa*. Ph. ©Andrea Dal Negro
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