Arte, design e tradizioni, quanto l’economia della bellezza contribuisce al Pil
La Banca Ifis ha misurato il nostro patrimonio culturale. Il made in Italy design-driven vale 682 miliardi di ricavi
Quasi due anni di pandemia con lockdown a intermittenza, zone rosse, gialle e bianche. Abbiamo spento le luci di teatri, cinema, auditorium. Musei e siti archeologici off limits. Il Covid ha cancellato una parte del nostro tessuto culturale, ha spazzato via posti di lavoro e spento la creatività. Eppure, questo è un settore che brilla, illumina la scena della nostra economia. E oggi c’è qualcuno che lo ha pure misurato. La Banca Ifis, con uno studio accurato, ha calcolato quanto è il contributo della bellezza italiana al Pil. È pari al 17,2%. Secondo i dati e i tanti numeri raccolti dall’istituto bancario, la bellezza ha una sua economia, che con dei calcoli precisi si può pure “pesare”.
La ricerca ha l’obiettivo di quantificare scientificamente la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, architettonico, enograstronomico, naturalistico e di tradizioni. Insomma, il nostro humus.
«La ricerca realizzata dal nostro ufficio studi, che ha coinvolto importanti rappresentanti dell’ecosistema italiano della bellezza, evidenzia la ricchezza del nostro patrimonio non solo culturale e paesaggistico ma anche imprenditoriale. Un patrimonio in grado di generare un rilevante valore economico e sociale, da preservare e sostenere», spiega Ernesto Fürstenberg Fassio, vice presidente della banca.
Ma a cosa serve misurarla? Per costruire un modello di innovazione sostenibile che possa far leva sulla cultura, base distintiva dell'economia made in Italy.
Lo studio si pone anche l’obiettivo di individuare una mappa dei luoghi e degli attori, ma anche una quantificazione scientifica del valore diretto e indiretto generato dal patrimonio culturale, naturale e imprenditoriale italiano.
E come si crea valore economico? Attraendo visitatori da tutto il mondo, caratterizzando la produzione made in Italy attraverso logiche design-driven sia funzionali sia estetiche. Infatti, questi valgono 682 miliardi di euro di ricavi e contribuiscono all’11,2% del Pil italiano.
Ma l’economia della bellezza richiede molte voci. Una polifonia.
Infatti, sono 341mila le imprese design-driven che producono bellezza: rappresentano il 31% delle aziende italiane negli 8 settori produttivi tipici del made in Italy.
In Italia c’è un museo, monumento o un’area archeologica ogni 50 chilometri quadrati e sono 128 milioni le persone che ogni anno fruiscono del patrimonio italiano.
Un legame, quello tra cultura e Pil, studiato anche da “Io Sono Cultura”, un progetto di ricerca annuale che racconta il valore economico e sociale delle imprese che operano nel settore culturale e creativo.
Dal 2011 Fondazione Symbola e Unioncamere collaborano con numerosi esperti per analizzare e mostrare come cultura e creatività siano per il nostro Paese driver dell’economia e della qualità.
Grazie al contributo della Banca Ifis, gold partner del padiglione Venezia in occasione della 17esima Mostra Internazionale di Architettura, è stata allestita un’installazione artistica, curata dal giornalista, conduttore televisivo Emilio Casalini. Dalla contaminazione tra due universi, l’arte e la finanza, nasce un progetto inedito che rappresenta la mappa delle relazioni tra luoghi, attori e servizi che compongono l’ecosistema italiano della bellezza. Oggi più che mai, nasce l’esigenza di dimostrare come la cultura sia un settore capace di trainare l’economia italiana.
Immagine di copertina: ©Mauricio A. via Pixabay
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