28-06-2021 Paola Pierotti 4 minuti

Infrastrutture sociali, il nuovo corso della rigenerazione urbana che lega patrimonio e servizi

Nomisma e Legacoop Abitanti: il 55% delle famiglie italiane fa i conti con debolezza economica, sociale o abitativa

«Abbiamo lavorato per capire come attrezzarci come cooperative di abitanti facendo leva su un processo partecipato che ha tenuto insieme cooperative di abitanti e sociali».
Rossana Zaccaria

Infrastrutture sociali. È questo il nuovo tema che si sta facendo strada, coniugando hardware e software, tenendo conto dei temi della rigenerazione urbana e dei contenuti sociali, delle famiglie, delle comunità e del terzo settore. Evidenziato con forza nel Pnrr, in particolar modo nella quinta missione dedicata a Inclusione e coesione, con riferimento a servizi sociali, disabilità e marginalità sociale, alla rigenerazione urbana e all’housing sociale, allo sport e all’inclusione sociale. Sull’argomento, è intervenuto KCity portando al tavolo della discussione rappresentanti delle Fondazioni, delle Pa, del real estate e del terzo settore, per capire come attivare una rete nazionale di supporto alla creazione delle infrastrutture sociali previste dallo stesso Pnrr. Come fare dei vuoti urbani dei luoghi della comunità? Come progettare beni comuni? Come monitorare gli impatti della rigenerazione urbana fin dalle prime fasi del processo, mantenendo attivo l’ascolto della comunità e recependo le sue aspettative? Queste alcune delle domande aperte.

«Gli interventi di rigenerazione urbana – ha raccontato Paolo Cottino fondatore di KCity – devono sempre cercare la sintesi tra dimensioni materiale e immateriale del cambiamento: cantiere “fisico” e cantiere “sociale” sono complementari nella creazione delle nuove infrastrutture comunitarie, utili ad abilitare resilienza e sviluppo sostenibile. Potremmo dire che la sintesi è (e non può che essere) solo nella gestione strategica del processo di rigenerazione urbana, ossia nella capacità di accompagnare la trasformazione controllando l’integrazione (nel tempo e nello spazio) dei diversi aspetti».


Sulla casa che verrà, ha fatto il punto invece Nomisma con Legacoop Abitanti nell’ambito di un’iniziativa che ha messo a fuoco alcuni dati sul “Next Housing”, interrogandosi non solo sul “repair” ma sulla possibilità di “re-shape”, per dare un contributo attivo alla costruzione di nuove forme della città da abitare.


«Abbiamo lavorato per capire come attrezzarci come cooperative di abitanti – ha ricordato Rossana Zaccaria, presidente Legacoop Abitanti – facendo leva su un processo partecipato che ha tenuto insieme cooperative di abitanti e sociali. Abbiamo cercato di disegnare il nuovo volto della domanda abitativa, di scattare una fotografia della capacità di offerta e di capire come far tesoro degli strumenti contenuti nel nuovo Pnrr».

«Dall’analisi delle criticità – spiega Marco Marcatili, responsabile sviluppo Nomisma – emerge che non c’è solo la necessità dell’abitare, ma spesso si riscontra un’insoddisfazione rispetto alle esigenze degli spazi interni e al contesto, dovuti anche ad avvenimenti che riguardano la salute o le condizioni lavorative. Ecco che, per agire, anche con una nuova progettualità, il canone non è l’unica leva su cui intervenire, ma c’è il tema dei servizi sociali e abitativi». Servizi che diventano stimolo per una per nuova finanza (per dare gambe ai progetti) e forme di intermediazione.

Dai dati Nomisma-Legacoop Abitanti la debolezza economica in Italia riguarda il 27,3% delle famiglie: negli anni 2019-2020, tutti i giorni 7,3 milioni di famiglie si sono confrontate con un ritardo per il pagamento del mutuo o con altre difficoltà economiche. L’11,7% delle famiglie è insoddisfatto della propria casa, 3 milioni di nuclei familiari. La debolezza sociale si attesta sul 43,5%: sono 11,3 i milioni di famiglie con problemi di salute in famiglia, o di carattere lavorativo o inserite in una rete familiare fragile. Risultato? Il 55% delle famiglie sconta almeno una di queste tre forme di debolezza e quasi il 4%, quindi un milione di famiglie, deve fare i conti con tutte e tre. Nomisma e Legacoop li chiamano i cosiddetti “incastrati” che vanno supportati con politiche abitative mirate. «Tendenzialmente vivono in affitto, soprattutto nel Mezzogiorno, il nucleo familiare è composto da un genitore solo con figli o una coppia con figli e almeno una dei due è disoccupato. Sono famiglie con un reddito basso». Fatta l’analisi, i possibili spazi di lavoro derivano dalle intersezioni, dalla considerazione di due forme di debolezza, incidendo quindi proprio sui servizi. Con particolare attenzione ai nuovi anziani: oggi gli over 65 sono il 23% della popolazione, tra 15 anni saranno il 30%. Si parla di “condomini responsabili”, dove il co-abitare diventa convivere. Si guarda con interesse a nuovi mestieri che hanno a che fare con le relazioni, com’è ad esempio il “care manager”.

Legacoop Abitanti studia come riposizionarsi, considerando la casa come infrastruttura sociale, studiando nuovi modelli di welfare di comunità e chiedendo nuove azioni di policy pubblica. «La sfida è quella di progettare forme efficaci di partneriato tra pubblico e privato – spiega Elena Molignoni, project managar di Nomisma – dove il partner sociale è incluso, dove le imprese possono trovare nuove opportunità e dove si accrescono i servizi offerti».

La casa come bene primario, la casa come tema di co-progettazione dove il terzo settore può rinsaldare i fili di comunità. La casa e la città come luoghi di servizi. Dal Pnrr all’Agenda 2030, la sfida rimane quella di riuscire a intrecciare dimensione sociale e ambientale con l’abitare.

In copertina:Redo Merezzate, Milano. Ph. ©Andrea Martiradonna

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Paola Pierotti
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