Mercato in crisi, -20% di compravendite da qui al 2023. Il corporate tiene grazie agli investitori italiani
Presentato il terzo rapporto Nomisma sul mercato immobiliare
Un mercato in crisi che risente dalla congiuntura macroeconomica negativa, e un comparto corporate che tiene di più rispetto al residenziale. Questi in sintesi gli esiti del terzo rapporto immobiliare del centro studi Nomisma, appena reso noto.
Un quadro preoccupante, secondo il quale non si tornerà ai livelli pre-pandemia fino almeno al 2023, con una perdita stimata dei volumi di compravendita del 20% nel prossimo triennio. Ma due sono i dati più evidenti, e che forse avranno un effetto di ulteriore indebolimento. Da una parte una possibile inversione di rotta delle banche, «gli istituti di credito sono probabilmente in ritardo nell’interiorizzazione delle conseguenze della pandemia – ha detto Luca Dondi, ad di Nomisma, facendo riferimento alle elevate intenzioni di acquisto e mutuo per i prossimi 12 mesi – ma sta maturando una certa consapevolezza ed è probabile che ci sarà una revisione delle politiche». Un mercato fino ad ora “drogato” anche dalle surroghe e dall’euforia del periodo estivo, dove, ha fatto notare Dondi, «abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità». Se da una parte ci sarà, forse, una restrizione nell’accesso alle linee di credito per i mutui, dall’altra parte non è chiaro l’impatto che la pandemia ha avuto sui risparmi delle famiglie. I numeri parlano di una perdita di potere d’acquisto del 7%, ma la fiducia è ancora alta, complice una forse poca consapevolezza degli effetti a lungo termine della pandemia. Ciò che però è chiaro è che le compravendite di nuovi immobili in ambito residenziale si attesteranno su circa 500mila unità nello scenario base (-17,1%) o 491mila nello scenario hard (-18,7%), quando nel 2019 avevano raggiunto quota 604mila. Le previsioni dicono inoltre che aumenterà l’incidenza degli acquisti sostenuti dai mutui, 57,1% rispetto a un 53,6% del 2019, segnale di un aumento delle fasce più deboli della società che avranno bisogno di un finanziamento.
Le città. Nelle 13 grandi in città prese in considerazione dal rapporto, il calo è ancora più evidente. «Sono stati persi 4 o 5 anni – ha continuato Dondi – e le perdite non riguardano solo i mercati periferici, ma soprattutto quelli grandi dove la curva era finalmente tornata in positivo, ma che oggi si prevede tornerà a piegare verso il basso». Le città con la maggiore crescita degli ultimi anni, Milano, Bologna e Firenze, sono quelle che vedranno il calo più importante, ma nel caso delle prime due, si vedrà una ripresa nel 2022, anno in cui si vedranno segnali di risalita anche per Venezia e Palermo; Cagliari nel 2023. Torino e Roma, invece, che già avevano un indice pari a zero nel 2019, rimarranno con segno negativo.
Prezzi. Calano i prezzi, ma non i canoni, in tutti i settori. Con delle previsioni di variazione per le 13 grandi città che vanno da un minimo del -1,6% per le abitazioni a un -2,5% per gli uffici, con -1,9% per i negozi, il segno più non si vedrà fino al 2023 (+0,1% solo per il residenziale).
Settore corporate. Se la situazione del residenziale non è rosea, ancor meno lo è quella del comparto corporate e retail, soprattutto nel caso di piccoli uffici e piccole attività commerciali, dove «le difficoltà economiche si sono già trasferite sui bilanci di imprese e professionisti». Calano i prezzi, il doppio rispetto al residenziale, e nel 2021 si assisterà probabilmente ad un ulteriore indebolimento. Nonostante tutto, però, il mercato ha tenuto meglio del previsto, anche se la risalita sarà modesta. Un mercato che è stato salvato dalla discesa in campo di investitori italiani, che hanno sostituito gli stranieri, da molto tempo protagonisti del settore immobiliare in Italia. Un investimento, ha sottolineato Dondi, i cui “frutti”, se ci saranno, si vedranno solo a partire dall’anno prossimo. «Si è scommesso sulla capacità di resilienza e di risalita, e Milano resisterà meglio di altre città» ha aggiunto l’ad di Nomisma. Investimenti che si sono sempre più diversificati, con un 44% collocato nel direzionale, 18% nel commerciale, 14% nella logistica e un 24% nell’alberghiero, che ancora tiene.
Tuttavia, le previsioni per gli investimenti immobiliari corporate dovrebbero passare da 12,3 miliardi di euro del 2019 a 7,1 miliardi nel 2020, per poi gradualmente risalire a 9,7 miliardi nel 2021 (scenario base) e 8,2 miliardi (scenario hard). Le compravendite invece dovrebbero toccare un -26,5%, almeno fino al primo semestre del 2020, con punte di -27% a Milano, -27,7% a Padova e -28,4 % a Bologna. Come nel caso del residenziale, anche il mercato corporate ha fatto registrare una forte discesa, soprattutto per Genova, Roma e Torino, con un indice che sfiora -0,8. Più ridotto l’impatto su Bologna e Milano, che dovrebbe essere la città che per prima si riprenderà dalla pandemia.
Infine, le misure adottate dal governo, come il Superbonus 110%, andranno a spingere tutto il comparto delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni, con 12,5 milioni di persone che si stima approfitteranno degli incentivi per intervenire sulle loro abitazioni.
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