Digitalizzazione, sburocratizzazione e sostegno alle imprese, ecco cosa chiedono le organizzazioni
Presentato il 36° report dell’Oice. Chiara Braga: «Il tema del funzionamento della PA è la precondizione per lo sviluppo degli investimenti pubblici»
Un calo del pil dell’8,7% nel 2020, una crisi profonda e di portata eccezionale, ma un rimbalzo altrettanto rapido che nel 2021 dovrebbe riportare il prodotto interno lordo a un + 6,1 per cento. Sono queste le previsioni dell’Oice, l’associazione di categoria di Confindustria che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica, che ha presentato la 36sima rilevazione annuale sull’andamento delle società di ingegneria associate. Una fotografia sicuramente critica e preoccupante, che tuttavia lascia sperare in un buon margine di recupero per i prossimi mesi.
«Quando siamo partiti con i lavori ci siamo detti da subito che, essendo nel bel mezzo del lockdown, sarebbe stato importante testimoniare che cosa stava accadendo nel nostro settore da dentro» ha esordito Gabriele Scicolone, presidente dell’Oice, che ha sottolineato quanto la crescita costante dell’ultimo triennio nel 2020 probabilmente subirà un’importante battuta d’arresto. Infatti, secondo i dati forniti dal Cer – Centro Europa ricerche che ha contribuito alla stesura del report, il guadagno di produzione che aveva raggiunto il picco nel 2019 andrà perso nel 2020. Tuttavia, «tutto sommato si parla di una contrazione contenuta per il settore» ha rassicurato Stefano Fantacone, direttore della ricerca dell’istituto.
Un altro punto importante toccato nel report è quello riguardante le risorse, provenienti sia dalla deroga al patto di stabilità che dal Recovery Fund, che inietteranno liquidità importanti nel mercato. «È importante che però non ce li ritroviamo come debito. Devono essere utilizzate nei processi produttivi» è stato il monito di Giuseppe Busia, neo-presidente dell'ANAC – Autorità nazionale anti corruzione intervenuto all’evento. Per spenderle, ha continuato, saranno necessarie «da una parte la collaborazione delle autorità verso le stazioni appaltanti e verso la PA, e dall’altro occorre che si crei una collaborazione tra PA e attori privati». Inoltre, «essenziale è il processo di digitalizzazione, che dovrà caratterizzare tutti i contratti pubblici. Dobbiamo anticiparlo ed estenderlo a tutti i contratti, perché significa maggiore semplificazione per imprese e le stazioni appaltanti, oltre a garantire la trasparenza, permettere il governo della spesa ed evitare la corruzione». E in questa stessa direzione vanno anche le richieste delle società dell’Oice, che, se da una parte giudicano soddisfacente l’operato dell’attuale Governo, dall’altra chiedono con forza una maggiore sburocratizzazione, un migliore sostegno alle imprese e, non da ultimo, un’accelerazione dei pagamenti e della digitalizzazione.
Ma se i fondi arriveranno, «spenderli bene» sarà cruciale. Per questo Chiara Braga, parlamentare e membra dell’ottava commissione sull’ambiente, territorio e lavori pubblici, ha riportato l’attenzione sulla centralità del progetto e degli investimenti nelle opere pubbliche. «Si possano fare delle riforme a partire dalla PA con la disponibilità di risorse da impiegare che abbiamo – ha detto –. È chiaro poi che in questo settore specifico il tema del funzionamento della PA è la precondizione per accompagnare lo sviluppo degli investimenti pubblici». E attenzione al codice dei contratti, ha proseguito, il cui impianto non è stato minato dal DL Semplificazioni, e che nei suoi aspetti positivi può riportare il focus «sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, sulla centralità delle fasi e sullo sviluppo dei progetti». Azioni che dovranno essere portate a compimento sempre nell’ambito del Green New Deal europeo.
Numeri del report. I livelli occupazionali contenuti nel rapporto non sembrano destare particolare preoccupazione. Le società rilevate non denunciano infatti intenzioni di diminuire i livelli occupazionali, che già nel 2019 superavano le 800mila unità. L’unica “anomalia”, se così si può definire, è il prolungamento dello smart working che, secondo le stime, è probabile che diventerà uno strumento strutturale che riguarderà il 50% della forza lavoro.
Le contrazioni a livello di produzione invece, ha continuato Stefano Fantacone, si registrano solo nel turn key; tengono i settori del project management e dell’ingegneria pura (previsto un +10,5% del primo nel 2020, una risalita al 60% del secondo).
Un mercato quindi ancora resiliente, e che forse saprà assorbire il contraccolpo inflitto dalla pandemia.
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