25-03-2020 Teresa Giannini 2 minuti

Ratti e Rota in un pool per un prototipo open source di struttura sanitaria industrializzata

Sistemi costruttivi compatti, aggregabili e reversibili. Gli architetti del padiglione italiano Dubai2020 scendono in campo

Un’unità prefabbricata progettata puntando alla velocità dei tempi di messa in opera e all’ottimizzazione del trasporto

A Milano è nato il prototipo di un nuovo format di strutture sanitarie per la terapia intensiva: Cura, Connected Units for Respiratory Ailments. Una soluzione ready to use per far fronte al sovraffollamento delle corsie ospedaliere causato dalla pandemia di Covid-19. Il progetto – sostenuto dal Gruppo Unicredit – è stato promosso da una task force internazionale di architetti, ingegneri, medici ed esperti, e si sviluppa in modalità open source. Non sarà in commercio e i primi due elementi saranno installati in due ospedali del capoluogo lombardo. Giovedì 19 marzo è iniziata la prototipizzazione.

Trasportabilità e rapidità di installazione. Cura è un modulo tecnologico inserito all’interno di un container – lungo circa 6 metri – convertito in camera di biocontenimento (ambiente predisposto all’isolamento dei malati di patologie infettive). Un’unità prefabbricata progettata puntando alla velocità dei tempi di messa in opera e all’ottimizzazione del trasporto: in nave, su rotaie e su gomma, può essere spedita ovunque entrando in funzione dal momento della collocazione in sito.

A causa del numero crescente di contagi, le infrastrutture sanitarie dei Paesi più colpiti dal virus Covid-19 risentono di un grave deficit di personale medico e posti letto. I casi accertati in Italia al 24 di marzo erano circa 64mila, più di 195mila in Europa. Il dato, in continuo aumento, spaventa le istituzioni che – a diverse scale – non hanno le risorse sufficienti a fronteggiare il livello di emergenza.

Gli ideatori di Cura sono partiti dal ripensamento dell’attuale modello di ospedale da campo – impianto di tende con standard di isolamento non adeguati al contenimento delle malattie infettive – e puntando a migliorarne le performance in termini di sicurezza, hanno sviluppato un sistema costruttivo in moduli compatti, aggregabili e reversibili.

Ogni container – dotato della strumentazione medica necessaria all’accoglienza di pazienti affetti da Coronavirus (inclusi ventilatori polmonari e supporti per fluidi endovenosi) – è una scatola autonoma che può essere collegata alle altre attraverso una struttura gonfiabile di corridoi, dando vita a piccoli centri ospedalieri da oltre 40 posti letto.

Cura è un progetto senza scopo di lucro e riceve finanziamenti dal World Economic Forum – attraverso le piattaforme COVID-19 e Cities, Infrastructure and Urban Services.

Tra le fila delle realtà professionali e delle istituzioni che hanno contribuito all’iniziativa, ci sono: lo studio CRA-Carlo Ratti Associati con Italo Rota (Design e innovazione), l’Istituto Clinico Humanitas (Ingegneria medica), il Policlinico di Milano (Consulenza medica), il team di Jacobs (Alberto Riva – Master Planning, design, costruzione e servizi di supporto logistico), Ivan Pavanello per Projema (Ingegneria MEP). Tutte le informazioni al sito http://www.curapods.org/.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Teresa Giannini
Articoli Correlati
  • L’Agenzia del Demanio verso un futuro data driven

  • Edison Next, le Utilities come player strategici della rigenerazione urbana

  • Permasteelisa dà forma al genio architettonico di Gehry

  • Comunità energetiche rinnovabili, a Roma c’è il regolamento