Il Dna della centralità del progetto a Roma: riconoscibilità, temporalità e ricerca

31-01-2025 Giulia Fuselli 3 minuti

31-01-2025 Giulia Fuselli 3 minuti

Il Dna della centralità del progetto a Roma: riconoscibilità, temporalità e ricerca

La responsabilità degli architetti della Capitale passa anche per una rinnovata cultura della committenza e dell’opinione pubblica

Cosa s’intende per qualità del progetto? E quale è il rapporto tra l’architetto e il progetto stesso? Queste sono state le domande cardine alle quali è seguito il racconto corale di alcuni architetti romani invitati da Platform per commentare il numero della rivista dedicato a Roma Manifesto.

Estetica, fruizione e sostenibilità sono tre parole che Maria Claudia Clemente, professoressa a La Sapienza e partner di Labics, cita per ricostruire una definizione generica e condivisa  di “qualità” precisando che l’intento per i professionisti rimane quello di “soddisfare una domanda civica e collettiva”, senza far prevalere questioni legate all’efficienza economica.

Nel dibattito è intervenuta anche Annalisa Metta, professoressa all’università Roma Tre e co-founder di OSA, che ha sottolineato il tema della «riconoscibilità dell’architetto in rapporto al progetto. Negli ultimi cinque anni – ha raccontato – abbiamo firmato e realizzato numerose opere, spaziando dai siti archeologici ai porti imperiali di Claudio e Traiano, fino a Villa Pamphili. Questi progetti – ha precisato – sviluppati in collaborazione con l’ingegneria, non sempre ricevono il giusto riconoscimento, e spesso non vengono nemmeno citati gli autori. È fondamentale riattribuire il giusto ruolo a chi ha contribuito alla loro realizzazione». Lo stesso pensiero è condiviso da Massimo Alvisi di Alvisi Kirimoto: «È necessario riappropriarci dei progetti. Spesso l’architettura – ha aggiunto – non viene seguita con la dovuta attenzione fino alla fine, compromettendo così la qualità dell’opera». Questione che chiama in causa la responsabilità dei progettisti nel tempo.

Ampio spazio è stato dedicato anche al tema del cambiamento, in particolare alla paura (termini contrapposti ripresi anche da Maurizio Veloccia e Walter Tocci nel dialogo su Roma Manifesto) che la trasformazione del tessuto urbano può suscitare nei cittadini. Alessandro Cambi di IT’S, ha spiegato come i progetti legati al Giubileo, che lo studio romano ha firmato (da Piazza dei Cinquecento a Piazza Risorgimento) abbiano permesso di entrare in contatto diretto con la città. «Un sentimento predominante è stato quello della paura: paura del cambiamento e di ciò che la trasformazione urbana può comportare».

Tuttavia, è proprio nel lungo periodo che si misura il valore della trasformazione: un progetto non solo deve affrontare le paure iniziali, ma deve anche essere pensato per garantire che l’opera continui a crescere, adattarsi e migliorare. Secondo Cambi quindi, la qualità di un intervento urbano si definisce nella sua capacità di essere curato e accompagnato, generando un impatto duraturo sulla comunità. Un concetto che è stato ripreso anche da Antonio Atripaldi, di ADAT studio che si è aggiudicato il progetto per il nuovo Museo della Scienza che sottolinea: «A Roma la temporalità consente di andare oltre gli interessi contingenti. La città stessa è testimonianza di questa continuità, attraverso i suoi monumenti, come il Museo di Augusto, che ha vissuto molteplici esistenze, adattandosi a usi diversi nel corso dei secoli, diventando così sinonimo di adattabilità».

Nel giro di voci, con una serie di parole chiave raccolte dagli studi romani di diverse generazioni che raccontano il saper fare della Capitale, Filippo Lambertucci, professore alla Sapienza, ha aggiunto che la qualità è la capacità di andare oltre le richieste iniziali. «Il progetto deve essere pensato come un prodotto intellettuale, un campo di ricerca e di sperimentazione». Questa visione è particolarmente rilevante per una città complessa come Roma, caratterizzata da molteplici identità, dove ogni quartiere possiede una storia e un proprio tessuto urbano. Per questo motivo, la sensibilità con cui i progetti si inseriscono in contesti specifici è fondamentale, sia nel centro storico che nelle periferie. Come chiude Riccardo Roselli, di Roselli Architetti che condivide la responsabilità della centralità del progetto con tutta la filiera, in primis con le imprese che lavorano su Roma, a cui si chiede di tenere conto della realtà variegata e delle specificità che contraddistinguono la Capitale.

 

In copertina: @IT’S progetto Risorgimento

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Giulia Fuselli
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