Roma, 100 milioni per le opere pubbliche nelle periferie

03-10-2024 Maria Racioppi 2 minuti

Si coordinano risorse di Piani di zona, Piani di recupero urbano e le cosiddette Zone O e Toponimi (quartieri ex abusivi di Roma)

Si può parlare ancora di periferie? Roma Capitale risponde con la strategia “Ricucire”. Lo fa stanziando 100 milioni di euro per il “Piano per le Opere pubbliche dei programmi urbanistici nelle periferie”, all’interno del progetto di rigenerazione urbana “Roma si trasforma tutta”, promosso dal Campidoglio con la regia dello stesso sindaco Roberto Gualtieri.

Previsti 32 milioni per i cosiddetti Piani di zona derivanti dallo sblocco delle procedure di affrancazione e trasformazione che permettono di portare a termine interventi di urbanizzazione primaria e secondaria: illuminazione pubblica, marciapiedi, rete potabile, rete fognaria per i quartieri di Trigoria, Torresina, Colle Fiorito, Ponte Galeria, Pian Saccoccia, Tor Cervara, Osteria del curato e Muratella.

Sono invece 45 i milioni per i Piani di recupero urbano derivanti da Fondi ex art.11 (ex Gescal, oneri urbanizzazione) destinati a opere di restauro e sistemazione museale del Casale della massima e realizzazione di un ponte ciclopedonale tra Magliana e Valco San Paolo.

Ancora, altri 23 milioni per le zone O e Toponimi (quartieri ex abusivi di Roma) che provengono da versamenti delle Acru (Associazioni consortili di recupero urbano) e da oneri per sanatorie dei condoni delle zone O.

L’amministrazione comunale punta ad un cambio di paradigma:

  • utilizzo dei fondi derivanti dagli oneri finanziari generati dagli interventi realizzati nelle stesse aree periferiche;
  • promozione di piani di iniziativa pubblica e realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione (primaria e secondaria);
  • utilizzo dei fondi statali ex Gescal, bloccati dai primi anni Duemila;
  • realizzazione di opere pubbliche nelle periferie ex abusive con i fondi provenienti dalle procedure di affrancazioni e trasformazioni e versamenti da parte dei consorzi di recupero urbano a Roma Capitale.

 


In sostanza, i finanziamenti vedranno la loro ricaduta per urbanizzazioni primarie e secondarie. Il 60% sono per la viabilità, mobilità e parcheggi, il 25 % servizi e aree verdi e il 15% per sottoservizi e illuminazione pubblica.


Il dibattito si apre tra l’impiego delle risorse e l’aderenza degli strumenti urbanistici alle esigenze urbane attuali. Più nel dettaglio:

  • Piani di recupero urbano: approvati nei primi anni ’90 con la legge 493/93, destinati alle urbanizzazioni primarie e secondarie delle aree più degradate e densamente urbanizzate.
  • Zone ex abusive, Zone O e Toponimi: introdotte con la Variante Speciale dal Comune di Roma negli anni Settanta per identificare aree da riqualificare. Questo sistema rigido di zonizzazione delle aree abusive è stato ripreso dal Piano Regolatore Generale del 2008, che ha individuato “71 nuclei di edilizia ex abusiva da recuperare”. A cui è seguita la nascita delle Associazioni Consortili di Recupero Urbano (Acru), che raccolgono fondi per la realizzazione di opere pubbliche da consegnare all’amministrazione.
  • Piani di zona (PEEP – Piani di Edilizia Economica e Popolare): iniziativa pubblica introdotta dalla legge 167/62. A Roma, il primo piano fu predisposto con il PRG del 1962-65 e il secondo nel 1987, permettendo la costruzione di quartieri come Spinaceto, Laurentino, Casilino, Vigne Nuove e Corviale.

In copertina: Pigneto, Roma. ©Stefano Tammaro

 

 

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Maria Racioppi
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