Dal Governo la proposta in legge di bilancio in autunno, ma i territori già in avanti con soluzioni per chi non trova alloggi a prezzi accettabili
La suggestione sarebbe quella dei villaggi vicini alla raffineria petrolifera Saras dei Moratti a Sarroch nel sud Sardegna o del complesso Olivetti a Ivrea, ma c’è chi già avvisa, come Stefano Boeri in un’intervista a Repubblica, «attenzione a non fare ghetti».
Il Piano casa è alle porte dell’autunno, un provvedimento tanto atteso, allo studio già nella legge di bilancio. Coinvolti tra gli altri Confindustria, banche e Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Una misura che dovrebbe avere un duplice effetto: sostenere i giovani che cercano lavoro e rendere più attrattive le imprese italiane, soprattutto per i talenti che arrivano dall’estero. Ne ha parlato il 12 settembre anche Barbara Acreman, direttrice generale del ministero dei Trasporti (Mit) nel Dipartimento per le opere pubbliche e per le politiche abitative, in occasione dell’iniziativa promossa da Legacoop a Bologna dedicata all’impegno delle cooperative nei piani di rigenerazione urbana, con la leva dell’abitare.
Il duplice effetto è anche uno dei punti principali che il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha inserito nel suo programma. Il dialogo con il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) è già stato avviato, anche se solo all’inizio. Il Piano dovrebbe prevedere sgravi fiscali che poi nel tempo dovranno affiancarsi a un piano di sviluppo immobiliare per creare nuove possibilità abitative per i giovani lavoratori. Infatti, Orsini ha da subito specificato che il progetto ha una parte più fiscale perché servirebbero due o tre anni per mettere a terra un piano edilizio. Il ministro Adolfo Urso ha chiarito, nel corso di una sua intervista a La Stampa, che è stata avviata una mappatura delle professionalità che servono nelle diverse aree del Paese; così qualora i lavoratori si dovessero spostare in altre province censite per la richiesta di lavoro, si potranno trovare alloggi calmierati, affitti che non costano più di 500 euro, con una stima che equivale al 25% del salario. Non solo, si cerca anche un canale per garantire credito ai neoassunti che possono fornire scarse garanzie.
Da qui l’idea di coinvolgere anche banche, assicurazioni, fondi immobiliari e Cdp. Dell’insostenibilità del canone si è occupato Il Sole 24 Ore qualche settimana fa: l’analisi del quotidiano economico ha confrontato le retribuzioni del lavoro dipendente, ricavate dalle dichiarazioni dei redditi, con l’aumento dei canoni di locazione sul mercato libero (contratti 4+4) e sul mercato concordato (contratti 3+2), partendo dalle ultime rilevazioni dell’Agenzia delle entrate. Ebbene, dai dati rilevati è emerso che almeno in sei capoluoghi il peso del canone libero supera il 40%, per arrivare al 46,5% a Firenze, al 41,5% a Roma e al 40,2% a Bologna. A Milano la quota è del 37,4 per cento.
Con la consapevolezza della sua esperienza al Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, dove è stato promotore come assessore del Piano triennale dell’offerta dei servizi abitativi pubblici e sociali della Città di Milano per il 2023-2025, dichiara a thebrief quali sono le priorità oggi, dal suo osservatorio.
«Con “Una nuova strategia per la casa” che contiene la visione dell’assessorato alla Casa e Piano quartieri e lo sviluppo di obiettivi e strategie sul tema abitativo per Milano e l’area metropolitana di riferimento, si è cercato di investire su una speranza di vita a Milano».
Con il Piano milanese si definisce il canone concordato, un accordo stipulato con le parti sociali che prevede dei massimali di affitto per appartamenti e stanze e una serie di reciproci vantaggi per proprietari e inquilini. Infatti, per chi affitta entro i limiti è possibile accedere a una tassazione agevolata in cedolare secca che passa dal 21% al 10% e il dimezzamento dell’Imu. Inoltre, la terza edizione di “Reinventing Cities” caratterizzata da una specifica declinazione, “Reinventing Home”, si è focalizzata sul tema dell’abitare accessibile a tutti con la realizzazione di nuovi appartamenti di edilizia residenziale sociale (Ers). Tra gli obiettivi c’è quello di realizzare 500 appartamenti in locazione a un prezzo non superiore ai 500 euro al mese. Per poi affrontare i temi dello studentato diffuso e del sostegno affitti. Dulcis in fundo, il punto “Casa ai lavoratori”. Si tratta di un bando rivolto a progetti presentati da aziende pubbliche, private e del terzo settore, mediate da enti no profit, che aggregheranno lavoratori e imprese per ristrutturare e abitare appartamenti sfitti di proprietà pubblica esclusi dai piani di ristrutturazione attualmente finanziati. Sono 316 in totale gli appartamenti individuati e messi a disposizione del progetto che può ampliarsi entro quest’anno ad altri 2mila alloggi. «Credo che saldare casa e lavoro sia l’unica strada possibile», afferma l’eurodeputato. «È la principale spesa per un lavoratore e può tornare ad essere il centro dell’offerta di welfare. È il motivo per cui abbiamo avviato il nostro progetto a Milano, speriamo diventi davvero una politica nazionale di collaborazione tra istituzioni e imprese», conclude. Anche i sindacati si sono espressi. In Lombardia la Uil ha affermato «la necessità di un piano casa regionale per lavoratori, studenti e anziani e di non speculare sull’edilizia pubblica residenziale. Molti sindaci lombardi sono scesi in campo a favore dell’edilizia sociale attraverso misure e interventi di recupero, perché sono coloro che conoscono meglio il territorio. La Uil ha allo studio una serie di incontri con diverse figure, partendo da quanto previsto dalla legge 167 tutt’ora vigente», spiega il segretario generale Uil Lombardia, Enrico Vizza. «Siamo sempre più convinti che sia possibile e utile a garantire una risposta all’emergenza casa, intervenire sul patrimonio immobiliare di edilizia pubblica residenziale esistente attraverso piani sovracomunali di recupero e valorizzazione di edifici pubblici di proprietà dei comuni (comprese le aree dismesse) e con una strategia di casa/welfare con le aziende».
Dunque, un’unica voce dai territori perché il tema dell’emergenza abitativa unisce il nord e il sud.
L’11 settembre gli assessori alla Casa di Firenze, Bologna, Lecco, Lodi, Milano, Napoli, Padova, Parma, Roma, Torino e Verona, erano in sit in a Roma per chiedere al governo, al parlamento e all’Unione europea politiche strutturali a tutela del diritto alla casa.
Gli amministratori locali hanno redatto un documento in cui, in cinque punti, sintetizzano le proposte da avanzare. Al primo, una legge quadro sull’edilizia residenziale pubblica e sociale; poi assegnazione gratuita ai Comuni di immobili inutilizzati, il rifinanziamento del Fondo nazionale locazione e Fondo nazionale morosi incolpevoli, una legge nazionale di regolamentazione delle piattaforme turistiche e infine misure nazionali per l’emergenza abitativa e le persone senza dimora.
Il lavoro è però anche il tema caldo che scuote gli sviluppatori. La casa è la prima voce di spesa delle famiglie, quindi, un tema rilevante se in una città come Milano ci sono interi settori della società a rischio: scuola, sanità, trasporti. A causa del fatto che non si trovano lavoratori disposti a trasferirsi per l’alto costo degli alloggi in rapporto ai salari.
«Bisogna uscire dalla solita logica del bonus e del voucher, oggi l’attenzione va posta e lo dobbiamo fare tutti, ognuno per il suo ruolo e non solo le istituzioni. Anche per una logica di mercato», spiega Paola Delmonte, economista sociale, da quindici anni nell’area investimenti per l’edilizia residenziale sociale in Lombardia e su tutto il territorio nazionale, consulente per Redo per il business development. «I tempi sono cambiati, non ci sono più i piani Fanfani, però il problema esiste ancora e l’attenzione va posta da parte di tutti anche con una logica di investimenti per calmierare i mercati, la legge dell’economia ce lo insegna. Abbiamo un eccesso di domanda e dobbiamo investire.
Sono anni che dico che il primo che ha la visione di aggredire il mercato nel segmento affordable vince, perché compensa con maggiori volumi e perché ha un profilo di rischio più basso. È una questione di rendimenti».
Un argomento entrato anche nelle istituzioni universitarie, perché il diritto a una casa, storicamente fondato su un legame sociale tra élite e classe lavoratrice, è ormai venuto meno come spiega con moltissimi dati il saggio “Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile” i docenti del Politecnico di Milano di Massimo Bricocoli e Marco Peverini.
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