Alto Adige, la cifra dell’architettura lenta, umana e autentica

09-09-2024 Chiara Brivio 4 minuti

Filippo Bricolo racconta a thebrief le ragioni e le qualità del fenomeno d’eccellenza italiano

«Non è un premio, ma un’auto-indagine dello stato di salute dell’architettura dell’Alto Adige. Da 24 anni, a partire dall’inaugurazione di un edificio – quello che ospita il Kunst Meran Merano Arte (restaurato dallo studio locale Höller & Klotzner) – viene portata avanti quest’analisi, che reiterandosi nel tempo ha dato la possibilità di instaurare questa buona pratica dell’auto-osservazione, nata in maniera spontanea». Così Filippo Bricolo, architetto e co-founder dello studio Bricolo Falsarella Architetti e docente al Politecnico di Milano, spiega l’intento del progetto espositivo ed editoriale Architetture recenti in Alto Adige 2018-2024, del quale è curatore della quarta edizione. Appuntamento negli spazi del Kunst Meran Merano Arte dal 27 ottobre al 16 febbraio 2025.

Un’iniziativa che appunto, ha inizio nel 2000 e che nel corso delle diverse edizioni (2006, 2012, 2018) ha visto giurie di esperti che si sono alternati, analizzando una media di oltre 200 proposte progettuali sviluppate nel territorio altoatesino, sintomo di un fermento, di una vivacità, ma soprattutto della qualità dell’architettura che si costruisce in questo angolo del nord Italia. Una lunga storia che, a partire da Werner Tsholl, è continuata attraverso lo studio Modus o quello di Roland Baldi, e oggi si avvale di nuovi giovani professionisti che continuano con questa tradizione, ma nel solco dell’innovazione (basti pensare a Pedevilla Architects o Noa). Una regione con una Fondazione Architettura – partner del progetto insieme al già menzionato Kunst Meran Merano Arte e a Südtiroler Künstlerbund – che si fa portavoce di un dibattito sullo stato dell’architettura nel territorio attraverso l’apprezzata rivista di settore Turris Babel, nella quale i giovani ricoprono un ruolo di primo piano.

Ma che cosa è cambiato in questi 24 anni, nell’architettura dell’Alto Adige? «Rispetto alla prima edizione del 2000-2006, quando non c’erano i social e la selezione si basava principalmente sulle pubblicazioni, il mondo è cambiato», racconta il curatore, che aggiunge,


«L’Alto Adige si è aperto e da una situazione di quasi isolamento, al quale era legato anche un certo modo di fare architettura, ha ricevuto influssi esterni, anche attraverso architetti che non sono della regione ma che lavorano lì».


Se negli anni Duemila erano ancora visibili le diverse vallate, la tradizione, oggi è tutto molto più aperto allo scenario internazionale, anche se c’è sempre un tratto distintivo che permane.

Quindi esiste un’architettura dell’Alto Adige, con caratteri, stilemi ed elementi propri? Bricolo e gli altri membri della giuria sono convinti di sì: «da una parte c’è una razionalità forte, unita però a un lato poetico, quasi onirico, che la rende un’architettura umanizzante. Sono tutti progetti che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulla società, ed è questo ciò che li accomuna». Prosegue poi Bricolo, «la mia sensazione è che rimanga ancora un luogo da indagare, un luogo interessante per la cultura architettonica del presente, e che rappresenti anche un’alternativa all’architettura impazzita e veloce delle nostre città.


Sono architetture lente, che vogliono costruire luoghi per le persone».


Architetture in grado anche di superare quell’iconismo da cartolina, forse un po’ sterile, che ricercano i turisti in questi territori, per trasformarsi in qualcosa di autentico e, appunto, a misura d’uomo.

Ma non è solo questo. Bricolo sottolinea anche la capacità di fare squadra dei tre enti che promuovono l’iniziativa, oltre all’apertura, alla volontà quasi, di farsi oggetto di analisi da parte di esperti e professionisti che vengono dall’esterno, in una sorta di osservatorio permanente sullo stato dell’architettura. Questo ha permesso, secondo il curatore, anche di aggiungere una certa “freschezza” alla selezione, unita alla maturità di avere giurie che non provengono dal territorio. «Sarebbe bello che questo tipo di iniziative venissero replicate in altre regioni italiane – chiosa l’architetto – che sono più interessanti di un premio, dove semplicemente viene decretato un vincitore. In questo caso invece, si porta avanti un ragionamento critico di più ampio respiro».

Ad affiancare Bricolo in giuria, le architette Elisa Valero Ramos, professoressa di architettura presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura, Università di Granada e Annette Spiro (Spiro + Gantenbein Architekten Eth/Sia AG), ordinaria di architettura e costruzione dell’Eth di Zurigo. Bricolo, Ramos e Spiro hanno selezionato 28 progetti dei 240 candidati, dei quali sarà data una dettagliata restituzione sia nella mostra che nel catalogo, ai quali si aggiungono altri 28 progetti che avranno una menzione ridotta.

Con architetture di: alpina architects, Walter Angonese, Area Architetti Associati, Architekturgemeinschaft 15, Architekturkollektiv null17, Roland Baldi Architects, bergmeisterwolf, Busselli Scherer, Carlana Mezzalira Pentimalli, CeZ Calderan e Zanovello architetti, Comfort_Architecten, Daniel Ellecosta, Martin Feiersinger, Flaim Prünster Architekten, Andreas Gruber Architekten, Alfred Gufler, Markus Hinteregger, Höller & Klotzner Architekten, kostnerarchitektur, KUP – ARCH, Architekten Mahlknecht Comploi, Messner Architects, MoDusArchitects, Andreas Moroder, NAEMAS Architekturkonzepte, NOA, Fabian Oberhofer, Pedevilla Architects, Peter Pichler Architecture, Senoner Tammerle Architekten, Stifter + Bachmann, Plasma Studio, Markus Scherer, tara, Julian Tratter, Martin Trebo, Lukas Wielander.

In copertina: Pedevilla Architects, ciAsa Aqua Bad Cortina, St. Vigil in Enneberg / San Vigilio di Marebbe, 2020 ©Gustav Willeit

 

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Chiara Brivio
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