Incentivi, norme e formazione: tre driver per rendere smart gli immobili italiani
L'elettronica per efficientare gli edifici: i suggerimenti di The European House-Ambrosetti
Efficientare gli edifici si deve, perché incombe la direttiva Epbd. I modi per farlo sono molteplici, e non si limitano alle modalità di generazione dell’energia o a come migliorare l’isolamento termico delle strutture, ma includono anche l’utilizzo di device elettronici che incidono sui consumi: e in questo caso si parla di smart building, ovvero edificio intelligente.
L’8 marzo a Roma, durante un evento organizzato da The European House – Ambrosetti il think tank ha presentato i propri suggerimenti per velocizzare il rifacimento in ottica smart del patrimonio immobiliare italiano, redatti insieme alla Community Smart Building 2024, al suo secondo anno di lavoro, costituita da imprese e associazioni del settore. Un appuntamento che ha riunito membri delle istituzioni italiane e della Ue e rappresentanti delle imprese.
L’analisi. Il think tank ripete un concetto ormai tristemente noto: il parco immobiliare italiano è obsolescente. L’84,5% degli edifici risale a prima del 1990 (contro il 65,6% della Francia e il 75,3% della Germania), e contrassegnato da un basso tasso di rinnovamento edilizio, pari allo 0,85% annuo contro l’1,7% di Francia e Germania.
The European House – Ambrosetti stima che nel nostro Paese l’efficientamento degli edifici permetterebbe una riduzione fino al 33% dei consumi di energia e fino al 5% di quelli di acqua, tagliando le emissioni di CO2 di circa il 20-24%. Se gli edifici più vecchi fossero equipaggiati con tecnologie smart, i cittadini risparmierebbero 17-19 miliardi di euro netti l’anno nelle bollette, con conseguente sviluppo di investimenti per più di 330 miliardi.
Quanto alla filiera, quest’ultima potrebbe creare 200mila posti di lavoro qualificati e specializzati. I driver individuati da Teha per attuare il processo sono tre: revisionare il sistema degli incentivi; introdurre un Libretto della casa che abbia valore legale e costruire le competenze necessarie alle filiere industriali delle tecnologie per gli edifici intelligenti.
Poiché questo settore diventerà sempre più importante, a proposito di quest’ultimo punto c’è anche l’invito ad agire per tempo sull’ambito scolastico: potenziando i programmi formativi attraverso curriculum dedicati al settore degli smart building.
Obiettivo da raggiungere tramite la cooperazione tra aziende e istituti tecnici superiori.
La sensazione che emerge dall’incontro è che l’ecosistema delle imprese si senta pronto alla sfida: «Nel 2022, la filiera estesa degli smart building ha generato 174 miliardi di euro di fatturato e 38 miliardi di valore aggiunto, dando occupazione a circa 515mila individui», ha detto Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e responsabile dell’area scenari & intelligence di Teha, sottolineando che «servono buoni dati per prendere buone decisioni».
Lo è anche il mondo della ricerca: nel ricordare le sperimentazioni condotte dall’agenzia Ilaria Bertini, direttore del dipartimento unità per l’efficienza energetica di Enea, ha anche sottolineato l’importanza che può rivestire la tecnologia off-site, grazie alla quale le parti degli edifici sono costruite in sede dall’industria, per poi essere assemblate in cantiere: metodo che abbatte tempi, costi ed emissioni migliorando l’isolamento termico dell’opera finita.
Per spingere su questa innovazione, ha aggiunto Bertini, Enea ha lanciato un apposito progetto chiamato Officio. Dal punto di vista economico, per quanto riguarda la digitalizzazione degli edifici che consenta di monitorare i consumi, per Bertini «i costi non sono spropositati».
In copertina: ©Adobe Stock, stnazkul
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