Abitare sostenibile, la ricerca firmata Mvrdv sul co-living
Tipologie edilizie innovative, anche riusando l’esistente, che favoriscono inclusione e sostenibilità
Condivisione, flessibilità, mobilità e lavoro da remoto, sono alcuni dei temi emersi dallo studio commissionato dallo sviluppatore HUB e dal sustainable and impact investor Bridges Fund Management e realizzato da MVRDV, che ricerca e cataloga varie tipologie di co-living, per raccontare come questo modello possa essere una risposta concreta alla questione casa, che tiene conto dei temi sociali, ambientali ed economici. La ricerca propone innovativi approcci che incorporano e rispecchiano gli atteggiamenti sociali verso queste tematiche e al contempo, mira ad affrontare le sfide connesse al cambiamento climatico, alla scarsa accessibilità e alla gestione inadeguata del tema dell’abitare. Concetti che ampliano gli scenari per progettisti e costruttori di progetti di co-living, che vanno da sviluppi di nuova costruzione a interventi di rigenerazione dell’esistente. Con soluzioni che si adattano alle varie esigenze demografiche, stili di vita e target di popolazione.
Il libro esplora la fattibilità di trasformazione di edifici esistenti, come uffici vuoti e strutture di bassa qualità, preservandone il carattere originale.
Questo approccio mira ad affrontare crisi abitativa e climatica. La ricerca ha portato a delineare scenari futuri che trasformano i rischi in opportunità con proposte autosufficienti e indipendenti, dalle città agricole verticali alle torri della biodiversità, fino alle torri verticali 15 minuti, dove le sfide diventano una occasione per il progresso.
La crisi immobiliare è una sfida globale che richiede nuove idee e nuove soluzioni.
Oggi oltre il 75% degli abitanti dell’Unione europea risiede nelle zone urbane, come riportato dalla Banca Mondiale. Le Nazioni Unite prevedono un ulteriore aumento di questa percentuale al 84% entro il 2050. In questo contesto le difficoltà di chi abita la città sono molteplici, dai costi degli affitti all’isolamento sociale passando anche per l’uso efficiente dello spazio urbano. E in questi ultimi anni il modello co-abitativo ha rappresentato una risposta sempre più efficace a questo scenario.
In particolare il lavoro firmato MVRDV è stato ispirato dall’operato di HUB e Bridges in termini di conversioni da uffici a residenze, molte delle quali progettate appunto come schemi di co-living. Tra gli interventi anche un progetto di riqualificazione di 174 alloggi nella City di Londra, adiacente all’iconico quartiere Barbican, dopo l’annuncio di un accordo di finanziamento di 88 milioni di sterline per un progetto di coabitazione di 209 alloggi nella zona ovest della città.
Nello studio sono presentate diverse tipologie di spazi che includono una varietà di disposizioni per le unità abitative e gli spazi comuni. Tra queste troviamo il “Stacked village”, dove ogni piano presenta un carattere distintivo e che, nell’insieme, crea un’interpretazione di villaggio in verticale. Oppure la tipologia denominata “Vibrant Heart”, che concepisce, studia e sviluppa gli spazi collettivi per garantire l’accesso da ogni livello residenziale a un’area comune condivisa. I corridoi diventano le “strade” dell’edificio, trasformando spazi vuoti in nuove funzioni sociali come aree sportive, biblioteche e vetrine.
«Ciò a cui stiamo guardando ora è il ruolo di questo modello residenziale nel contesto moderno delle città e la definizione delle migliori pratiche in termini di progettazione e consegna. Il potenziale di un impatto positivo può andare oltre i residenti e raggiungere comunità più ampie, che è qualcosa che stiamo cercando di ottenere con i nostri sviluppi nel Regno Unito. Questo è ciò che consideriamo la prossima generazione di co-living: uno stile di vita a basso impatto, sostenibile e incentrato sulla comunità in case di alta qualità e ben posizionate», commenta Damien Sharkey, ceo di HUB.
Secondo uno studio condotto da Uli e Jll (European Coliving Best Practice Guide del 2022), a partire dal secondo trimestre del 2022, in Europa sono attive 24.500 unità di co-living, ognuna con almeno 20 letti, mentre altre 70.500 unità sono in fase di sviluppo o costruzione in 17 paesi diversi. Il rapporto evidenzia che i principali mercati del co-living in Europa sono Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Germania e Spagna. Londra da sola rappresenta il 20% della quota di mercato europea; infatti, la Greater London Authority ha riconosciuto il co-living come una forma alternativa di abitazione per rispondere all’alta domanda di locazione per studenti e ha sviluppato una politica di pianificazione denominata “Living Shared Places by Sadiq Khan” (LSPBSL), pubblicata il 29 febbraio 2024 sul sito del governo inglese nell’ambito del London Plan Guidance.
Nella zona settentrionale di Cambridge, uno dei principali esempi di co-abitazione del Regno Unito è Marmalade Lane Cohousing, che occupa un’area di 8.600 metri quadrati, con 42 unità indipendenti, progettate dallo studio Mole Architects. Anche questo complesso presenta aree e servizi comuni. Tra questi ci sono un orto, un’area giochi, uno spazio dedicato alla socializzazione. Il complesso è caratterizzato dalla diversità multigenerazionale e multietnica, con la presenza di 11 nazionalità diverse.
Fuori dall’Europa un esempio di co-living di sviluppo recente si trova a Singapore, si tratta di Lyfone-north. Il progetto di WOHA Architects è in lizza per il Mipim Award, che sarà assegnato in occasione del festival di Cannes, nella categoria best residental project.
Il target dell’intervento sono i giovani professionisti che lavorano nelle aziende creative e tecnologiche situate all’interno del distretto One-North di Singapore.
Lo spazio aperto centrale di questo edificio è costituito da un anfiteatro pubblico, concepito come per il relax e l’interazione tra residenti e visitatori, immerso in un ambiente ricco di verde.
In copertina: ©Co-living design study MVRDV
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