14-06-2023 Alessio Garofoli 3 minuti

Dal post-Superbonus verso la normativa Ue. Quale strada per la green economy italiana?

Il forum promosso dalla Cassa geometri rimette al centro lavoro, welfare e sostenibilità

L’abitazione in questo secolo sta facendo peggio rispetto all’inflazione

Mario Breglia

Unanime il disappunto degli addetti ai lavori per la fine del Superbonus, giudicata troppo repentina e perentoria, anche se non si nascondono le ombre di quell’incentivo. «Impossibile tornare indietro», anche perché incombe la normativa Ue case green 2030. È stato questo il fil rouge dei vari interventi dell’evento Cassa geometri nell’era della green economy, tenutosi all’auditorium della Tecnica all’Eur, a Roma, l’8 giugno. Tra le voci quella di Marco Marcatili, responsabile Sviluppo di Nomisma, che ha premesso che porre una «bandierina politica sul Superbonus non ha fatto bene a nessuno». Ha continuato ricordando alla platea dei professionisti tecnici che «abbiamo imparato in questi anni che l’edilizia crea un impatto ambientale». Aggiungendo che la famosa cifra secondo la quale l’edilizia rappresenta il 38% delle emissioni di CO2 è solo una media, perché più una città è «densa» più alte sono le sue emissioni. Tornando al 110%, a giudizio di Marcatili non può finire così, perché c’è una questione di «giustizia sociale»: è stata fatta una promessa pubblica a 10 milioni e mezzo di famiglie che non si può non mantenere, ha argomentato. Quanto però alle falle di quel bonus, Marcatili ha osservato che ci vuole certezza sui tempi, che però non devono essere troppo stretti com’è stato con la misura voluta dal governo Conte II, che proprio per questo ha prodotto danni «all’economia e alle famiglie». Tuttavia, ha detto ancora Marcatili, il Superbonus ha conseguito dei risultati ambientali: 1,4 milioni di CO2 in meno, risparmio medio a famiglia di 1000 euro in bolletta, 600mila occupati in più, incremento di valore degli edifici. E dunque, ha insistito, va ripristinata la cessione del credito, invocando di nuovo «certezza», stavolta del diritto perché «non si possono avere 27 cambi normativi in un anno». Dalla sua Mario Breglia, presidente di Scenari immobiliari, ha fatto una doccia fredda alla platea, facendo notare con un grafico esplicativo che non è più vero il detto sulla casa investimento «sicuro», visto che «nei prezzi medi delle abitazioni negli ultimi 23 anni c’è stato un incremento nominale di un terzo, che però dal punto di vista reale è un meno 13 per cento. L’abitazione in questo secolo sta facendo peggio rispetto all’inflazione».

Interrogato sul perché, Breglia ha replicato che una volta ci si indebitava per comprare casa e metter su famiglia, spesso numerosa, cosa quest’ultima che accade sempre meno. E poiché, ha affermato, inflazione a parte tutti i numeri dell’economia e della demografia in Italia sono peggiori rispetto agli anni ’70, ecco spiegato il cocktail esplosivo per il mattone.

©cassageometri.it

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Quanto alla questione efficientamento, Breglia ha sottolineato che «gli immobili non in regola con la normativa energetica costano e valgono molto meno sul mercato rispetto agli altri, dal 30-40% in meno e diventano invendibili. La normativa europea sotto certi aspetti non fa che certificare una situazione già evidente sul mercato». Per Breglia, l’unica soluzione passa quindi dall’intervento pubblico, «in un modo che questa politica ha abbandonato: cioè il recupero dei quartieri per lavorare su zone intere e non singoli appartamenti». Infine il vicepresidente Ance Stefano Betti ha rimarcato che «prima dei bonus si facevano 300mila interventi l’anno; nel 2022 l’edilizia ne ha fatti 360mila. Lo scenario di questo meccanismo che è positivo deve essere conservato, non più evidentemente col 110% che non è più per tutti – ha proseguito – abbiamo visto che c’è della potenzialità nel sistema edilizio che quindi è in grado di rispondere a quello che l’Europa ci sta chiedendo. È però anche evidente che a fronte di questa capacità occorre focalizzare meglio gli interventi». E dunque, la questione per gli operatori non è il «se», ma il «come» e il «quando» il Superbonus sarà sostituito. Facendo i conti con un piatto, quello pubblico, che ancora si deve strutturare.

In copertina: ©Kynastudio via Envato

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Alessio Garofoli
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