01-06-2023 Francesca Fradelloni 3 minuti

Immaginario indigeno, alla Biennale di architettura Sudamerica in trincea

Nei padiglioni di Brasile Perù e Cile la riscoperta delle radici non europee, insieme alla difesa dell’ambiente

Mentre l’Europa è al bivio tra l’essere colonia e l’ossessione di riacquisire una propria identità, in America Latina si fanno i conti con i soliti fantasmi del passato e corruzione. E questo poco spazio lasciato all’evoluzione indipendentista del XXI secolo si fa sentire nella Biennale di Brasile, Perù, e Cile. Oggi, l’architettura targata Lesley Lokko guarda in alto partendo dal suolo, perché è da lì che inizia la ricerca di una nuova specialità umana. È il caso del Padiglione del Brasile, “Terra”, insignito del Leone d’Oro come Miglior partecipazione nazionale. All’interno, benché al coperto, si viene investiti da un forte profumo di pioggia sulla terra asciutta. È il grande tappeto sul pavimento composto da terra bagnata a caratterizzare lo spazio brasiliano con quello che tra i sensi è il più sottovalutato: l’olfatto. I volumi, ricavati anch’essi dal suolo, ricordano gli edifici del paesaggio della capitale, ma si ridimensionano non appena si respira a pieni polmoni, trasportandoci nell’atmosfera domestica, in un immaginario indigeno per mettere il pubblico in contatto diretto con la tradizione dei territori indigeni, delle abitazioni di Quilombola e delle cerimonie di candomblé.

La mostra è curata da Gabriela de Matos e Paulo Tavares con la partecipazione degli indigeni Mbya-Guarani, Tukano, Arawak e Maku, i tessitori di Alaká (Ilê Axé Opô Afonjá), Ilê Axé Iyá Nassô Oká (Casa Branca do Engenho Velho), Ana Flávia Magalhães Pinto, Ayrson Heráclito, Day Rodrigues.

«Siamo molto felici di aver avuto l’opportunità di presentare il Brasile come un territorio diasporico, con grandi contributi da parte delle comunità afro-brasiliane e indigene per creare un futuro diverso e più equo per l’umanità e per ripristinare e proteggere il nostro mondo», hanno dichiarato i curatori dopo aver ricevuto il premio. Un padiglione che raccoglie una lettura delle radicali trasformazioni del concetto di alterità in atto grazie alle nuove frontiere culturali e ideologiche, con la conseguente definizione di nuove identità ibridate e fluide.

Dunque, l’immaginario indigeno, il fil rouge insieme alla salvaguardia della natura. Il Perù si presenta attraverso “Walkers in Amazonia”, una riflessione sul cambiamento climatico e un appello all’azione per salvare le origini amazzoniche. La mostra, direttore l’architetto José Orrego insieme alla curatrice Alexia León con la collaborazione di Lucho Marcial, mette in luce un esempio contemporaneo di gestione collettiva del territorio nel dipartimento di San Martín e un’alleanza strategica tra il ministero dell’Educazione, l’Ong Waman Wasi, i rappresentanti delle comunità indigene Kichwa, Awajún e Shawi, le comunità meticce e le istituzioni educative delle province di El Dorado, Lamas e San Martín. Il Padiglione presenta 64 calendari comunitari che danno visibilità a un fenomeno contemporaneo di resistenza collettiva nella lotta per i diritti territoriali indigeni e civili, evidenziando una tecnologia che rischia di scomparire e che valorizza e reinventa le pratiche ancestrali.


I “Moving ecologies” del Padiglione del Cile permettono di sognare un futuro per l’architettura e le città caratterizzato dalla cooperazione tra le specie, dalla riabilitazione degli ecosistemi e dalla preservazione dei diversi modi di esistenza, sia umani che non umani.


Nel parco Quinta Normal di Santiago del Cile, l’architettura e la scienza hanno permesso di immaginare il futuro di un Paese che nel XIX secolo si stava affacciando alla modernità. Oggi le sfide riguardano l’ecologia restaurativa di città e paesaggi. Un futuro che sarà allo stesso tempo progettato e piantato, costruito e coltivato, fatto di architettura e semi, città ed ecologie, uomini e donne. Sempre insieme alle comunità perché, raccontano i curatori Gonzalo Carrasco, Beals Lyon Arquitecto, le ecologie in movimento rimediano ai danni che abbiamo causato, partendo dalle rovine di uno stile di vita capitalista. In America Latina sono tante le “zone del sacrificio”, comunità colpite da infrastrutture altamente inquinanti e che generano conseguenze devastanti anche sui villaggi che le tollerano.

Il tema dell’ambiente e dell’attivismo ambientale per i popoli indigeni in America Latina è un dibattito più che attuale e alla base del loro riconoscimento identitario. L’ambiente è considerato dalle popolazioni indigene come la ragione principale della propria esistenza, fonte della loro cultura e della loro tradizione, e la Biennale 2023 ne è una testimonianza.

In copertina: Walkers in Amazonia, padiglione del Perù. Ph. ©Marco Zorzanello

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Francesca Fradelloni
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