01-06-2023 Luigi Rucco 4 minuti

Tra sogno e cambiamento. Viaggio tra le storie della Biennale Architettura 2023

Padiglioni e installazioni reinterpretano le tematiche oniriche in forme concrete di trasformazione

Dal latte dei sogni, quello della Biennale Arte dello scorso anno, al laboratorio del futuro con vista sull’Africa. Se nella mostra “The Milk of Dreams”, curata da Cecilia Alemani, la volontà era quella di tornare ad una versione antropologica del sogno, ripercorrendo la storia attraverso la lente femminile, quest’anno Lesley Lokko abbandona quel mondo onirico e dona all’architettura un universo di cambiamenti, con attenzione per quelli culturali.

La Biennale curata da Alemani partiva dal racconto di Leonora Carrington, con personaggi surreali e inquietanti che interagivano con un mondo in continua evoluzione. Il latte era emblema del primo cambiamento dell’uomo, punto di partenza dell’immaginazione vitale capace di proiettare verso un futuro alternativo. Ripensare la centralità dell’uomo, nell’arte e nella cultura, grazie al cambiamento e all’immaginazione.

Nel passaggio di testimone la 18esima Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia si fonda sulla ricerca della Lokko e parte dalla consapevolezza di guardare al continente africano come uno dei laboratori più grandi del pianeta, spostando il punto di vista dalla visione eurocentrica predominante, che non dà spazio a uno sguardo più ampio e libero da preconcetti.

«Al cuore di ogni progetto c’è lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione. È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina. The Laboratory of the Future è una mostra in cui oltre la metà proviene dall’Africa o dalla diaspora africana. L’equilibrio di genere è paritario e l’età media dei partecipanti è di 43 anni. Questi dati fotografano un cambiamento sismico nella cultura della produzione architettonica in generale e un mutamento ancora maggiore nella partecipazione alle mostre internazionali. L’equilibrio si sposta. Le strutture si sfaldano. Il centro non regge più», ha dichiarato la curatrice.


Se il centro del mondo sposta il suo asse, noi dobbiamo trovare un nuovo equilibrio per non cadere. Ritrovare un baricentro diverso, immaginare un futuro nuovo.


Un sogno realistico e vivido che coinvolge non solo architetti ed artisti, ma tutti noi: «Riconosciamo che i cambiamenti debbano essere anche culturali e che la filosofia delle mostre di architettura sia destinata a mutare. I cambiamenti devono avvenire da entrambe le parti: dai partecipanti e dal pubblico».

Sogni e realtà entrano nella routine quotidiana dello spazio domestico nella mostra “Home Stage”, curata dall’Estonian Centre for Architecture per il Padiglione dell’Estonia alla Biennale Architettura. Aet Ader, Arvi Anderson e Mari Möldre (b210 Architects) riportano in un appartamento veneziano, situato verso l’uscita posteriore del complesso dell’Arsenale, la contraddizione nello spazio abitabile, inteso come casa e come valore di scambio. Diversi performer estoni vivranno a turno all’interno dell’appartamento per un mese. Lo spazio diventa così sia casa che palcoscenico, teatro di sogni quotidiani rinchiusi in una manciata di metri quadri.

Teatro come quello presentato nel Padiglione Francia, grazie al progetto “Ball Theatre”, che mira a creare un luogo di celebrazione e sperimentazione collettiva, trasformando uno spazio espositivo in uno luogo di performance.

Tornando al progetto estone, «invece di creare nuovi spazi e oggetti per il padiglione, ci stiamo confrontando con dinamiche socio-spaziali, coinvolgendo nel progetto diversi artisti e scrittori che non provengono dal mondo dell’architettura. Nell’appartamento veneziano, il disordine creativo che ne deriva, non dà risposte definitive, ma invita all’immaginazione e suscita un pensiero critico», spiegano i curatori.

La Turchia porta alla Biennale l’installazione “The Carrier Bag Theory of Architecture” ponendo il focus sulle storie degli edifici abbandonati, frutto del recente boom economico che ha portato una serie di nuovi cantieri a discapito una fitta rete di edifici inutilizzati. Qui trasformazione e sogno acquisiscono nuovo valore, legandosi alla storia di un popolo che vive continuamente nella paura di nuovi sismi e di un Paese che non riesce ad adottare efficaci politiche di rinnovamento del patrimonio edilizio con interventi antisismici. Qui la “teoria del sacchetto” proposta dai curatori, allegoria del recipiente vuoto con cui i primi esseri umani potevano trasportare più di quanto si potesse tenere in mano, propone nuove modalità per far riacquistare fiducia a una popolazione che sogna un futuro migliore.

Dal sogno di una casa (come quello denunciato dal padiglione canadese) a quello di un lavoro più equo e tutelato, ha fatto il giro del mondo la protesta degli architetti cechi alla Biennale. Il padiglione nazionale ceco con “The office for a non-precarious future” porta alla ribalta mondiale le condizioni di lavoro precarie degli architetti che lavorano in Repubblica Ceca, proponendo anche strumenti e soluzioni per il rispetto dei diritti dei lavoratori. Salario minimo garantito, politiche finalizzate alla promozione dell’educazione e azioni per prevenire forme di razzismo e di non rispetto delle pari opportunità sono alcune delle proposte.

Tornando a un’idea più ancestrale di sogno, l’esposizione “The Floating Realm” dello studio h220430, a cura dell’architetto giapponese Satoshi Itasaka, mette in mostra un regno fluttuante capace di far emergere le emozioni del fanciullo. Lo sguardo dell’infanzia riesce a riattivare i sensi e concentrarsi su cosa si prova nello sperimentare tutto per la prima volta. Un mondo immaginario ma reale, dove la dimensione onirica riesce a trasformare lo spazio che la circonda grazie a gioia e divertimento.

L’esposizione si affianca alla mostra “Architettura, un luogo da amare – quando l’architettura è vista come una creatura vivente” curata da Maki Onishi per il padiglione del Giappone. Riesce l’architettura a generare ancora stupore e gioia? La mostra cerca di rispondere a questa domanda concentrandosi sui nuovi spazi fisici condivisi nella realtà post-pandemica.

In copertina: “The Carrier Bag Theory of Architecture”, padiglione della Turchia. Ph. ©Marco Zorzanello

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Luigi Rucco
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