Roma 2030-2050: Costruire una matrice metodologica
L’Ordine degli architetti sul modello-Roma: visioni, confronti, centralità del progetto
Roma Città delle Città 2030-2050. Questo il tema dell’iniziativa promossa dalla Casa dell’Architettura dall’Ordine degli Architetti di Roma «per aprire un dibattito sullo sviluppo della città a medio e lungo termine. Dove il mondo dell’architettura è protagonista, con l’impegno attivo delle professioni tecniche e il dialogo con l’amministrazione per individuare strategie da perseguire per ricostruire un “modello Roma” virtuoso e competitivo, con proposte concrete e investimenti importanti» così racconta Susanna Tradati, coordinatrice dell’evento e partner associato di Nemesi Studio.
Dibattito aperto che thebrief sta seguendo con gli approfondimenti del progetto #RomaDomani.
Si parte dalla constatazione del momento significativo per la rigenerazione di Roma, in concomitanza con l’avvicinarsi del Giubileo 2025 e la candidatura ad Expo 2030, ma anche per gli importanti progetti del Pnrr (i costruttori sono già scesi in campo proponendo un osservatorio per monitorare progetti e cantieri), a cui si aggiunge il lancio da parte dell’amministrazione capitolina del Laboratorio per Roma 2050.
L’appello dal mondo della progettazione? Costruire una matrice metodologica (allineando la ricerca di soluzioni possibili attraverso domande strutturate) e impostare un masterplan, basandosi sull’analisi di possibili scenari e traiettorie per pianificare lo sviluppo con due tappe di riferimento, traguardando il 2030 e il 2050. «Lavorare con metodo sullo sviluppo strategico della città – dice Susanna Tradati – intervenendo sul disegno dello spazio pubblico e costruito».
L’importanza delle tempistiche da rispettare permette di programmare variazioni sostanziali della città, ponendosi obiettivi concreti, elaborati e duraturi, ma senza abbandonare la componente visionaria.
Tra gli interventi quello dello stesso assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia, per cui il primo obiettivo da raggiungere è «ricostruire una città che funzioni, che torni a crescere, e che al contempo continui il suo processo di ricucitura».
Due le direttrici di lavoro emerse: migliorare la vita dei cittadini con opere di decoro urbano, efficientare i trasporti pubblici e la mobilità, oltre che la qualità delle periferie; dall’altro lato proiettare la città nello scenario internazionale, facendo tornare Roma capitale del Mediterraneo e riferimento per l’intera Europa, anche con grandi progettualità come la candidatura ad Expo 2030, rendendola città della cultura e della scienza (entro luglio saranno valutate le proposte del concorso, una settantina, per il Museo della scienza). Si aggiunga la «questione-periferie, con particolare riferimento al quadrante di Torre Spaccata e alla nuova Cinecittà che diventerà attrattore di enormi potenzialità economiche ed intellettuali», oltre a Pietralata, Tor Vergata, Ostiense.
All’Ordine degli Architetti, protagonisti tra gli altri, alcuni studi come Labics, fondato dagli architetti Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori nel 2007, vincitori tra l’altro del recente concorso per il Colosseo e autori del progetto della Città del Sole, complesso immobiliare polifunzionale costituito da edifici con un’ancora pubblica, come la biblioteca, e altre private a partire dal complesso residenziale con uffici e parcheggi. Il tutto in un’area di 9.800 mq a ridosso della stazione di Tiburtina.
Maria Claudia Clemente ha auspicato una pianificazione a livello urbano e metropolitano, con progetti specifici che discendono da un disegno di più ampio respiro: «per la sua storia, per la sua struttura formale, Roma è una città costituita da bordi, è fatta di isole, e su questo bisognerebbe costruire una sua strategia metropolitana».
Tra le altre voci quella di Paolo Mezzalama, fondatore di It’s insieme a Alessandro Cambi e Francesco Marinelli nel 2016 che ribadisce che Roma deve riuscire a definire un proprio modello, a causa di differenze sostanziali con altre metropoli: «il modello Roma può partire da alcune caratteristiche come la bassa densità, che è contemporaneamente criticità e valore; la rete agricola deve essere spunto per progetti che possono mettere a sistema le varie periferie, creare delle centralità ed offrire modalità di vita che altre città non possono avere». Tra i temi di progetto il corridoio ecologico lungo il Tevere, che attualmente non è valorizzato, ma che ha un grande potenziale in termini di spazi pubblici, recuperando il rapporto secolare intrinseco con il fiume. Argomento evidenziato anche da Guendalina Salimei di T Studio che aggiungere al Tevere il tema delle mura, come risorsa per la città, per un’infrastruttura pubblica capace di innervare l’intera città.
In copertina: la Città del Sole, progetto di © Labics
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