Cambia la fisionomia del comparto costruzioni: grandi assenti le opere pubbliche
L’osservatorio congiunturale Ance registra la perdita di 69 miliardi di investimenti nel settore durante gli ultimi 11 anni, come nessun altro al mondo
Non è più tempo di attendere provvedimenti per il comparto. Il Pil cresce se si aprono i cantieri, non se si stanziano i fondi
La distanza tra annunci e realtà in formato numerico. L’Osservatorio congiunturale sulle costruzioni dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) per la prima volta presenta due scenari per il 2019 – uno tecnico e uno che tiene conto di manovra di bilancio e situazione economica di contesto – esprimendo forte preoccupazione per le prospettive 2020.
L’Italia è l’unico Paese in cui l’azione di risposta alla crisi del 2007 da parte dei governi non ha portato risultati positivi. Anche il piano di risorse aggiuntive per le opere pubbliche previsto dall’ultima legge di bilancio è andato in fumo, con un ritorno al passato che concentra gli sforzi maggiori sulla spesa corrente, finanziata in deficit, e riduce quella in conto capitale (gli investimenti) che ha ricadute molto più positive in termini di produttività. Degli investimenti 2019 per 3,5 miliardi riportati nella prima stesura della manovra, il maxiemendamento ha mantenuto un incremento di 550 milioni, con un risultato complessivo che, come riporta l’Ufficio parlamentare di bilancio, è pari a un taglio di 1 miliardo di euro.
Anche il disegno di legge semplificazioni «non è la strada opportuna», rimarca il presidente Ance Gabriele Buia, con commissioni, unità e cabine di regia che non riuscirebbero a intervenire sul processo e a invertire una rotta che vede quasi sparire dall’orizzonte l’investimento in opere pubbliche.
Lo scenario tecnico, elaborato sulla base degli indicatori economici generali e relativi al settore, stima per il 2019 un aumento degli investimenti in costruzione del 2% derivante da:
- 1 miliardo di investimenti in più nel comparto dell’edilizia residenziale privata (+3,5%)
- 2 miliardi di investimenti in più nell’edilizia non residenziale privata
- 1,2 miliardi in più nella manutenzione degli edifici derivanti da sisma ed ecobonus
- 800 milioni in più negli investimenti in opere pubbliche
La prospettiva che Ance ritiene più realistica, invece, prevede investimenti per 1,3 miliardi in meno rispetto allo scenario di partenza.
- Nuove costruzioni residenziali: + 1,5% (circa 400 milioni in meno)
- Costruzioni non residenziali private: + 1,8% (500 milioni in meno)
- Opere pubbliche: +0,2% (persa circa la metà, 400 milioni, degli investimenti preventivati nello scenario tecnico)
A tenere sarebbero gli investimenti in manutenzioni straordinarie delle abitazioni, soprattutto nella speranza che a trainarli ci sia il sisma ed ecobonus per opere sull’intero condominio che renderebbe appetibile il settore anche per imprese più strutturate.
Una questione, quella della dimensione delle imprese e della loro salute, che non va sottovalutata nella lettura dei dati sul 2018, perché si è assistito a una divaricazione tra grandi e piccolissime: sufficiente pensare che il comparto conta 550mila imprese di costruzione, la metà ha meno di 1 dipendente ed è quindi lontana da un’organizzazione complessa.
Negli ultimi dieci anni sono 120mila le società che hanno cessato la loro attività, con 620mila posti di lavoro persi nell’edilizia. Anche nei primi 9 mesi del 2018 le Casse edili hanno fatto registrare una diminuzione dello 0,3% dei lavoratori iscritti e un calo dello 0,9% delle ore lavorate.
«Non possiamo più attendere – afferma il presidente Ance, Buia – i provvedimenti devono essere decisi e attuati rapidamente perché il Pil cresce se si aprono i cantieri e non se si stanziano le risorse senza poi spenderle». Il rischio maggiore è la perdita di fiducia degli investitori: «Non possiamo permettercelo come non possiamo permetterci la perdita di credibilità del nostro Paese quando riprende in mano accordi già fatti, perdendo investimenti», spiega.
Il tema sul tavolo è la difficoltà di funzionamento della macchina pubblica che blocca fondi e dilaziona i tempi di spesa tra pareri e autorizzazioni: per questo la proposta di istituire una Commissione Costituente, composta da esperti di alto profilo morale e professionale che lavorino a ridisegnare l’organizzazione del processo decisionale dello Stato. Al tempo stesso è rimarcata la necessità di passare dagli annunci ai fatti, anche con l’istituzione di un Fondo per le imprese che iniziano a denotare delle criticità ma possono essere aiutate attraverso una garanzia pubblica a sostegno dei finanziamenti bancari.
L’invito della presidenza è a una politica lungimirante. A partire dalle decisioni che si stanno prendendo rispetto alla crisi delle grandi imprese rispetto alla quale la posizione è netta: non saranno tollerati salvataggi con soldi pubblici che non tutelino le aziende della filiera.
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