03-03-2018 Paola Pierotti 5 minuti

Politica e generosità, la Biennale delle Grafton Architects

Freespace, lo spazio pubblico, è un dono, un luogo libero e accessibile

Mappare e rinominare il territorio intellettuale e quello vero. La nostra speranza è che la parola Freespace ci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell'architettura

Raffiche di neve e vento hanno fatto chiudere l’aeroporto di Dublino, e Yvonne Farrell e Shelley McNamara, curatrici della la 16. Mostra Internazionale di Architettura, hanno dovuto partecipare alla conferenza stampa organizzata dalla Biennale di Venezia via skype, ciascuna dalla proprie case. “Dispiaciute”, le professioniste note a scala internazionale per il loro sodalizio che le unisce da più di 40 anni nello studio Grafton Architects, hanno ribadito più volte il loro rammarico nel racconto in collegamento dall’Irlanda. Una distanza obbligata che fa riflettere e tenere in considerazione le condizioni al contorno, soprattutto quando Farrel e McNamara ribadiscono che hanno impostato il loro progetto curatoriale dedicato a Freespace pensando alla “terra come committente”, ad un’architettura che esalta i doni naturali ed è premurosa nei confronti dell’ambiente e dei suoi abitanti. Paolo Baratta, presidente della Biennale, precisa “siamo noi i clienti dell’architettura, siamo inviati dalla terra per proteggerla. Se non siamo attenti a questo, saremo tutti più poveri”.

“Con l'architettura quel che creiamo per uso privato diviene struttura dello spazio pubblico. L'architettura – spiega Baratta – si offre come strumento per caratterizzare meglio ogni essere umano come cittadino. Con l'architettura si producono beni pubblici che, per loro natura, possono essere o frutto di un’azione pubblica o nascere come dono. Ecco che l'Architettura può essere dunque strumento della consapevolezza sociale e capacità politica o della generosità del singolo”. Baratta spiega che l’’assenza di architettura nelle zone povere del mondo ne aggrava la povertà, riducendo grandemente gli effetti positivi dell'urbanizzazione. E ancora “L'assenza di architettura nelle zone più fortunate aggrava lo squilibrio tra ricchezza monetaria e livello della vita civile. Parlare di opzioni dell'architettura vuol dire parlare dei progetti dei nostri artisti e architetti ma anche dei nostri sistemi politici e istituzionali, delle nostre leggi, dei diritti riconosciuti, della capacità di implementarli, della nostra cultura”.

71 partecipanti A giugno dell’anno scorso, le socie di Grafton Architects avevano presentato il Manifesto Freespace, punto di riferimento per realizzare la mostra. “Ci è servito come misura e come guida per trovare una coesione nella complessità di una Mostra di enormi dimensioni” spiegano Farrell e McNamara raccontando di aver scelto 71 studi da tutto il mondo per articolare la mostra tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale. Non mancano nomi noti dell’architettura internazionale, “spesso scelti per progetti meno famosi” commentano le curatrici. Da Peter Zumthor a Alvaro Siza, da Benedetta Tagliabue a BIG, da David Chipperfield a Caruso St John. Tra gli altri Diller Scofidio+Renfro, Dorte Mandrup, Carme Pinos, Kazuyo Sekima + Ryue Nishizawa, Lacaton & Vassal Architets, Rafael Moneo e Sauerbruch Hutton.

Gli italiani coinvolti. Da Genova a Ragusa, da Francesca Torzo a Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, passando per Milano con Cino Zucchi e Roma con Laura Peretti di Roma. Questi i quattro architetti italiani tra i 71 scelti da Yvonne Farrell e Shelley McNamara.

Rapporto con la storia e insegnamento. Spazio anche a edifici storici rigenerati con intelligenza, dimenticati e rivisitati, ma anche al rapporto tra architettura e pratica dell’insegnamento. A loro ne saranno affiancati altri, i cui progetti saranno presentati in due sezioni speciali: la prima (16 partecipanti) si intitola Close Encounter, meetings with remarkable projects e presenterà lavori che nascono da una riflessione su progetti noti del passato; la seconda (13 partecipanti), dal titolo The Practice of Teaching, raccoglierà lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento.

“Nel tentativo di tradurre Freespace in uno dei tanti splendidi linguaggi del mondo, speriamo che possa dischiudere il 'dono' che l'invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto. La traduzione – spiegano le curatrici – ci permette di mappare e di rinominare il territorio intellettuale e quello vero. La nostra speranza è che la parola Freespace ci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell'architettura”.

Nel dialogo con la stampa. “Questa Biennale ci riporterà alla natura fisica dell’essere umano – ha commentato il presidente Baratta – lo spazio virtuale è illusione, è un deserto rumoroso. Freespace parlerà dello spazio come occasione di dialogo, di incontro”. “Dobbiamo creare luoghi nuovi che generino un senso di comunità – hanno aggiunto le curatrici – spazi che incoraggino le persone a mettersi in relazione. Devono poter dare un senso di benvenuto, di semplicità”. Baratta, da economista, ha ribadito che “l’architettura va considerata come strumento di creazione e distribuzione della ricchezza. Invocare la generosità – ha ribadito – non ha nulla a che vedere con l’etica. E’ un questione di razionalità che si riferisce alla qualità del progetto, che si completa con un gesto di apertura”. Nella presentazione della 16 Mostra di Venezia, le curatrici sono state sollecitate su alcuni temi come quello della ‘partecipazione’ e del coinvolgimento dei cittadini nel processo di disegno della città. “Bisogna lavorare per definire il linguaggio adatto quando si tratta di prevedere una consultazione tra la gente – hanno commentato – tenendo conto che è sempre giusto ascoltare, ma che nella società moderna l’architetto si deve riaffermare, senza limiti alla propria responsabilità. Oggi spesso si lavora con pressioni del mercato che riducono la professione al suo limite”. E ancora “bilanciare risorse economiche ed architettura è una battaglia sempre in corso. Il non equilibrio ci rende guerrieri in una battaglia continua – hanno aggiunto le curatrici – ma quando si riesce a trovare una soluzione, a definire uno spazio, è stupefacente osservare l’energia che si libera”.

Paesi ed eventi collaterali. La Mostra sarà affiancata da 65 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 7 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan, e Santa Sede (con un proprio padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore).

Date. La vernice avrà luogo nei giorni 24 e 25 maggio, la cerimonia di premiazione e di inaugurazione si svolgerà sabato 26 maggio 2018.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Pierotti
Articoli Correlati
  • Le scuole del futuro sono già qui

  • Dall’Italia all’Europa: Legacoop Abitanti lancia il suo Piano casa

  • Urbanistica nel caos: slitta il Salva-Milano e stop al Sue

  • Ingegneria, le società si prendono il mercato (ai professionisti solo il 7% degli importi)