Una scomoda verità 2, Al Gore torna al cinema
Inquinamento atmosferico e impegni internazionali, verso la Cop di Bonn
"Ogni giorno sulla terra vengono emesse 110 tonnellate di gas inquinanti derivanti per lo più da attività legate all’industria"
L’inquinamento atmosferico fa più vittime che guerre, incidenti stradali e fumo. Lo sostiene una ricerca pubblicata nei giorni scorsi da The Lancet, la rivista scientifica britannica, tra i primi cinque giornali medici mondiali. Solo nel 2015 infatti sarebbero 9 milioni i decessi causati dall’inquinamento. Un problema, quello della salubrità dell’aria, che va di pari passo con quello delle emissioni di Co2, che torna a far parlare di sé in questi giorni in Italia anche grazie al lancio del secondo documentario dell’ex vice presidente americano Al Gore, “Una scomoda verità 2”. A dieci anni dalla prima pellicola che portò sui grandi schermi il tema del cambiamento climatico, Al Gore accende un faro sugli ostacoli della transizione energetica a livello mondiale.
Paradossalmente, sono i paesi in via di sviluppo, quelli che più di tutti ora sono colpiti dai fenomeni atmosferici estremi, che si oppongono all’adozione di nuove politiche energetiche. Il motivo? L’energia rinnovabile richiede investimenti iniziali maggiori rispetto a quelli derivanti da fonti fossili. “Ogni giorno sulla terra vengono emesse 110 tonnellate di gas inquinanti derivanti per lo più da attività legate all’industria” ha chiarito lo stesso Gore.
A meno di due settimane dalla Cop23 di Bonn dove si cercherà di tradurre in azioni concrete l’accordo di Parigi, dopo il poco fruttuoso meeting di Marrakech, l’ex vicepresidente ha scelto di lanciare in anteprima il suo secondo documentario sul clima. Il sequel arriva nelle sale italiane come film evento il 31 ottobre e il 1 novembre ed è già stato ospitato in anteprima da alcuni cinema romani. La narrazione di ciò che il pianeta sta subendo per via dell’innalzamento delle temperature lascia spazio ad un discorso più politico, legato alla diplomazia internazionale e gestione degli agglomerati urbani. È infatti da una migliore amministrazione di città, regioni e stati che secondo Gore si può sperare in un’inversione di rotta, prima ancora che dalle grandi industrie.
Gore nel documentario parla anche delle conseguenze che le città americane stanno sperimentando direttamente negli ultimi anni. Tra tutte Miami, nella top list delle realtà minacciate dall’innalzamento del livello dei mari, dove ogni anno l’amministrazione è costretta a ricorrere a costose misure per arginare l’emergenza.
Dopo l’uscita degli Usa dall’accordo di Parigi ora l’obiettivo per Al Gore e per gli attivisti al suo seguito è quello di poter portare avanti la causa partendo dalle piccole realtà, dai comuni alle scuole fino alle singole aziende.
Nel frattempo proprio nei giorni scorsi nella capitale francese si è dato appuntamento il vertice C40 che coinvolge 91 città mondiali, tra cui anche le italiane Milano, Roma e Venezia. Al summit hanno partecipato circa 40 sindaci e 12 di questi hanno sottoscritto un patto impegnandosi a trasformare le proprie città in territori con più spazi verdi, e a smettere di utilizzare energie fossili entro il 2030.
Architettura architetturaChiECome arte città concorsi culto cultura Design energia festival formazione futura hospitality housing industria Ingegneria italiani all'estero legge architettura libri masterplanning Milano Norme norme e regole Premi Progettazione real estate Regole retail rigenerazione urbana salute scommessa roma Scuola sostenibilità spazi pubblici sport trasporti turismo uffici