Together!, in mostra al Vitra Design Museum di Frank Gehry 21 progetti-modello dell’abitare
Nel frattempo l’Ordine degli Architetti di Milano lancia il premio Baffa-Rivolta dedicato alle migliori architetture europee di edilizia sociale
L’Ordine degli Architetti di Milano lancia la sesta edizione del premio biennale Baffa-Rivolta, dedicato alle migliori architetture europee di edilizia sociale. C’è tempo fino al 29 settembre 2017 per inviare le proposte, che dovranno essere progetti portati a termine da operatori pubblici e/o privati, e rivolti a una domanda di abitazione che non trova risposte nel libero mercato. Nelle cinque edizioni precedenti sono stati 230 i progetti in gara, provenienti da 17 Paesi.
Una tipologia di interventi immobiliari che risponde alla volontà, talvolta necessità, di abitare insieme ad altre persone, condividendo i servizi e riducendo le spese. Co-housing e social housing sono soluzioni che si stanno facendo largo negli ultimi anni, andando incontro a domande di mercato in continua evoluzione e a esigenze di target sempre più specifici come sono single giovani e anziani, city users che abitano temporaneamente per motivi di lavoro, studenti, famiglie che modificano negli anni la loro tradizionale costituzione.
Oltre al premio europeo anche una mostra internazionale. L’emergenza abitativa, l’aumento dei costi degli alloggi, la diminuzione degli spazi, la volontà di andare a vivere in edifici energeticamente efficienti, stanno ora cambiando ulteriormente la propensione delle persone a fare questa scelta. Dalle prime esperienze urbane nella seconda metà del 900 fino ai giorni nostri, dividere gli spazi con estranei ha ricoperto ruoli e significati diversi. Attraverso 21 esempi internazionali, distribuiti principalmente tra Europa e Asia, la mostra “Together! The New Architecture of the Collective” prova a percorrere la storia del fenomeno e della sua traduzione in diverse forme architettoniche. L’esposizione è stata curata da Ilka e Andreas Ruby, Daniel Niggli, Mathias Müller (EM2N) e sarà visibile fino al 10 settembre 2017 al Vitra Design Museum di Frank Gehry.
Uno dei primissimi esempi di social housing è a Vienna. Realizzato tra l’inizio degli anni ’70 e la fine degli anni ’80 il Wohnpark Alterlaa è un mega-complesso residenziale, organizzato in tre torri tra loro congiunte alte dai 23 ai 27 piani, e che ancora oggi ospita poco meno di 9mila persone. Gli appartamenti fino al dodicesimo piano dispongono di ampie terrazze che tendono a ridursi fino a diventare della grandezza di un balcone nei livelli superiori, dove la vista è sempre migliore. In linea con l’architettura che andava diffondendosi in quegli anni, il progetto è stato concepito come una città-palazzo, con servizi integrati alle abitazioni. Ecco che in questo complesso sono state previste due scuole materne, una palestra, una chiesa, un centro giovanile, un hub polifunzionale e due centri medici.
Sempre nella capitale austriaca, sensibile da anni ai temi dell'innovazione sociale e ambientale, si trova anche il Wohnproject, un prototipo innovativo di social housing che consente agli abitanti non solo la condivisione di alcuni spazi destinati alla ricreatività, ma anche il car-pooling/sharing elettrico e la gestione partecipata degli orti.
A Berlino il complesso Baugemeinschaft R50 conta 19 appartamenti singoli e aree destinate alla socializzazione. La struttura è stata disegnata in questo caso dagli inquilini stessi, perlopiù architetti e designer. Sei piani, con tre o quattro unità abitative ciascuno, un giardino, un’ampia sala comune al pian terreno e una terrazza sul tetto. Per i materiali da costruzione del corpo centrale si è scelto il legno e il cemento grezzo, mentre i ballatoi esterni che circondano l’edificio sono in metallo.
Ed è sempre una grande terrazza condivisa, attrezzata come un parco urbano in scala, con piante, giochi per i più piccoli e panchine, uno degli elementi caratterizzanti il Kalkbreite, tra i più riusciti casi di social housing a Zurigo. Il complesso soddisfa lo standard Minergie-P, il marchio svizzero che contraddistingue gli edifici a bassissimo consumo, con un indice energetico di 30 kWh al metro quadro.
Dall’Europa all’Asia. A Yokohama in Giappone è stato realizzato un co-housing su due piani, destinato ad ospitare artisti e creativi. Al piano terra un grande spazio, aperto su più fronti, viene utilizzato come area espositiva.
Mira a sviluppare un piccolo sistema economico aperto alla comunità, il progetto dello studio Naka a Tokyo. Cinque appartamenti, che vanno dai 24 ai 41 mq, sono stati infatti collocati sopra un ristorante, utilizzabile non solo dagli inquilini ma anche dal pubblico, un luogo pensato per favorire l’incontro tra gli inquilini e il resto del quartiere.
Restando nella capitale giapponese, è firmato da Ryue Nishizawa e Kazujo Sejima la Casa Moriyama, un complesso residenziale da 10 unità immobiliari, moduli prefabbricati in acciaio, indipendenti che dialogano tra loro grazie ai piccoli giardini interni presenti tra un blocco e l’altro. Il progetto è stato presentato anche all’interno della mostra “The Japanese House”, ospitata al Maxxi nei mesi scorsi (link).
E ancora, in Corea c'è la Songpa Micro Housing, una nuova tipologia di edificio residenziale che include 14 blocchi abitativi. La peculiarità? L’estrema flessibilità degli spazi. Ogni inquilino può infatti occupare una singola unità o, nel caso in cui fossero una coppia o un gruppo di amici, di ricombinare i blocchi, per ampliare gli appartamenti. L’interazione con il contesto in questo caso è garantita dalla presenza di un piccolo auditorium a piano terra, con annesso un piccolo bar.
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